Op. Ducale, Barillà e la 'passione' per la politica: 'Me ne fotto se vince Minicuci, tanto Sera sale'

L'ombra della cosca Araniti sulle elezioni del 2020. Centrale la figura 'bipartisan' di Daniel Barillà

Dettagli inquietanti che intrecciano politica e mafia in un reticolo complesso di alleanze, promesse e minacce. È quanto emerge dalle conversazioni intercettate e dalle testimonianze raccolte dagli inquirenti nell’ambito dell’operazione Ducale che dipingono un quadro in cui la ‘ndrangheta non solo influenza, ma guida attivamente le scelte elettorali e le strategie politiche.

Barillà, è un politico fortemente “corteggiato” da più parti perché capace di movimentare un apprezzabile numero di consensi elettorali nella Provincia di RC e non solo nei territori che controlla la famiglia di ‘ndrangheta, ossia Domenico Araniti, al quale è legato da vincoli di affinità”.

È quanto si legge nell’ordinanza dell’operazione messa in atto ieri mattina dai Carabinieri del Ros di Reggio Calabria in merito a presunti illeciti avvenuti nel corso delle ultime tornate elettorali. Centrodestra e centrosinistra ugualmente coinvolti, tutti “veicolati” dalla stessa “forza”, l’indagato Daniel Barillà.

Al centro della bufera sono finiti, in particolar modo, Fratelli d’Italia e il Partito Democratico, con gli esponenti Giuseppe Neri e Giuseppe Sera. Tra gli indagati anche il sindaco Giuseppe Falcomatà.

Chi è Daniel Barillà

“La figura del Barillà in ambito sociale è sicuramente associata alla famiglia Araniti, che vanta una storica e importante posizione nel panorama delinquenziale reggino, in ragione dei suoi legami di affinità con il boss Domenico Araniti per averne sposato la figlia, sicché ogni relazione, di natura politica/elettorale, con lo stesso Barillà lascia ragionevolmente ipotizzare, ritenere, che alle sue spalle si possa muovere la famiglia di ‘ndrangheta.

Tutti sanno – si legge ancora nell’ordinanza – dei legami del Barillà con la famiglia Araniti, anche il Falcomatà che ha stretto relazioni con il Barillà politiche/elettorali per il ballottaggio relativo alle comunali 2020″.

Per gli inquirenti, “è fatto notorio che sia legato alla famiglia Araniti, di ‘ndrangheta, così com’è scontato che chi instaura relazioni politiche/elettorali con il Barillà sappia di allacciare rapporti con un territorio caratterizzato dalla influenza mafiosa esercitata dalla cosca Araniti”.

Lo spostamento dei voti

Lo sanno quindi Neri, Sera, Battaglia, Falcomatà, Kangas, Dattola e lo sa anche Creazzo Antonino che aveva ugualmente “corteggiato” per le elezioni regionali 2020  Barillà per farsi appoggiare nella campagna elettorale che stava conducendo in favore del fratello Domenico, prima di comprendere che Barillà aveva deciso di sostenere Neri, candidatosi con lo stesso schieramento politico – FdI – voltando di fatto le spalle al candidato Battaglia e quindi al suo partito di appartenenza”.

Dalle carte emerge inequivocabilmente l’intento di Barilla per le elezioni regionali 2021, che era quello di apparire all’esterno come sostenitore del candidato Mimmetto Battaglia, per le ragioni storiche che lo legavano politicamente e personalmente a quest’ultimo, per poi muoversi liberamente per procacciare voti a favore di Peppe Neri, senza attirare le attenzioni investigative e mediatiche sempre più insistenti.

Barillà non aveva mai creduto che Battaglia potesse essere eletto, tuttavia, non intendeva recidere i rapporti con il centrosinistra, poiché la sua reale politica era, soprattutto, quella di lasciare sempre una porta aperta. Per lo stesso motivo e per non compromettere il legame con il sindaco Falcomatà aveva altresì deciso di distribuire una parte del suo pacchetto di voti a favore del candidato scelto da quest’ultimo, Giovanni Muraca.

«C’è una zona a Salice che sono comunisti da una vita» supportano Battaglia, però potrebbero tranquillamente girare i voti sullo stesso Muraca una volta ottenuto il via libera. Ed ancora, affermava che sulla città «molti degli accordi di Mimmo sono miei soprattutto» portando ad esempio l’imprenditore Ignazio Borruto che «è mio compare» e poteva contare su «cinquantaquattro dipendenti».

All’indomani della chiusura della campagna elettorale per le elezioni regionali 2021, avendo ormai compreso la sconfitta elettorale di Battaglia, Barillà si confrontava ancora una volta con il suo ritrovato compagno di viaggi elettorali, Neri per comprendere le future strategie. Nel dettaglio, chiedeva «un consiglio… da amico», vista la sua intenzione di licenziarsi dall’esponente dem:

“Da domani… mi licenzio, definitivo”.

“Ha finito! Che ti licenzi tu? Si è licenziato lui”.

La decisione di Barillà di appoggiare, invece, Sera per le comunali del 2020, secondo gli inquirenti è “sicuramente opportunistica”, perfettamente condensata in una frase pronunciata dallo stesso il 17.09.2020 allorquando, dopo aver definitivamente sciolto ogni riserva sul suo appoggio affermava:

«…comunque devo dirti… se vince MINICUCI, io me ne fotto!… perché a me… tanto Peppe SERA viene eletto… me ne fotto… ma il problema non è il fatto di MINICUCI o di FALCOMATÀ, il problema è che tutti votano FALCOMATÀ… alla fine a chi cazzo devi votare».

Giuseppe Francesco Sera, noto come Peppe, era un candidato alle comunali del 2020, delegato all’Urbanistica della Città Metropolitana di Reggio Calabria e presidente della Commissione Permanente Assetto del Territorio e ERP. Le conversazioni intercettate mostrano come Barillà, nonostante alcune frizioni con il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà, abbia deciso di sostenere Sera nelle comunali, riconoscendo il valore strategico di questa alleanza. Durante le nozze dei coniugi Barillà/Araniti nel maggio del 2019, Sera era presente, sottolineando i forti legami di amicizia e collaborazione politica con Barillà.

Gli investigatori hanno evidenziato che Barillà era ben consapevole del suo ruolo e della necessità di mantenere relazioni con vari esponenti politici, inclusi i rappresentanti del PD come Giuseppe Falcomatà.

La scelta di appoggiare Sera per le comunali del 2020, ad esempio, è stata interpretata come un’azione strategica per mantenere l’influenza della cosca nel contesto politico locale. Le intercettazioni mostrano Barillà discutere apertamente delle sue manovre politiche, affermando che il sostegno a Sera era inevitabile, data la prevalenza di voti per Falcomatà.

Oltre alle manipolazioni elettorali, le indagini hanno rivelato episodi di minacce e intimidazioni al Presidente della Coldiretti di Catona ed al titolare di una scuola guida reggina. Barillà e Ignazio Borruto sono stati accusati di aver promesso voti a Neri utilizzando metodi mafiosi, compresa l’intimidazione esplicita. Sebbene Borruto non sia formalmente parte dell’organizzazione mafiosa, la sua stretta vicinanza a Barillà e Araniti Domenico solleva sospetti di complicità e collaborazione.

Le minacce non erano solo verbali. Le conversazioni intercettate indicano che Barillà e i suoi alleati erano pronti a utilizzare la violenza per garantire il controllo politico della cosca, rendendo chiaro che il voto di scambio politico-mafioso era una pratica diffusa e accettata.

foto: Gazzetta del Sud