Sanremo, effetto Brunori: il Festival lascia il segno con la ‘funzione paterna’
L'analisi della psicoanalista Eva Gerace sui tre brani di Cristicchi, Brunori e Corsi: 'Certe parole sono stoffe di seta: accarezzano e bisbigliano l’amore'
17 Febbraio 2025 - 09:56 | di Redazione

Maria Laura Falduto dialoga con Eva Gerace Psicoanalista. Un messaggio Whatsapp anticipa l’inizio della finale di Sanremo, tra pronostici e preferenze, c’è qualcosa che non sfugge all’orecchio di chi ha fatto dell’ascolto una postura dell’essere oltre che la propria professione.
ML: Eva, in questo Sanremo diversi artisti cantano della funzione paterna, della necessità che questa venga riscoperta, valorizzata nelle sue forme più umane, non nella sua autorità ma nella sua autorevolezza.
Eva: La parola è da sempre la protagonista del Festival di Sanremo, il mezzo di trasporto dell’amore, del desiderio e dell’inganno. Il suo uso ci invita alla cautela e alla responsabilità. Per non condurci nell’inganno, la parola necessita di una bussola: la Funzione Paterna ha il compito di aprire gli occhi, far vedere e ascoltare perché la parola non intende insegnare, ma comprendere e trasmettere.
Essa incarna il desiderio e ammette le differenze, eppure ho letto e ascoltato tante critiche su questo Sanremo. A me non interessa l’immagine, i vestiti o i trucchi, né l’orientamento sessuale; ognuno ha la propria soddisfazione. Questo festival tanto seguito, ha avuto il potere di trasmettere certe parole con una certa potenza, queste restano e continueremo ad ascoltarle, questo mi fa pensare che ci sia qualche possibilità per poter riflettere.
Ml: Cosa ci insegna questo festival sulla funzione paterna? proprio nel senso della parola in-segna, in cosa ci segna, lascia un segno.
Eva: tra le canzoni che ho potuto ascoltare, ne prenderò in considerazione solo tre per dire che ho sentito il canto di un padre, e non è cosa da poco: è Calabrese! Lui recupera la sua presenza, la sua forza nell’Albero delle noci. Brunori Sas canta un cuore di padre, un amore tanto necessario in questi tempi. Canta di come la nascita di un figlio e le nuove consapevolezza possono cambiare le dimensioni e le architetture di un desiderio chiuso a chiave, del nuovo arduo compito di continuare a essere se stessi ma con la grande responsabilità nell’utilizzo delle parole – vorrei cantare senza parole, senza mentire per paura di farti soffrire;
Simone Cristicchi recita nel suo brano Quando sarai piccola ti dirò il Perché di quell’anello al dito, ti dirò di mio padre ovvero tuo marito. Stabilisce legami, fa potenza di relazione con l’altro, in grado di trasformare anche il dolore in creazione di una nuova promessa di sollievo e ripartenza. Passaggi importanti e universali nella vita di ogni figlio che diventa uomo e che assiste inesorabilmente al tramonto di un genitore, l’impegno nel conservare e rievocare la propria storia –ci sono pagine di vita, pezzi di memoria che non so dimenticare – per poter continuare a dare senso e significato alla propria ti ripeterò il mio nome mille volte;
e infine il testo di Lucio Corsi, è un canto poetico che svela quanta forza ci può essere nella fragilità, un messaggio per i giovani e non solo – Volevo essere un duro, ma ho paura del buio; cadevo giù dagli alberi, ma vivere la vita è un gioco da ragazzi. È luce!
La dolcezza, la sua potenza, si fa canzone, l’invito ad affrontare le proprie paure e a non cadere nell’illusione abbagliante di questo tempo che ci vuole forti a tutti i costi come Robot, lottatori di Sumo, o cintura bianca di Judo – mi hanno detto “Stai attento alla luce”, e che le lune senza buche sono fregature, perché in fondo è inutile fuggire dalle tue paure.
Non siamo padroni di niente, ma certe parole sono stoffe di seta: accarezzano, bisbigliano l’amore. La dolcezza, la tenerezza e la loro forza possono contrastare la violenza.
Danzare sotto la pioggia, sentendo quella trasformazione silenziosa che arriva da una comunione con il mondo poetico e musicale, con gli animali, gli alberi, i fiori, la luce e gli elementi, ci fa andare, uscire e rientrare più forti.