Psichiatria a Reggio Calabria: “La civiltà è morta. Nostra battaglia non si ferma”

"Ieri, presso la sede della Direzione Generale dell’ASP, ci è stato impedito persino di andare in bagno", sottolinea il comitato parenti, appellandosi alla società civile

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Di seguito la nota del Comitato parenti psichiatria a Reggio Calabria.

“Nella giornata di ieri, alcuni parenti di pazienti psichiatrici sono riusciti a superare, con un escamotage, la barriera di stampo militare posta all’ingresso della Direzione Generale dell’ASP 5. La problematica è drammatica: ASP e Regione stanno attuando un piano che porterà alla chiusura di 5 strutture psichiatriche, lasciando 100 pazienti destinati a trasferimenti lontani o, peggio, a restare senza cure. Questi si aggiungono a centinaia di altri pazienti già ricoverati nelle province di Cosenza, Catanzaro, e altrove.

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Accuse di manipolazione e promesse disattese

Secondo i parenti, il Direttore Generale, dr.ssa Di Furia, ha sostenuto ragioni “inverosimili”, manipolando gli eventi e le posizioni emerse nei recenti incontri in Prefettura. Una delle “perle” è stata il trasferimento di 20 pazienti da una struttura in chiusura a Pavia, con Di Furia che ha sostenuto che l’ASP 5 abbia avuto il merito di non abbandonarli per strada. Tuttavia, il destino di questi pazienti, secondo i familiari, sarebbe dettato da interessi nascosti e sotterfugi, che la forza di una madre, di una sorella, di un fratello non intende accettare.

Ostacoli alla protesta e appello alla società civile

“Ieri, presso la sede della Direzione Generale dell’ASP, ci è stato impedito persino di andare in bagno, poi è stato limitato l’uso a un solo wc privo di acqua e non è mai stata consentita la fornitura di viveri, né il turn-over da noi programmato,” denunciano i parenti, sottolineando come queste misure siano incompatibili con il diritto democratico di protestare per la tutela della salute mentale.

La protesta senza colore politico

I familiari chiariscono che la loro protesta non ha colore politico. Tuttavia, essi chiedono sostegno da chiunque voglia unirsi a questa battaglia di civiltà. Le responsabilità di queste decisioni, affermano, sono attribuibili alla Struttura Commissariale alla Sanità (Occhiuto ed Esposito) e alla Direzione Generale dell’ASP (Di Furia).

“Siamo stati costretti a lasciare il presidio alle 1:30, ma continueremo la nostra battaglia con maggiore determinazione, portando con noi le vittime predestinate di questa barbarie sanitaria,” dichiarano i familiari, rivolgendosi a tutti coloro che possano sostenere la causa.

Un appello è rivolto al Vescovo, al Sindaco, alla società civile e all’Autorità Giudiziaria affinché vengano compresi eventuali interessi celati dietro questo progetto di trasferire ulteriori pazienti fuori dalla provincia di Reggio Calabria.