Reggio, AAA credibilità cercasi: 'Ducale' getta altre ombre su Palazzo San Giorgio

Ancora una volta al centro dell'indagine ci sarebbero i voti truccati. Ma questa volta sarebbero stati autorizzati da una cosca di 'ndrangheta

C’è nuovamente Giuseppe Falcomatà tra gli indagati dell’ennesima inchiesta che aggiunge altre ombre, ancora più oscure, su Palazzo San Giorgio.

E’ evidente che qualcosa, nella tornata elettorale del 2020 non abbia funzionato. Prima l’inchiesta dei brogli elettorali con Nino Castorina (Pd), considerato deus ex machina di un intero sistema volto, secondo le ricostruzioni della procura, a falsare le elezioni. Adesso il nuovo filone giudiziario ‘Ducale‘ che riporta nella lista degli indagati, nuovamente il primo cittadino di Reggio Calabria e altri esponenti politici. Non dimentichiamo poi il caso ‘Miramare‘ dal quale il primo cittadino ne è uscito assolto in Cassazione e il caso Miramare Bis con il processo ancora in corso.

“L’amministrazione è sempre stata dalla parte della legalità. Non è la prima inchiesta che affrontiamo in questi dieci anni di amministrazione – ha dichiarato ieri Falcomatà – Affronteremo anche questa nella consapevolezza di avere sempre operato nella massima legalità e mi pare che l’amministrazione lo abbia sempre dimostrato. Affronteremo anche questa situazione con la massima disponibilità”,

Il sindaco quindi, tira dritto e di dimettersi, non ci pensa proprio.

Ducale, la nuova inchiesta scuote la politica: voto di scambio?

In quest’ultimo caso però i fatti, sono ben più gravi. Perchè questa volta c’è di mezzo la ‘ndrangheta, perchè la politica ha cercato una cosca chiedendo una ‘grande mano’ e perchè politica e ‘ndrangheta avrebbero stretto accordi con l’intento di ingannare un’intera città. Questa volta c’è stato, sempre secondo quanto riportato dagli inquirenti, l’aiuto della ‘ndrangheta con un intreccio cercato e trovato proprio dai politici. Un vero e proprio business di voti in cui il pupillo della cosca Araniti Daniel Barillà (il suocero è Domenico Araniti), tesseva le fila di un piano ben preciso.

E’ proprio Barillà che, secondo gli inquirenti, presenziava ai summit ed alle riunioni operative del sodalizio, manteneva i rapporti con i rappresentanti delle istituzioni e della politica, di destra e di sinistra, raccoglieva voti in occasione delle consultazioni elettorali in favore dei candidati sostenuti dal sodalizio, stringeva patti elettorali politico mafiosi, portava ambasciate e veicolava informazioni tra i sodali. Barillà forniva anche suggerimenti per eludere i controlli delle forze dell’ordine.

Barillà, parente del boss Domenico Araniti, avrebbe alterato le operazioni del voto con la complicità di diversi scrutatori compiacenti per sostenere i candidati di interesse procurandosi le schede elettorali di cittadini impossibilitati a votare ed esprimendo la preferenza al posto loro.

E’ proprio con lui, il sindaco Falcomatà che si incontra e si accorda in diverse occasioni. E in particolare, il 25 settembre del 2020, proprio il sindaco chiede espressamente l’aiuto di Barillà per ottenere la vittoria al ballottaggio, ricevendo garanzie in tal senso e pianificando incontri per discutere le strategie elettorali.

“Che vogliamo fare? – chiede il sindaco a Barillà – Ho bisogno di una grande, grande mano”. Questa una delle inquietanti intercettazioni che emergono dall’ordinanza”.

Insieme a Falcomatà, nel mirino, ci sono altri due politici, il consigliere regionale Giuseppe Neri (Fratelli d’Italia) e il consigliere comunale Giuseppe Sera (PD). E’ da evidenziare come dall’ordinanza emerga chiaramente che, mentre in relazione a Neri ed a Sera si hanno chiare e dirette evidenze della piena consapevolezza di entrambi in ordine al legame di Barillà a Domenico Araniti, la prova di una simile consapevolezza, in capo al Falcomatà non è sufficiente”.

Operazione Ducale, Reggio cerchi una via per la credibilità

Insomma l’operazione ‘Ducale‘ che ha scosso Palazzo San Giorgio pone, nel day after, numerosi interrogativi.

Primo tra tutti, che credibilità può avere Palazzo San Giorgio, principale istituzione cittadina? In attesa degli sviluppi della magistratura, oggi il Comune ha ancora autorevolezza? Ha o no perso ogni requisito di onorabilità, il sindaco e il consiglio comunale, alla luce delle ultime inchieste?

Ricordiamo come il nome di Falcomatà e quello di Reggio sono nuovamente apparsi, nei vari tg nazionali, nella versione più denigrante possibile. E questa volta, nella narrazione mediatica, Palazzo San Giorgio è stato associato alla ‘ndrangheta e malaffare. L’Italia intera in queste ore vede la nostra città, a pochi giorni dalla stagione estiva, nella sua veste peggiore, con tre politici e rappresentanti del popolo, tra cui il sindaco, nuovamente indagati e con accuse pesantissime.

Parliamo, ahinoi, qualora ancora non fosse chiaro, di scambio elettorale politico-mafioso.

Quanto ancora può reggere l’amministrazione? Si chiede ad esempio Klaus Davi che per primo denunciò irregolarità dentro la sezione 88 di Archi, ancora ad urne aperte.

Reggio Calabria incassa così nuovamente l’ennesimo e smisurato danno d’immagine, finendo ancora nel mirino di DDA e ROS. I reggini sono delusi e hanno perso ogni fiducia. L’idea poi che possano passare altri anni prima della definizione dell’ennesimo procedimento giudiziario, terrorizza i cittadini, ormai sempre più annichiliti.

Il nervo della democrazia è stato già lacerato, la fiducia verso le istituzioni è crollata e la sacralità del voto è stata violata. E il dato di affluenza alle urne alle ultime elezioni europee a Reggio lo testimonia, con il 39% dei votanti.

‘Ndrangheta-politica-mafia, questo l’accostamento che getta ombre ancora più oscure su Palazzo San Giorgio e che ha messo in ginocchio un’intera città. Un popolo che dovrà provare e intraprendere la via della credibilità, ormai definitivamente persa.