Ponte sullo Stretto, perchè si discute ancora di un’opera così importante
L'argomento è vecchio un quarto di secolo. Per quanto tempo ne parleremo ancora?
05 Giugno 2020 - 14:11 | di Vincenzo Comi
Ci risiamo. Ecco il nuovo ‘ciclo’ di dichiarazioni propagandistiche che riguardano il Ponte sullo Stretto.
Il dibattito si riaccende come avviene ormai ciclicamente (ogni 5-6 mesi da oltre 25 anni) e i politici tornano a ‘sguazzarci’ anche solo in cerca di un pò di notorietà.
D’altronde l’attenzione, se si parla di una grande opera così tanto discussa, è sempre molto alta e dunque via al nuovo valzer di dichiarazioni.
Ponte si, ponte no?
L’eterno dilemma è stato vissuto da più generazioni e interesserà, speriamo di no, anche i nostri figli.
Ad oggi c’è chi ancora definisce l’opera ‘una cazzata’ (il livello ed i termini della discussione sono sempre molto elevati), chi ‘non è contrario alle grandi opere purchè abbiano un senso…’, chi invece è totalmente favorevole, chi puntualizza come ci siano decine e decine di opere incompiute in Calabria e centinaia di ponti da completare e chi, come la De Micheli, ci ricorda (semmai avessimo avuto qualche dubbio) come il Ponte sia
“un’opera che se dovesse essere fatta, andrebbe fatta nel mare e quindi dobbiamo avere, anche in coerenza con le ragioni per le quali è nato questo Governo, la transizione ecologica e la sostenibilità ambientale…”.
Insomma, se le parole potessero servire alla costruzione di un’opera gli italiani ne avrebbero già una decina di Ponti sullo Stretto.
A rilanciare l’infrastruttura simbolo del berlusconismo, questa volta ci pensa il leader di Italia Viva Matteo Renzi che annuncia:
“Costa più non farlo”.
Il dibattito va avanti da circa un trentennio e l’argomento è vecchio un quarto di secolo.
La tanto discussa ‘lingua d’asfalto’ che unisce Calabria e Sicilia darebbe migliaia di posti di lavoro, modernizzerebbe il sud e darebbe una spinta all’economia del Meridione.
Basterebbe questo per essere d’accordo.
Ma all’Italia, si sa, piace complicare le cose. E il tira e molla infinito del Ponte sullo Stretto sembra essere il frutto di un perverso piano cinquantennale perpetrato nell’ombra a carico degli italiani architettato dalla classe politica che gioca a piacimento nel presentarlo e ripresentarlo con tempi e modi raffinati. Come fosse una discussione su cui far leva ‘ad orologeria’.
Siamo nel 2020 e le grandi opere non nascono per caso ma a seguito di un interesse pubblico primario. Il Sud ha bisogno di un’opera di questo tipo.
Si farà, non si farà? Se non lo vedranno i nostri figli, è tuttavia probabile che un domani (molto lontano) si possa sbloccare la ‘storia infinita’ del Ponte sullo Stretto e che almeno tra due generazioni si possa dare inizio all’opera faraonica.
Chissà, magari la politica oltre alle parole passerà ai fatti, prima o poi…
L’eterno dilemma ci ha stufato.