Arghillà Nord: le organizzazioni sociali esprimono preoccupazione per lo sgombero del comparto 6

Dopo l’incontro con Comune e Prefettura, le realtà sociali propongono soluzioni concrete per garantire il diritto alla casa

Arghillà (1)

Le organizzazioni sociali che operano sul territorio di Arghillà e che hanno avviato un percorso finalizzato alla cooperazione per migliorare le condizioni di vita del quartiere Arghillà, esprimono preoccupazione per lo sgombero del comparto 6 degli alloggi Aterp di Arghillà nord, relativo all’ordinanza sindacale n. 27 del 26/03/2025.

La posizione delle organizzazioni sociali dopo l’incontro con il Comune e la Prefetta

Dopo un confronto, nei giorni scorsi, con i rappresentanti del Comune di Reggio Calabria e con sua Eccellenza la Prefetta, in cui è emersa la necessità di liberare il comparto per l’impossibilità di sanare le carenze strutturali e per il pericolo alle persone, riteniamo che sia necessario da subito lavorare ad una programmazione seria per uscire dalla narrazione delle continue emergenze.

Non è infatti plausibile parlare di emergenza nel caso degli alloggi pubblici di Arghillà nord in quanto le carenze strutturali sono note da anni né è possibile ignorare i problemi alla base delle occupazioni irregolari e che chiamano in causa i ritardi e le carenze degli enti preposti.

Il diritto alla casa va garantito, soprattutto per i più fragili

Riteniamo che la garanzia del diritto all’abitazione deducibile dall’art. 2 e 3 della Costituzione ma soprattutto dal diritto internazionale, sia imprescindibile nel momento in cui riguarda persone in condizioni di fragilità a cui l’accesso ad un’abitazione in regola è impedito dalle difficoltà oggettive nella sostenibilità degli affitti e dai ritardi decennali nelle regolari graduatorie di assegnazioni degli alloggi ERP.

L’abuso nell’utilizzo degli alloggi pubblici, che si concorda debba essere perseguito, non può oscurare le reali difficoltà nell’accesso al diritto alla casa per persone in condizioni di fragilità. Quest’ultime non possono essere risolte proponendo sistemazioni temporanee, come in strutture comunitarie, che non garantiscono la possibilità di condurre una vita in condizioni di stabilità, con ripercussioni in particolare sulla vita dei minori. Né è possibile pensare che famiglie anche numerose possano trasferirsi presso parenti per il solo fatto di risultare nelle stesse schede anagrafiche, situazione, come è noto, dovuta alla condizione abitativa non regolare che non permette la registrazione anagrafica.

Serve un piano di trasferimento e delocalizzazione condiviso

Pertanto, anche in un’ottica di delocalizzazione alla quale siamo favorevoli, proponiamo di adottare un piano di trasferimento delle famiglie, attraverso l’individuazione di altri alloggi pubblici vuoti nel tessuto cittadino (utilizzando anche immobili confiscati), con il supporto di tutti i Settori del Comune e dell’Aterp, senza giudizi di valore sulle persone occupanti immobili per ragioni di necessità, e con l’agevolazione nell’accesso agli affitti.

Dialogo aperto con le istituzioni per soluzioni strutturate

Sul punto i rappresentanti istituzionali, nelle persone della Prefetta, del vice sindaco Paolo Brunetti, dell’assessora Lucia Nucera, nel primo incontro concesso alle organizzazioni sociali, hanno dato disponibilità sull’individuazione dei nuclei familiari a cui rispondere per il superamento dell’emergenza abitativa, al fine di evitare eventuali discriminazioni, e impegnandosi a reperire abitazioni idonee, in particolare per le famiglie con bambini.

Auspichiamo che questo avvenga. Siamo convinti della necessità del superamento del ghetto che passi attraverso una politica di delocalizzazione e di demolizione di autentici mostri edilizi (analogamente ai percorsi avviati in altri quartieri d’Italia), ma nel contempo tale passaggio non può non passare dal riconoscimento del diritto ad un’abitazione a favore delle persone più fragili, garantendo condizioni di vita nel rispetto del diritto alla casa, con particolare riguardo per i minori e le persone con disabilità, come sancito dal diritto internazionale.

Le organizzazioni sociali restano aperte al dialogo per trovare soluzioni ragionevoli che tengano conto del rispetto della dignità umana delle persone in condizioni di fragilità.

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