Ordinanza Santelli, provocazione o coraggio. Il Governatore della Calabria ed il rischio calcolato

Riavvolgiamo il nastro. Un' ordinanza di tale portata pubblicizzata a tarda sera e in vigore dal giorno dopo, quale riflesso avrebbe potuto avere sulla vita della popolazione?


La Calabria è libera, o forse no.

Dipende dai punti di vista. Perché se da una parte l’allentamento delle misure previste dal lockdown era l’argomento all’ordine del giorno fino a ieri, è altrettanto vero che oggi è venuto fuori il sentimento della gente. Che tradotto dal politichese – il linguaggio che ci siamo abituati ad ascoltare in questi mesi di emergenza – significa soltanto confusione. E passare dalla confusione generata dai vari Dpcm emanati dal presidente del Consiglio, allo smarrimento per la fuga in avanti messa in scena dal Presidente Jole Santelli, è stato un attimo.

Le scelte col favore delle tenebre

Oggi alla luce di quanto accaduto nelle ultime ore, potremmo tranquillamente affermare che il governo regionale ha lavorato col favore delle tenebre. Un’accusa che fino a pochi giorni fa l’opposizione nazionale aveva rivolto al Presidente Giuseppe Conte.

Come potrebbe spiegarsi diversamente la tempistica e il modo in cui la Santelli ha emanato l’ultima ordinanza regionale?

Fino a tre giorni fa, il dibattito incentrato sulla riapertura, seppur parziale, è stato oggetto del dibattito nella seduta fiume del Consiglio regionale impegnato nell’approvazione del Bilancio. Un dibattito in cui le ragioni sanitarie e scientifiche si sono intrecciate con quelle più squisitamente economiche. Per questo si è deciso a suon di emendamenti di mantenere chiusi i nostri confini regionali anche a danno dei calabresi fuorisede che avrebbero voluto rientrare a casa.

Lo si è fatto stanziando 3 milioni di euro a sostegno delle famiglie dei fuorisede. La qual cosa, pur avendo incontrato un favore trasversale nell’aula, non lo ha messo al riparo da critiche e polemiche. Ma tant’è. Si è altresì parlato di ripresa graduale per non vanificare gli sforzi fin qui fatti dalla popolazione calabrese che ha avuto la fortuna – perché anche di questo si tratta – di non essere colpita al cuore dal contagio da covid.

Poi però succede che nell’arco di due giorni la situazione è precipitata. E mentre ancora ci si faceva i complimenti per la norma sui fuorisede, quasi litigando per affermare la paternità del provvedimento, il Presidente decide di rimescolare le carte.

Nella tarda serata del 29 aprile arriva l’ordinanza che sostanzialmente riapre gran parte delle attività commerciali, dando largo spazio a sport individuale e rimessaggio di barche. Introducendo anche il nuovo argomento dei “tavolini all’aperto” per bar, ristoranti, pasticcerie, pub e quant’altro. Proprio ad un giorno dal fatidico 1 di maggio, una festa generalmente dominata dalla gita fuori porta. Come del resto la pasquetta o il 25 aprile.

Leggi anche

L’ordinanza, pubblicata e diffusa attraverso la pagina facebook del presidente, per diverse ore ha generato un senso di smarrimento in tanti calabresi. Con prese di posizione a tratti raffazzonate o forzate. Terreno fertile per fake news e sciacalli da pandemia. I social network sono stati inondati da giudizi, supposizioni, calcoli matematici, appoggi incondizionati e sospiri di sollievo.

Ora, non si può comprendere a pieno la scelta del presidente se non la si contestualizza a quanto sta accadendo nel Paese. La Calabria non può essere avulsa da quello che sta accadendo anche a Roma dove la Lega occupa Camera e Senato a oltranza con Fdi che si dice spiazzata dall’iniziativa leghista. Tra l’altro, ciò succede mentre i presidenti delle regioni di centrodestra sono in rivolta nella Conferenza Stato Regioni al cospetto di un Ministro che, per contenere le fughe in avanti, minaccia di impugnare i provvedimenti che saranno emanati da lì a breve.

