Sanità calabrese, Mazza (CMG): ‘Mercificata sull’altare del volere centralista’
"Le 11 Asl avrebbero dovuto essere ridotte a 8. Ne hanno salvate 5, ma dal cilindro hanno estratto le AO" la nota
09 Marzo 2025 - 15:48 | Comunicato Stampa

Navigando in rete mi è apparso un vecchio articolo in cui si riproduce un’intervista al già Assessore alla sanità calabrese e futuro candidato Sindaco della città di Lamezia, Doris Lo Moro. Vi chiederete perché un’intervista di quasi un lustro fa abbia destato in me particolare interesse. Le motivazioni potrebbero essere molteplici.
Tuttavia, ciò che mi ha attratto, invogliando la mia curiosità verso l’articolo in questione, sono state le recenti richieste del Presidente della Regione Calabria, di dichiarare lo stato di emergenza del settore ospedaliero calabrese.
Ritornando all’articolo richiamato in premessa, mi hanno lasciato basito le dichiarazioni della Lo Moro che a un certo punto dell’intervista parla di una riforma che avrebbe dovuto prevedere 8 e non già 5 Aziende sanitarie.
Giusto per richiamare alla memoria, prima che l’allora Giunta regionale decretasse la nascita delle attuali 5 ASP, in Calabria operavano ben 11 ASL. La caratteristica di quest’ultime era appunto la base locale e non già provinciale del distretto di competenza.
I più attenti ricorderanno che già alla fine degli anni ’90 le allora nuove ASL avevano accorpato le ex USSL (unità socio-sanitarie locali). Tali strutture, nelle linee essenziali, si caratterizzavano per l’autonomia gestionale di ogni ospedale al tempo operante in Regione.
Il sostanziale aziendalismo, poi, operato a livello centrale dai vari Governi della Seconda Repubblica, invitò le Amministrazioni periferiche dello Stato a una riorganizzazione su basi territoriali e demografiche dei vari settori. Anche la Sanità fu costretta ad adeguarsi e, per quanto lo Stato non avesse ordinato alcuna revisione su base provinciale, ma solo su criteri territoriali, la nostra Regione optò per un riforma che ricalcasse lo scriteriato disegno degli Enti intermedi calabresi.
Ebbene, stabilire nottetempo la chiusura, sic et simpliciter, di ben 6 ex ASL (Palmi, Locri, Lamezia, Paola, Castrovillari e Rossano), senza porsi minimamente il problema della orogenesi territoriale calabrese, fu un errore di non poco conto. Vieppiù, quando nell’intevista si sostiene che la nuova geografia sanitaria avrebbe dovuto prevedere 8 e non 5 aziende, la trama si infittisce e dimostra plasticamante quanto la materia sanitaria sia stata mercificata sull’altare del volere centralista a danno esclusivo della popolazione calabrese: soprattutto quella residente nelle lande più periferiche e dimenticate.
D’altronde, se la Locride, il Lametino e la Sibaritide fossero rimaste in essere, magari utilizzando l’acronimo di AST (aziende sanitarie territoriali) piuttosto che ASP (aziende sanitarie provinciali), probabilmente, in un clima di spendig review, sarebbe stato complicato giustificare la nascita delle AO. Tali Enti, infatti, hanno elevato gli ospedali dei Capoluoghi storici a presidi Hub, estromettendoli dalla gestione delle ASP e consegnandoli ai nuovi organismi appositamente creati e nominati Aziende Ospedaliere.
Ecco, conclamare a quasi un ventennio dalla dissennata riforma sanitaria, la necessità di maggiori poteri per la velocizzazione del percorso che dovrà portare alla nascita dei nuovi ospedali (Sibaritide, Vibo e Piana di Gioia) ai quali, nel frattempo, si è aggiunto anche il nuovo ospedale di Cosenza, comprova quanto una riorganizzazione di un deviato regionalismo amministrativo sia necessaria. E non solo in capo al settore sanitario. Invero, diversi servizi (giustizia, sicurezza, conservatoria, ecc) dovrebbero rispettare i principi di omogeneità territoriale nella perimetrazione delle circoscrizioni di competenza locale.
Pertanto, inviterei qualche novello sognatore della Sibaritide e del Comune di Corigliano-Rossano che immagina la creazione di nuovi orti dove potrebbero sorgere praterie, a ritornare con i piedi per terra, riflettendo sulla bontà e concretezza delle idee promosse.
Così come mi auguro che un distratto Establishment pitagorico, inizi a pensare in grande abbandonando la condizione di limbo amministrativo del Crotonese per aprirsi a una visione accurata e puntuale di tutto l’Arco Jonico calabrese. Non fosse altro che per avviarsi a nuove prospettive territoriali, rispettose di quei numeri necessari a trasformare le idee in progetti politici e non già nei soliti carrozzoni che la Calabria conosce fin troppo bene.
Domenico Mazza – Comitato Magna Graecia
