Regione al bivio tra scioglimento del Consiglio e nuove elezioni. Scenari e tempistiche

Mentre l’esecutivo guidato da Spirlì intitola la Cittadella alla Santelli, si comincia a pensare al futuro


Mentre la giunta regionale, guidata da Nino Spirlì, si è riunita per avviare il processo di intitolazione della Cittadella di Germaneto, alla presidente scomparsa Jole Santelli, è iniziato formalmente il countdown che porterà allo scioglimento del Consiglio regionale.
Le indicazioni sulle tempistiche sono fornite dal regolamento interno di Palazzo Campanella che, al secondo comma dell’articolo 60 stabilisce che il Consiglio regionale “con apposita delibera accerta ovvero prende atto dei casi di incompatibilità sopravvenuta, rimozione, impedimento permanente o morte del Presidente della Giunta. A tal fine il Consiglio è convocato dal Presidente entro dieci giorni dall’acquisizione della notizia e al termine della votazione, ove il Consiglio abbia assunto la deliberazione suddetta, il Presidente congeda definitivamente i Consiglieri”.

Dunque, considerando che è del 15 ottobre la scomparsa del Presidente Santelli, entro il 25 di ottobre il vicepresidente Spirlì dovrà convocare l’Assemblea. Ma se tutto dovesse andare per il verso giusto c’è da considerare un’altra variabile, e cioè la diffida che pende sul nostro ente regionale con riferimento alla legge elettorale, al momento sprovvista della doppia preferenza di genere.
Non è dato sapere, in questo momento, se esistano i tempi tecnici per dotare la Regione di tale legge, ma proprio qualche giorno prima del grave lutto che ha colpito la massima istituzione calabrese, il presidente del Consiglio regionale, Mimmo Tallini, aveva toccato l’argomento sollecitato dal capogruppo del Pd, Mimmo Bevacqua. In quella nota Tallini giurava che si sarebbe arrivati entro la fine dell’anno all’approvazione della nuova Legge elettorale, scongiurando così ciò che è avvenuto in Puglia, e cioè l’intervento del Governo con poteri sostitutivi per normalizzare la situazione.
Dunque il termine indicato da Tallini – ovviamente prima della morte della Santelli – coincide anche con la scadenza dei sessanta giorni utili per andare a nuove elezioni regionali.

C’è da dire che anche a parere del costituzionalista reggino, professor Antonino Spadaro, il termine dei sessanta giorni non è perentorio e ciò presta il fianco a varie interpretazioni che si tramuterebbero in null’altro che in uno slittamento della data, per ora ipotetica, individuata a cavallo tra la fine del 2020 e l’inizio del nuovo anno, e comunque a dicembre.
Ma anche se ciò avvenisse, non si può non considerare l’emergenza sanitaria che sta attraversando il nostro Paese, e quindi la nostra Regione, con la recrudescenza di un virus che giorno dopo giorno sta facendo impennare la curva dei contagi. Anche in questo caso non si può escludere un intervento risolutivo e chiarificatore del Governo. Tenendo conto anche dell’opinione diffusa tra diversi consiglieri regionali che non si procederà a nuove elezioni prima della primavera del 2021.

Da dove si riparte?

Il quadro politico regionale si era ormai ben delineato. Anche se l’idillio registrato all’interno della coalizione di centrodestra all’indomani del 26 gennaio scorso, è soltanto un ricordo. In mezzo ci stanno liti e guerre di posizione, sullo sfondo di equilibri politici che non sono mai stati tali. Situazione in qualche modo aggravatasi dopo il voto delle amministrative del 20 e 21 settembre scorsi che ha sostanzialmente condannato il centrodestra vittima di una evidente emorragia di voti. E tuttavia non è un caso che fino ad oggi non vi sia stato ancora un benché minima interpartitica o un confronto chiaro sull’esito di quel voto. Anzi, fino al momento l’unico ad anticipare le mosse degli alleati è stato il deputato forzista Francesco Cannizzaro che ha fatto fischiare le orecchie degli alleati, con l’accusa esplicita di aver perso loro consensi rispetto a Forza Italia.

Il centrosinistra, da parte sua, viene fuori malconcio dall’esperienza civica targata Pippo Callipo. L’imprenditore del vibonese, come noto, dopo qualche mese e un paio di sedute del Consiglio, ha rassegnato le dimissioni, consegnando nelle mani dei partiti una patata bollente. Non è quindi peregrina l’idea di volersi affidare ad un candidato politico, più che civico, e già qualche indicazione in questo senso sembra arrivare dal Partito democratico che si troverà anche a dover sbrogliare altre due matasse: quella del Congresso per mettere fine al commissariamento, e quello non meno pressate delle alleanze. Alcuni sostengono che i tempi siano maturi per proporre un’alleanza con il Movimento 5 stelle sulla falsariga della maggioranza che sostiene il Governo Conte. C’è da giurare che la macchina della mediazione sia stata già messa in moto.

Ultimo, ma non meno importante variabile, è rappresentata dalle esperienze civiche che in questo strano 2020 sono state protagonisti di slanci in avanti, senza però raccogliere i frutti dell’impegno messo sul campo.