Processo Rositani, tentò di uccidere l’ex moglie: 18 anni di carcere a Ciro Russo

Una vicenda surreale, condita da denunce inascoltate e allarmi disperati che non sono serviti a impedire l’ennesima violenza di genere


Sono diciotto gli anni di carcere – a fronte di una condanna a venti anni di reclusione richiesta dal pm Paola D’Ambrosio in sede di requisitoria – che il tribunale di Reggio Calabria ha disposto nei confronti dell’unico imputato per il tentato omicidio di Maria Antonietta Rositani.

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I risarcimenti

Una sentenza con rito abbreviato arrivata dopo diverse ore di camera di consiglio e che inchioda alle sue responsabilità Ciro Russo. Il tribunale ha poi disposto nei confronti dell’imputato una serie di provvisionali molto pesanti: 200 mila euro di risarcimento alla vittima, 30 mila ai figli, 20 mila ai genitori della ragazza, rappresentati dall’avvocato Maria Lombardo e 10 mila alle associazioni accolte come parti civili.

Si chiude così il cerchio, almeno in primo grado, su una vicenda tremenda che segnerà per sempre la vita di Maria Antonietta Rositani e dei suoi figli: tutti vittime della violenza assurda e ingiustificabile del marito della donna, Ciro Russo, che per portare a termine la sua sconsiderata vendetta per essere stato lasciato e denunciato dopo l’ennesima aggressione tra le mura di casa, era evaso dai domiciliari facendosi quasi 500 chilometri dalla Campania a Reggio Calabria.

Una vicenda surreale, condita da denunce inascoltate e allarmi disperati che non sono serviti a impedire l’ennesima violenza di genere a scapito di una donna che aveva trovato il coraggio di porre fine ad una relazione fatta di umiliazioni, botte e minacce.

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La tragica storia

Quel giorno, siamo nel marzo dello scorso anno, Ciro Russo, ruba l’auto del padre e scappa da Ercolano direzione Reggio. Con sé porta alcune bottiglie che aveva riempito di benzina. Il padre di Russo però conosce il figlio e senza pensarci due volte denuncia il furto dell’auto avvisando le forze dell’ordine sul possibile significato di quell’evasione.

Il tempo per intervenire, vista la distanza che separa le due città, ci sarebbe ma qualcosa gira storto e Russo può arrivare indisturbato fino allo Stretto, fino alla scuola dove Maria Antonietta ha appena accompagnato i figli. Succede tutto in pochi attimi: lo speronamento dell’auto sull’auto, lo sportello che si apre, la benzina che cola. Poi le fiamme che aggrediscono la macchina e si fanno strada sul corpo della vittima.

Sarà solo la tempestiva reazione di Maria Antonietta Rositani a salvarle la vita: scesa dall’auto, la donna comincia a rotolarsi sul selciato finendo anche dentro una pozzanghera rimasta dal temporale del mattino, che spegne il rogo. Subito dopo avere attentato alla vita della moglie, Ciro Russo provò a restare nascosto tra le vie di Reggio e fu scovato dalla polizia in seguito a una caccia all’uomo durata due giorni.

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Un incubo a occhi aperti quello di Maria Antonietta Rositani che è costato alla donna un ricovero di quasi un anno all’ospedale di Bari dove era stata trasportata a causa della gravità delle ferite riportate. Una riabilitazione lunga e dolorosa che continua anche nell’ospedale di Reggio dove Maria Antonietta è stata trasferita qualche settimana fa, ma che non ha minato la forza di questa donna coraggiosa, capace, in questi lunghi mesi passati nella cattività della riabilitazione, di raccontare la sua storia nel tentativo di convincere quante più donne possibile si trovino nella sua medesima condizione, a denunciare, trovando il coraggio di interrompere quelle relazioni pericolose che dietro una finta parete di “amore” complicato, nascondono una vita d’inferno.

Ora, dopo questa prima sentenza di oggi, il cerchio su questa vicenda si chiude. Almeno fino al prossimo femminicidio.