‘Musikanten’, Negramaro: Che fine ha fatto il verde coniglio?


di Enzo Bollani – Alcune volte mi sorge un dubbio: e se i Negramaro avessero registrato un solo disco?

Quanti, oggettivamente, trovano meravigliosa la cover di Meraviglioso?
Quanto c’è di spontaneo e quanto di autocompiacimento del sempre più solistico Giuliano Sangiorgi?
Quante altre canzoni sono rimaste negli annali, dopo il successo di “Mentre tutto scorre” ed “Estate”?

Da ascoltatore, telespettatore distratto dal fatto che la televisione sia presente ma quasi sempre spenta, anche quando ci sono cosiddette trasmissioni culturali, spesso faziose e culminanti in nane ripetitive e stanche, mi viene il dubbio che i Negramaro siano finiti al termine del primo disco mainstream, o da venduti, o da troppo poco indie per tornare a Brand:new, dove io spinsi perché venissero.
Ma è un dubbio, anche molto discutibile.

Non è tutto oro quello che luccica, non è tutto O.R.O. quello che dura il battito d’ali di una farfalla impazzita, così come non è tutto incontraddicibile quello che dico, o che scrivo nello stesso modo in cui parlo, peraltro.
Quindi, per quanto riguardi me, di scrivani fantasmatici non ce ne saranno mai.
Per fortuna, o purtroppo.

Purtroppo per gli scrivani fantasma, così come per gli eventuali editor.
Qualora decidessi mai di capitalizzare quello che è il mio modo di scrivere, e pare che siamo lì.
A proposito di scrittori che parlano come scrivono e viceversa, c’è da evidenziare il fatto che:
1. Non mi reputo scrittore.
2. C’è già Fabio Volo.
3. Non me lo ricordo più.

Il punto 3 mi ritorna in mente, mentre le sinapsi cedono, all’apparenza, o fingendo male: il primo disco serio dei Negramaro, ossia quello in questione, arrivato dopo lo sperimentale 00577, è stato colonna sonora de “La Febbre”, il film di Stefano D’Alatri girato a Cremona, terra non facilmente battuta dalle cineprese, nonostante i natali dati a Ugo Tognazzi, con un Fabio Volo indiscutibilmente capace di essere credibile, per non dire bravo.
E non è che non lo dica per partito preso, perché con Fabio Volo ho avuto ottimi rapporti, le volte che ho avuto a che fare con lui, e perché non so snobbare chi snobba i congiuntivi.

Ci vuole di più.
Preferisco snobbare quelli che puntano sui congiuntivi per provare a sfondare a Sanremo.

Tornando al Re dei congiuntivi, aka Fabio Volo, io l’ho visto al massimo delle sue potenzialità, in quel film ben combinato alla colonna sonora.
Sarà perché a Cremona giocasse quasi in casa, e quindi il suo accento basso bresciano misto bergaveronese misto tante cose fosse molto credibile, oppure perché tutto era perfettamente 2005, come il CD che vola fuori dal finestrino, in una scena.
Persino la presenza di Cochi Ponzoni e del figlio di Enzo Jannacci, mio docente e amico, nonché medico, era molto allineata alla metà degli anni Duemila, ormai lontani.

Insomma, per tornare sul tema, diviene difficile anche per me, che i Negramaro li stimo come pochi, ammettere che forse dormano ancora su quegli allori di allora (per allettare gli allocchi e citare uno che ha ambientato romanzi in pianura), e che forse siano destinati a finire presto, perché Sangiorgi prenderà il sopravvento.

È successo ai Subsonica, ed è fin troppo facile pensare possa succedere anche a loro e alle loro foglie, nonostante i loro concerti siano uno show di altissimo livello.
Ma per me, che la musica la conosco quel poco, ascoltate “Attenta” fa venire in mente troppo Enzo Carella, con la differenza che manchi di ironia e forse anche di intensità.

Mentre il contrario esatto accadeva con quel disco bellissimo, dove tutto scorreva e scorre ancora, perché si è saputo consegnare all’eternità, o all’immensità, posizionandosi come 38esimo nella classifica di Rolling Stones dei dischi italiani più belli di sempre.

83 settimane di classifica, con 600mila copie vendute, sono difficili da replicare, quasi impossibili da bissare.
Ma per questa bellezza, ringrazio Caterina Caselli, e anche Red Ronnie, perché lui è stato il primo a crederci, a quanto pare.

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