Maysoon Majidi scarcerata: “Ho perso un anno di vita, non è giusto”

"Io ho perso un anno di vita che nessun risarcimento potrà mai restituirmi. Sono rimasta in carcere 300 giorni per non aver fatto nulla"


Ha dormito per la prima volta da dieci mesi in un letto comodo, lontana dal carcere, e stamattina è andata dalla parrucchiera a farsi sistemare i capelli.

Scarcerazione di Maysoon Majidi dopo dieci mesi di detenzione

È uscita dal carcere di Reggio Calabria poco dopo la mezzanotte Maysoon Majidi, attivista per i diritti umani arrestata il 31 dicembre 2023 a Crotone con l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, perché ritenuta essere la scafista di un’imbarcazione giunta sulla spiaggia di località Gabella con a bordo 77 migranti.

Dopo dieci mesi di carcere, la donna è stata rimessa in libertà su disposizione del Tribunale di Crotone che, alla luce degli elementi fatti emergere dalla difesa nel corso dell’udienza fiume di ieri, ha accolto la richiesta dell’avvocato Giancarlo Liberati di revocare la misura cautelare in carcere.

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Lo sfogo di Maysoon Majidi dopo la scarcerazione

“Io ho perso un anno di vita che nessun risarcimento potrà mai restituirmi. Sono rimasta in carcere 300 giorni per non aver fatto nulla. Non è giusto”.

È stato lo sfogo di Maysoon Majidi mentre attendeva l’esito della camera di consiglio del Tribunale. Poi, quando è stata scarcerata, ha gioito alzando la mano e mostrando tre dita, il simbolo usato da chi combatte per i diritti umani. Maysoon è ora ospitata in un appartamento a Reggio Calabria messo a disposizione dall’avvocato Liberati, dove resterà fino all’udienza conclusiva del processo, prevista per il 27 novembre.

L’ordinanza del Tribunale e la revisione del caso

L’ordinanza del Tribunale, presieduto dal giudice Edoardo D’Ambrosio, ribalta tutta l’indagine svolta dal reparto navale della Guardia di Finanza di Crotone, coordinata dal sostituto procuratore Maria Rosaria Multari.

“I testimoni escussi nell’odierna udienza – è scritto nell’ordinanza di revoca della misura cautelare – hanno in gran parte ridimensionato il quadro accusatorio facendo emergere come la Majidi piuttosto che aver svolto un ruolo chiave nell’agevolare la condotta del capitano in ordine al reato di immigrazione clandestina, era invece una mera migrante a bordo dell’imbarcazione”.

Assenza di gravi indizi di colpevolezza

Secondo i giudici, “pur emergendo che l’imputata ha avuto dei contatti nell’imbarcazione con il capitano (tale da profilare una interlocuzione sfociante financo in un inizio di amicizia) e sia poi fuggita a bordo del tender proprio con quest’ultimo, le dichiarazioni rese tanto dal capitano che dagli ulteriori migranti non consentono di ravvisare, allo stato, quei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Inoltre, “l’analisi dei dati estrapolati dai telefoni sia del capitano che della Majidi non ha offerto riscontro al compendio probatorio in chiave accusatoria ed anzi risulta compatibile con l’ipotesi alternativa fornita dalla difesa”.

Per questo motivo, “in ragione del mutato quadro cautelare, delineante quantomeno una situazione di incertezza circa il ruolo realmente svolto dall’imputata nell’imbarcazione, la misura cautelare per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina deve essere revocata”.