Sullo sfondo, la lettera degli stessi Governatori del centrodestra a Conte e Mattarella, per invocare una fase 2 nuova, che si giustifica per una progressiva diminuzione dell’emergenza.

“È essenziale – scrivono – che si ritorni progressivamente ad un più pieno rispetto dell’assetto costituzionale e del riparto di competenze tra lo Stato e le Regioni, sempre in applicazione dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione”.

È insomma necessario per i presidenti di centrodestra giungere a una “normalizzazione dell’emergenza”, che consenta un ritorno agli equilibri democratici previsti dalla Costituzione.

A questo punto non si capisce quale meccanismo abbia suggerito alla Santelli di fare da apripista con la nostra Regione. Fatto sta che quel fronte dei presidenti ha partorito un moto di sussulto che viene dal profondo sud. Da una delle regioni che numeri alla mano ha il più basso numero di contagi e decessi.

Si è quindi deciso di agire in questo contesto, anche politicamente complicato. E non solo a Roma, visto i molti distinguo dei sindaci calabresi. La contestazione che va per la maggiore è la mancanza dei normali passaggi istituzionali: Prefetture e sindaci.

Provocazione o coraggio

Il presidente Santelli continua a mantenere alta l’attenzione sulla Calabria. Se questo è il suo fine, sta agendo da politica navigata.

Perché tutto si può dire – anche che governa da Roma – ma non che non riesca a far parlare della nostra regione anche nei giornaloni nazionali e nei tg nazionali.

È stata talmente scaltra da riuscire a guadagnarsi un trafiletto sul New York times, che ha fatto i complimenti a lei e a noi cittadini.

Allora, se riavvolgiamo il nastro dell’emergenza, non ci verrà difficile ricordare quanto successo lo stesso giorno in cui il Premier Conte annunciò la chiusura della Lombardia e del nord. L’esodo dei fuorisede e il grido immediato d’allarme del Presidente della Regione. Il protagonismo della Santelli, mise in risalto la fragilità del nostro sistema sanitario, annunciando la chiusura dei confini regionali, come fecero anche altri suoi colleghi. Anche allora si trattò di un provvedimento che andava in direzione comunque contraria a quella del Governo. Fu una provocazione bella e buona. Che dopo qualche giorno, se non dopo qualche ora, fece estendere a tutto il territorio nazionale il lockdown.

Anche oggi, di cosa possiamo parlare se non di una provocazione bella e buona?

Si, insomma, una ordinanza di tale portata pubblicizzata a tarda sera e in vigore dal giorno dopo, quale riflesso avrebbe potuto avere sulla vita della popolazione?

Nulla, o quasi. Basti guardare i resoconti giornalistici per capire che un numero trascurabile di commercianti ha aperto le proprie attività.

Certo, magari tanti sono andati a manutenere la barca (?) o fare la corsetta in zone che no frequentavano ormai da due mesetti.

Ma poi? La verità è che in attesa delle disposizioni Governative per le aperture previste al 4 maggio, nessuno è ancora pronto per riaprire (tranne chi ha i tavolini all’aperto). Quindi, il rischio di un “liberi tutti” dannoso si è ridotto al lumicino. Un rischio calcolato, per intenderci, che vale la pena di correre.

D’altro canto, la questione cardine dell’ordinanza, che si poggia sulla fiducia nei confronti dei calabresi, è stata già superata difronte ai balbettanti commenti degli esponenti di centrodestra che affermando la parola coraggio, scaricano la responsabilità di ciò che potrebbe accadere dal “liberi tutti” ai cittadini. Insomma delle due l’una: o apri per ripartire lanciando un messaggio di fiducia, o chiedi alla gente di rispettare al centesimo ciò che dice il Governo.

Sul piano politico, le conseguenze dell’emissione dell’ordinanza si configureranno con la probabilissima, se non certa, diffida della Regione da parte del Governo. Ma sul piano sanitario, serviranno diversi e lunghissimi giorni. Che saranno giorni di attesa e di speranza… che il covid non riapra le corsie degli ospedali.