Reggina e la serie A 25 anni dopo. Il Ds Martino la ricorda con alcuni aneddoti

L'intuizione su Possanzini non è stata della dirigenza. Il direttore di allora spiega anche l'esonero di Gustinetti

La vittoria degli uomini veri“. L’ha definita così il Ds di allora Gabriele Martino, la prima storica promozione in serie A della Reggina. A distanza di 25 anni il ricordo è ancora più che vivo: “Certamente, una pagina indelebile nella storia della città e per i benefici che ne sono conseguiti, quindi non solo dal punto di vista calcistico. Ripeto, la vittoria della città, del popolo, del sacrificio, dell’essere reggini. Un concetto quest’ultimo che ci siamo sforzati a trasmettere a tutti i calciatori, fondamentale per raggiungere quell’obiettivo.

E’ vero, è stata una partenza in sordina, la composizione di quella squadra è avvenuta con il tempo. Non ci accontentavamo di fare solo un buon lavoro si era costantemente alla ricerca di qualcosa in più, le valutazioni erano quotidiane sul come migliorarsi anche rispetto a quello che era stato fatto durante il mercato estivo. C’erano stati degli errori poi corretti strada facendo, la percezione dopo un paio di mesi che quegli interventi stavano dando dei frutti tanto da convincerci che quella poteva essere davvero una stagione leggendaria”.

Artico e Possanzini

“Come arriva Artico? Era un mio pallino, lo avevo seguito in quella sua esperienza con la Primavera della Juventus, giocatore capace di garantire non solo i gol che ci mancavano ma anche giocate significative per la squadra. Possanzini fu una idea di Elio Gustinetti che lo propose dopo averlo affrontato nel campionato di serie C l’anno precedente. Andai a vederlo e la stessa sera incontrai il suo agente Franco Baldini, si raggiunse subito l’accordo”. 

L’esonero di Gustinetti

“La lucida follia di chi comunque era chiamato a prendere delle decisioni anche impopolari ma nelle quali ci si credeva, portarono a cambiare allenatore. Una decisione sofferta, ma con una immediatezza incredibile, dopo una sconfitta a Verona con il Chievo. Il Presidente Foti ed io, che da un bel pò credevamo nella possibilità di poterci giocare le possibilità per un traguardo leggendario, e quindi doveva essere quella la scelta. Chi vive quotidianamente determinate situazioni, si accorge anche di alcune avvisaglie. Per noi era quello il momento prendere determinate decisioni e la prendemmo da “dirigenti reggini”. Mi spiego, era stata una stagione esaltante, la città si era appassionata a quella squadra, quindi obiettivi raggiunti, ma noi volevamo andare oltre, raggiungere qualcosa di memorabile”.

La saggezza di Bolchi

“Fu scelto Maciste Bolchi che portò equilibrio, saggezza, pacatezza e le competenze specifiche insieme a quella convinzione trasmessa alla squadra di credere davvero di poter andare in serie A. Giorno dopo giorno si coronò quel sogno, il resto di quella bellissima storia lo conoscete con la vittoria di Torino e l’interminabile festa che in città durò per tanti giorni. La Reggina era attorniata da tantissima gente che ci stava accanto non solo in occasione delle partite della domenica, ma ci faceva percepire vicinanza e affetto da ogni parte. E mi piace chiudere ricordando una frase del grande Franco Iacopino: “Quando in ogni parte del mondo alle 17 si smetteva di lavorare, alla Reggina si faceva notte. Perchè sono spesso i dettagli a fare la differenza“.