Il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, ospite dell’ottavo appuntamento della manifestazione prodotta da Urba-Strill, fotografa una città che sta acquisendo consapevolezza Continuano gli appuntamenti di Tabularasa, la kermesse allestita da Raffaele Mortelliti e Giusva Branca. Sul palco della Torre Nervi, per l’ottavo appuntamento in cartellone, il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho.“E’ poco più di un anno che sono in questa città – ha affermato il magistrato – e durante questo periodo ho apprezzato i calabresi che hanno dimostrato di voler cambiare. Questa terra è colma di gente per bene e di uomini di talento, è giunto il momento di renderli protagonisti”.“Ultimamente – ha continuato il procuratore – qualcuno ha voluto trasmettere un messaggio che si discosta totalmente dalla realtà, cioè che il mio operato, e quello delle persone che lavorano con me, è rivolto contro i calabresi. Non esiste cosa più falsa. La procura distrettuale, e tutte le forze dell’ordine, lavorano per contrastare ogni forma di criminalità”.Il tema è generale, ma è chiaro il riferimento all’episodio rimbalzato su tutti i media nazionali dell’inchino della Madonna delle Grazie fatto nei confronti di un presunto capo cosca ad Oppido Mamertina.“Le persone – ha puntualizzato Federico Cafiero De Raho – che hanno interesse a trasmettere il messaggio che gli uomini dello Stato e alcuni giornalisti operano contro i calabresi, sono a favore della ‘ndrangheta. Lo si deve dire a chiare lettere. Il gesto poi nello specifico di far inchinare la statua che rappresenta i valori cristiani al potere mafioso trasforma un rito religioso in un rito pagano con un’aggressività disumana”.“Per i mafiosi – ha continuano il capo della Dda reggina – la religione è uno strumento. Nei riti dell’affiliazione troviamo San Michele Arcangelo, nella gerarchia interna rintracciamo la Santa, il Vangelo; la criminalità organizzata strumentalizza la religione per interessi propri. Tutto ciò che c’è di buono nella società viene trafugato dalla ‘ndrangheta per sfruttarlo a proprio piacimento e assoggettare i cittadini. Il capo cosca si sente al di sopra di tutti, si pone agli occhi della gente come un dio perché è sostenuto da molti. Se il cittadino capisse che il posto di lavoro ottenuto grazie all’ ‘aiuto’ della criminalità consolida lo stallo dello sviluppo, cancella il merito e limita la libertà personale, riusciremo a vincere”.Il procuratore De Raho oggi individua comunque il seme del cambiamento che giorno dopo giorno sta crescendo. “Quello che positivamente noto però – ha sottolineato – è che sono sempre di più le persone che non sopportano il disvalore, non sopportano più i soprusi e l’arroganza. Questo sentimento lo rintraccio soprattutto nei giovani e sono convinto che con il loro ottimismo le cose a breve cambieranno radicalmente. Le nuove generazioni calabresi sono affascinate da figure come Paolo Borsellino o don Giuseppe Diana, stanno seguendo nelle scuole percorsi di legalità che trasmettono consapevolezza. Capiscono il reale valore del rispetto delle regole e del diritto in senso lato, sanno che è più importante possedere la piena libertà individuale che il motorino alla moda. Il futuro di questa città è fatto di persone che non accettano più l’illegalità. Sono convinto che i tempi sono maturi per un radicale cambiamento, prova ne è stata la notizia di Oppido. Se la notizia è emersa solo oggi nel 2014, è dovuto al fatto che solo oggi la gente si sente sicura di gridare che è stanca di assistere a scene di questo tipo, è stanca di continuare a sopportare. La confusione successiva è stata costruita ad arte”. “L’aspetto più positivo – ha concluso De Raho – è che se ne parli. L’operato della magistratura e delle forze dell’ordine stanno intaccando l’omertà dilagante, questo elemento insieme alle azioni di prevenzione e repressione porteranno grandi risultati. Col tempo ci sarà sempre più fiducia nello Stato e avremo la forza di spostarci tutti dalla parte giusta e uniti vinceremo sulla ‘ndrangheta”.A suggello dell’interessante dibattito, la performance di Annalisa Insardà (per Tabularasa Alone) attrice e doppiatrice italiana originaria di Laureana di Borrello.Il suo ‘Reality Shock’, composto da sette monologhi e tre canzoni, ha delineato tramite i codici dell’arte il concetto di privazione della libertà ad ogni livello, scagliandosi con passione civile contro i soprusi del potere.