‘Ndrangheta nel Terzo Megalotto SS106, estorsione aggravata e imprese colluse: 6 arresti

Sovrafatturazioni verso ditte compiacenti, con l’obiettivo di raccogliere la tangente del 3% sul valore dell’appalto, Coinvolta la cosca Abbruzzese

Relazione Dia 1

Era stata scelta la strada delle sovrafatturazioni verso ditte compiacenti, con l’obiettivo di raccogliere la tangente del 3% sul valore dell’appalto, destinata alla cosca Abbruzzese Forastefano. Questo, secondo l’ipotesi investigativa, rappresentava il sistema escogitato nell’alto Tirreno cosentino per aggirare i controlli durante l’esecuzione del “Terzo Megalotto” della statale 106, il più grande appalto in Calabria (1,3 miliardi di euro). L’indagine, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e condotta dal Centro operativo DIA di Catanzaro, ha portato stamani all’arresto di sei persone con l’accusa di estorsione aggravata da metodo e finalità mafiose e di istigazione alla corruzione.

Operazione Dia e coinvolgimento della cosca Abbruzzese Forastefano

Tra gli arrestati figura Leonardo “Nino” Abbruzzese, considerato reggente del clan all’epoca dei fatti (2022), già al 41 bis dopo la cattura avvenuta il 6 novembre 2023 in Puglia (era ricercato nell’operazione Athena). Insieme a lui sono finiti in manette un capocantiere, il suo autista e tre imprenditori, ritenuti titolari di aziende “colluse” con la ’ndrangheta.

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Il filone investigativo, sottolineano fonti, non coinvolge la Webuild, società affidataria dell’opera, la quale avrebbe anzi collaborato con le forze dell’ordine nel prevenire infiltrazioni mafiose. Le indagini della Dia hanno preso le mosse dalla denuncia di un imprenditore edile, a cui era stato imposto un pizzo di 150.000 euro (corrispondente al 3% dei 5 milioni di valore dell’appalto). Attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche e l’analisi di un’enorme mole di documenti fiscali, bancari e amministrativi, è stato ricostruito il presunto meccanismo di tangenti.

Sovrafatturazioni e pagamento della tangente

La quota destinata al racket, secondo gli investigatori, sarebbe stata coperta mediante sovrafatturazioni con l’ausilio di ditte “colluse”, usando falsa documentazione per simulare forniture e servizi gonfiati nel costo iniziale. I proventi, poi, sarebbero confluiti nelle casse della cosca Abbruzzese di Cassano all’Ionio. Un capocantiere di un’azienda non indagata avrebbe fatto da intermediario, indicando alle imprese estorte a quali fornitori sovrafatturare per il pagamento del pizzo.

Uno degli arrestati risponde inoltre di istigazione alla corruzione: l’accusa è di aver promesso circa 20.000 euro al capocantiere di una società pubblica appaltante, con l’obiettivo di falsificare lo stato avanzamento lavori relativo allo smaltimento delle acque. Durante l’operazione, sono state sottoposte a sequestro preventivo tre società, insieme ai relativi complessi aziendali, poiché considerate strumenti funzionali alle attività illecite.

Fonte ansa.it