La salute mentale e i suoi disturbi: quanto è difficile essere sani di mente

L'approfondimento del prof. Zoccali dell'Istituto di Neuroscienze di Reggio Calabria

prof rocco zoccali istituto neuroscienze rc

In premessa, è necessario differenziare il concetto di salute mentale, benessere mentale e il sentirsi mentalmente bene. Sono tre concetti collegati tra loro ma presentano sfumature diverse.                   L’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute Mentale) definisce la “salute mentale” uno stato di benessere in cui il soggetto è in grado di gestire lo stress, lavorare in modo produttivo e contribuire alla comunità.  Con il termine “benessere mentale” facciamo riferimento ad un concetto più ampio che include il sentirsi soddisfatti della propria vita, essere in armonia con il mondo che ci circonda, in sintonia con le proprie emozioni e consapevoli di avere le competenze adeguate ad affrontare le difficoltà quotidiane.  Altra cosa è “il sentirsi mentalmente bene” che fa riferimento alla percezione soggettiva del proprio stato mentale in un determinato momento, percezione che non sempre è correlata alla salute e al vero benessere mentale ma, di contro, può essere presente una patologia alquanto grave che, per mancanza di consapevolezza, può compromettere la qualità di vita del soggetto anche se lo stesso “continuerà a sentirsi bene”.

Premesso quanto sopra, la modalità di sentire le emozioni, formulare pensieri e attivare determinati comportamenti in base al contesto, sono il risultato di una serie di sistemi complessi che integrati armonicamente, dovrebbero permetterci di “essere sani”.

Il primo sistema che potremmo definire nucleare, ritenendolo al centro di tutto il complesso integrato, è  il cervello nella sua struttura neurobiologica, costituita da circa 82 miliardi di neuroni i cui assoni, che potremmo equiparare a microscopici cavi elettrici, hanno ciascuno fino a mille contatti. Attraverso questi contatti (sinapsi) avviene il passaggio del potenziale “elettrico”. La trasmissione è di tipo chimico e mediata da numerosi trasmettitori;  si stima che il numero si aggiri intorno al centinaio anche se attualmente se ne conoscono circa trenta. Si ritiene che il cervello umano abbia fino a 100 trilioni di contatti, nei primi anni di vita il numero di sinapsi supera i 1000 trilioni. Questa struttura estremamente complessa è programmata geneticamente e raggiunge la maturità verso i 25 anni. Dobbiamo quindi augurarci un armonico neurosviluppo preso atto che è presente una vulnerabilità genetica alla patologia: del 60/80 % per la schizofrenia, del 65/85% per il Disturbo bipolare, del 30/50% per i Disturbi d’ansia e la depressione, e del 40/50% per il Disturbo ossessivo-compulsivo. La vulnerabilità è la predisposizione ad ereditare il disturbo in presenza di particolari fattori scatenanti quindi non si eredità il disturbo ma la predisposizione ad ammalarsi in presenza di stress ambientali, traumi, stile di vita.

Il secondo sistema da prendere in considerazione sono le funzioni mentali

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Anche se il passaggio dal neurobiologico al mentale rimane un mistero, la mente ha le sue caratteristiche funzionali. Le principali sarebbero le seguenti: Percezione – Memoria – Attenzione – Linguaggio – Pensiero e ragionamento – Coscienza e autoconsapevolezza – Emozioni – Immaginazione – Motivazione – Controllo motorio. Tutte queste funzioni, tra loro integrate,  hanno una loro dimensionalità, vale a dire che non si distribuiscono in modo uniforme tra le persone. Alcuni possono eccellere in determinate aree mentre sono carenti in altre. Si può essere dotati di grande memoria e capacità analitica e  avere uno scarso controllo emotivo e impulsivo. Si può essere dotati di creatività e immaginazione ed essere modesti nella capacità motivazionale e nella memoria. Il modo in cui queste funzioni si organizzano può determinare il successo o la catastrofe esistenziale; successo nei soggetti in cui le funzioni sono ad alto livello e integrate armonicamente, catastrofe esistenziale se le funzioni sopra riportate sono sottodimensionate e anche disarmoniche. Ovviamente la realtà esterna è mutevole,  la casualità è imperante, tuttavia il modo in cui la mente la interpreta, elabora le informazioni, prevede gli eventi può fare la differenza nel determinare il destino di ognuno di noi. Se le funzioni mentali sono ben armonizzate, si ha una maggiore capacità di adattamento, di prendere decisioni sagge e affrontare gli eventi anche negativi con adeguata resilienza. Di contro, disfunzioni cognitive e/o emotive compromettono la capacità di navigare nel mondo, determinando scelte svantaggiose e la lettura degli eventi non aderente alla realtà. Il destino non è solo il risultato del caso, ma anche dell’equilibrio interiore con cui affrontiamo la realtà esterna. Ovviamente ci sarà sempre chi attribuirà i propri fallimenti al caso, alla combinazione di eventi negativi e certamente  potrebbe avere in parte ragione, ma quando si riscontra una ridondanza di insuccessi che si ripetono nel tempo, forse ci si dovrebbe mettere in discussione e prendere in considerazione che il proprio cervello può essere l’artefice della drammaticità esistenziale.

Il “terzo sistema” nasce dall’incontro tra natura e cultura. Da un lato, l’uomo è un essere biologico, fa parte del regno animale; dall’altro, la sua stessa natura lo spinge a vivere in società, seguendo regole e valori condivisi. Questo significa che non percepiamo mai la realtà in modo completamente oggettivo: la nostra mente è influenzata da schemi mentali e filtri cognitivi, costruiti nel tempo attraverso l’educazione, la cultura e le esperienze personali. Questi condizionamenti, che si sviluppano fin dall’infanzia, plasmano il nostro modo di interpretare il mondo. La flessibilità cognitiva è un parametro di salute mentale: più siamo in grado di adattare i nostri schemi al contesto più riusciamo a rispondere in modo equilibrato agli eventi della vita. Schemi rigidi portano a sofferenza e alla distorsione cognitiva della realtà.

L’essere quindi sani dipende “sinteticamente” dalla funzionalità dei tre sistemi sopra riportati in un continuo confronto con gli eventi della vita. L’estrema complessità di tali sistemi, il condizionamento genetico ed esperienziale,  la loro complessa interazione ed infine la continua problematicità di confrontarsi con gli eventi della vita, ci porta a comprendere quanto il nostro equilibrio mentale sia precario e facilmente soggetto a disfunzionare. Il core del problema sta nel prendere atto che la disfunzionalità non sempre dà sofferenza alla persona affetta, che, inconsapevole del disturbo, dà sofferenza agli altri e in alcuni casi può interferire negativamente sul destino dell’umanità.