Falcomatà e Franceschini a Piazza De Nava, Vitale: ‘I demolitori della storia’
"È umiliante per la città, trattata al solito come abitata non da cittadini portatori di diritti ma da allocchi con l’anello al naso", le parole del presidente di Fondazione Mediterranea
18 Febbraio 2025 - 18:46 | Comunicato Stampa

Giuseppe Falcomatà e Dario Franceschini immortalati a spasso in Piazza Museo. Il manovratore occulto della demolizione della già Piazza De Nava, pezzo importante del patrimonio storico-urbanistico reggino, a passeggio con colui che avrebbe dovuto, in qualità di Ministro ai Beni Culturali, impedire il crimine urbanistico. Tutto si tiene, comunque, ex post: la battaglia etica ed estetica per salvaguardare un bene culturale della città era persa in partenza.
Così Enzo Vitale, presidente della Fondazione Mediterranea.
“Me lo aveva detto a chiare lettere un senatore reggino, molto vicino a Franceschini, che avevo interessato alla vicenda: Il ministro non muoverà un dito, nonostante il circostanziato e impeccabile dossier che gli hai inviato.
Me lo aveva fatto capire un odierno assessore, vicinissimo a Falcomatà, che, anche a costo di diventare ridicolo negando l’evidenza fotografica, si ostinava a dire che non di demolizione si trattava ma di restauro.
Me lo sussurravano di continuo i “maître à penser” reggini, quelli che per non perdere misere prebende si asserragliavano dietro un improbabile “diritto al silenzio”.
Prosegue Vitale.
“È andata ormai e, more solito, la storia la scrivono i vincitori ovvero i demolitori della storia cittadina (dopo Corso Garibaldi è toccato a Piazza De Nava e ora all’ex cinema Orchidea).
A Franceschini è succeduto Sangiuliano. Anche lui dalle spalle molto lisce e, seppur contattato da un altro senatore reggino, non lo stesso di cui sopra, ha ex post dimostrato di che pasta fosse fatto.
Sangiuliano per un certo tempo è stato aiutato nella gestione ministeriale dal quel furbastro di Sgarbi, ormai ridottosi piuttosto male, che a suo tempo avrebbe potuto intervenire come ha fatto in altri contesti su casi analoghi. Anche lui si è defilato per quanto contattato con decisione.
Insomma, una tristissima vicenda che sì è conclusa nel disinteresse dei vertici culturali italiani che, per “ovvi” motivi di opportunità, non avrebbero potuto procedere in contrasto con la macchina amministrativa della Soprintendenza, i cui travet locali avevano tutte le “carte a posto”.
Conclude il presidente della Fondazione Mediterranea.
“Comunque sia, la foto che ritrae Falcomatà e Franceschini è iconica: Il potere culturale si vede a Reggio solo quando deve vendere qualche copia di un qualche libro o quando si è in campagna elettorale.
È umiliante per la città, trattata al solito come abitata non da cittadini portatori di diritti ma da allocchi con l’anello al naso.
Ce lo siamo meritato: Chi non sa tutelare i propri beni culturali è giusto che sia trattato da minus habens”.