Il Pizi si orienta sul futuro nella tenda di “Attendiamoci” O.N.L.U.S.


Tre giorni intensi sono stati quelli che 27 studenti di quinto anno del Liceo “Pizi” hanno potuto trascorrere dal 14 al 17 Dicembre nel Campus dell’Associazione O.N.L.U.S “Attendiamoci”, fondata nel lontano 27 settembre 2001. Tra i fondatori, Don Valerio Chiovaro e il Professore Alfredo Pudano, quest’ultimo anche in veste di formatore dell’esperienza. Anche la prof.ssa Felicia Messineo è stata accompagnatrice del gruppo in qualità di responsabile delle attività trasversali-logistiche, in questo sostenuta dall’Ufficio di Segreteria Amministrativa dell’Istituto e dalla caparbietà della dirigente, Prof.ssa Maria Domenica Mallamaci che spinge, incessantemente, in questa direzione: nel sostenere ed orientare i giovani studenti nella scelta definitiva e consona a ciascuno dell’indirizzo universitario da intraprendere.

Giornate meravigliose, trascorse  lontani dal mondo frenetico e rumoroso di chi si affanna a cercare di impiegare il tempo in mille incombenze, guidati, piuttosto, “a sentirsi dentro, ad ascoltarsi nel profondo, per scoprire la vera essenza dell’essere umano, del chi siamo e chi vorremmo essere”.

Queste le parole trascinanti di Teresiana, intervistata quale portavoce di questo piccolo gruppo di studenti. Ancora oggi ella rivive, nello sguardo illuminato di nuova luce, accompagnato da un dolce movimento delle mani e da un controllato tono di voce, quell’emozione che la porta a raccontare la bellissima esperienza formativa vissuta in una piccola grande famiglia di giovani, curiosi sull’attività da intraprendere insieme e quasi sfidanti una prassi comunitaria che appariva avere un sapore lontano.

“Nulla di più falso!  Un’esperienza che mi ha fatto ricreare lo spirito, che mi ha fatto guardare dentro ogni mio piccolo gesto, che mi ha messo in gioco alla pari con i miei coetanei, ma anche con i miei amici-educatori. E, se all’inizio, sentivo quasi uggia del campus e volevo tornare a casa, pian piano, le attività,  le giuste parole, non imposte, ma porte nella misura giusta e nei tempi adeguati, mi fanno rimpiangere, oggi, l’essere tornata a casa e mi fanno avvertire quasi un bisogno spirituale di tornarci, di sentirmi parte del gruppo, operatrice anch’io di quella missione che è la divulgazione della fiducia nella bellezza dell’universo per il quale l’essere umano è stato creato”.

Teresiana è davvero un fiume in piena di parole, di emozioni, di trasporti emozionali che a stento si riesce ad interromperla per porgerle qualche domanda: racconta della sua esperienza personale e lo fa con tanta passione che fa venire voglia di assorbire le sue parole e, per suo tramite, l’esperienza che di cotanto l’ha arricchita come persona.

La struttura che li ha ospitati è un bene confiscato alla mafia che, dopo essere stato affidato burocraticamente all’Associazione, è stato ristrutturato in maniera completamente gratuita, grazie all’amore di molte persone che hanno creduto nella forza prorompente dei giovani che possono migliorare e “stravolgere” il futuro. Ma colui che smuove i “duri a sentire” è Don Valerio, il parroco dei giovani, che di quella folla di giovani incuriositi e quasi scettici ha fatto un popolo di liberi cittadini alla ricerca di sé.

Riflessioni, momenti di incontro, relatori, testimonianze finalizzate all’introspezione: tutto questo ed altro ancora non ha mai stancato i giovani, nemmeno quando hanno dovuto svolgere  l’attività di servizio per gli altri. Nessuno è rimasto apatico al veemente fiume di occasioni positive e riflessive da cui è stato travolto.

Un’occasione di orientamento sui generis, con numerosi relatori  che non hanno solo presentato le discipline di ogni Università, ma hanno esternato la difficoltà che si cela dietro ogni percorso di studio, senza veli né maschere, così da trasmettere il messaggio che, per raggiungere un traguardo, bisogna saper affrontare  e risolvere ostacoli e fragilità, per pervenire alla realizzazione del sogno di ciascuno.

Tornare alla vita reale, agli impegni giornalieri, dopo questa full-immersion, risulta difficile; resta impressa in ogni giovane l’intensità delle emozioni vissute, le lacrime, l’affetto toccato con mano e la consapevolezza che con l’arrivo del 17 dicembre e, conseguentemente, con il ritorno a casa, non si andava a concludere quella esperienza, ma cominciava la parte migliore della vita dei giovani che ne sono stati protagonisti.

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di Marilea Ortuso