Salute mentale e i suoi disturbi: il perfezionismo, un’illusione perfetta
Furio di "Bianco, Rosso e Verdone" è l'esempio perfetto. L'approfondimento sulla personalità ossessiva della dott.ssa Custoza dell'Istituto di Neuroscienze di Reggio Calabria
04 Ottobre 2023 - 10:10 | dott.ssa Giusy Custoza
“Le persone perfette non combattono, non mentono,
non commettono errori e non esistono”
(Aristotele)
La società in cui viviamo esorta costantemente a migliorare le nostre prestazioni, sottoponendole a continue critiche e valutazioni. Il tentativo di superare standard sempre più elevati, anche oltre le aspettative può, in alcuni casi, condurre alla trappola del “perfezionismo”, ovvero la “tendenza a considerare inaccettabile qualsiasi imperfezione”.
La ricerca del perfezionismo non viene attivata solo da pressioni esterne, ma può essere anche conseguenza di impulsi interiori, positivi quando vi è un sano desiderio di migliorarsi, negativi quando compromettono il funzionamento dell’individuo.
Flett e Hewitt (2002), hanno descritto tre tipi di perfezionismo:
- autodiretto: il soggetto ha un ideale personale irragionevolmente elevato e impossibile da realizzare. Ne consegue un’incapacità nell’accettare il minimo errore;
- eterodiretto: il soggetto pretende che gli altri si adeguino ai propri standard e quindi non riesce a delegare compiti ad altre persone per paura che le sue aspettative non vengano soddisfatte;
- socialmente imposto: il soggetto dipende dall’approvazione degli altri e dalle loro aspettative. In questo caso, gli standard sono imposti dell’ambiente esterno e spesso il soggetto manifesta rabbia nei confronti delle persone più esigenti.
Il perfezionismo può dominare diverse aree della nostra vita (lavoro, studio, cura e relazioni sociali) e può essere distinto in funzionale e patologico. Nel funzionale l’errore e le critiche sono vissute come possibilità di crescita e hanno valore motivazionale; la ricerca del miglioramento porta il soggetto a misurarsi sempre con livelli diversi ma senza ledere la propria autostima. Al contrario, la modalità patologica è caratterizzata da: aspettative irrealistiche; costanti svalutazioni dei risultati ottenuti; intensa paura di fallire; timore del giudizio e sfiducia nelle proprie capacità.
Il perfezionismo patologico può essere alla base di molti disturbi come la depressione, i disturbi d’ansia, le ossessioni, i disturbi nel comportamento alimentare, i disturbi di personalità e tanti altri disagi psicologici. Oggi, il malessere e il senso di frustrazione per la propria imperfezione, sono intensificati dalla diffusione dei social network, dove voler apparire individui con una “vita perfetta” e soprattutto con un “corpo perfetto” sembra essere il nucleo principale della vita. Vi è un’elevata prevalenza di soggetti che non accettano la propria immagine corporea, si vedono imperfetti e ricorrono a ripetuti ed inutili interventi di chirurgia estetica. Lo spasmodico tentativo di aderire a canoni di bellezza irraggiungibili e omologati può condurre allo smarrimento dell’identità corporea, snaturandola. Allo stesso modo, la tendenza ad aderire ad un ideale di personalità irraggiungibile e prestabilito porta alla morte della nostra individualità a scapito della creatività.
Quando i tratti di personalità perfezionistici causano una compromissione globale del funzionamento individuale e il soggetto non ha consapevolezza delle sue disfunzionalità, siamo di fronte ad un Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità, ovvero un “pattern pervasivo di preoccupazione per l’ordine, perfezionismo e controllo mentale e interpersonale, a spese di flessibilità, apertura ed efficienza, che inizia entro la prima età adulta ed è presente in svariati contesti” (APA, 2013).
Molti di voi si ricorderanno di Furio Zoccano, il personaggio interpretato da Carlo Verdone in “Bianco, Rosso e Verdone”. Furio è l’esempio perfetto di un soggetto con personalità ossessiva che vive in una realtà in bianco e nero, con regole rigide e scarsa adattabilità.
Logica, razionalità, coscienziosità, ordine e programmazione sono caratteristiche che rendono questi soggetti schiavi dell’illusione della perfezione. Vivono con l’obiettivo di difendere la già bassa autostima (“devo eccellere altrimenti non valgo nulla”) e non possono permettersi di perdere il controllo reprimendo severamente la loro emotività, considerata sinonimo di fragilità e debolezza. Il soggetto spesso perde lo scopo principale delle sue azioni condizionato da schemi standard oltremodo rigidi. Non si mette in gioco per evitare il fallimento, rimanda continuamente le azioni per raggiungere la perfezione e rimane così bloccato con un profondo senso di frustrazione per una produttività che non riesce a realizzare. Le relazioni con gli altri sono spesso compromesse per la sfiducia che nutrono nel comportamento altrui e tendono a vivere isolati per poter controllare meglio le proprie giornate.
L’eziologia del Disturbo Ossessivo compulsivo di personalità ha una letteratura più ampia per quanto riguarda l’area psicologica, mentre per gli aspetti genetici e neurobiologici gli studi sono alquanto limitati. Le varie ipotesi eziologiche sostengono un modello bio-psico-sociale (interazione tra componenti genetiche, neurobiologiche, psicologiche e sociali) che ne descrive la natura multidimensionale.
A partire da Freud, che ipotizzava una fissazione alla fase anale nello sviluppo psicosessuale di questi soggetti, gli studi psicoanalitici si sono soffermati in particolare sul ruolo delle esperienze precoci infantili che avrebbero creato attaccamenti di tipo insicuro. La relazione con i genitori è contraddistinta da un alto controllo, ambivalenza (vicinanza sul piano verbale e freddezza e disapprovazione su quello non verbale) e bassa cura. Gli scarsi riconoscimenti e le scarse gratificazioni affettive portano questi bambini ad introiettare un’immagine genitoriale disfunzionale (genitori ipercontrollanti e criticanti), formandosi così un Super-Io Punitivo.
Come osserva Gabbard (2015) “in ogni ossessivo-compulsivo di personalità c’è un bambino che non si sente amato”.
Per quanto riguarda il trattamento, la psicoterapia è l’intervento d’elezione seppur risulti abbastanza complessa da realizzare a causa della rigidità mentale che porta questi soggetti a vivere la relazione terapeutica come un lavoro in cui bisogna dimostrarsi “pazienti perfetti” per ottenere la tanto ricercata approvazione. Non esistono farmaci specifici per il trattamento del disturbo; tuttavia è possibile intervenire farmacologicamente sui vari sintomi associati, come ansia e depressione.
Infine, di fondamentale importanza è la distinzione tra due categorie cliniche che spesso sono sovrapposte: Disturbo Ossessivo Compulsivo (che verrà trattato in articoli successivi) e il Disturbo Ossessivo Compulsivo di personalità. Il primo è un disturbo egodistonico, per cui il soggetto vive come intrusivi i sintomi ossessivi che vorrebbe eliminare, il secondo è un disturbo della personalità, egosintonico, per cui il soggetto non ritiene disfunzionale il proprio modo di pensare, sentire e comportarsi e si sente perfettamente in sintonia con sé stesso e con la realtà esterna.
“Non c’è luce senza ombre e non c’è pienezza psichica senza imperfezioni. La vita richiede per la sua realizzazione non la perfezione, ma la pienezza” (Jung).
Dott.ssa Giusy Custoza