“L’alba di un nuovo giorno”: il futuro dipende da noi
Le riflessioni di Serena, giovane studente del Liceo classico Campanella di Reggio Calabria
02 Maggio 2020 - 17:33 | Riceviamo e pubblichiamo
“A partire dal 9 marzo 2020 le nostre vite sono cambiate. Un silenzio assordante è piombato improvvisamente tra le strade deserte che circondano le abitazioni. Di tanto in tanto si distingue, in lontananza, il rombo di un motore.
Il rumore caotico della città è scomparso, qui tutto tace. Telegiornali, programmi televisivi e quotidiani ci aggiornano costantemente riguardo la situazione corrente. Si legge nelle parole di chi informa la voglia di rassicurare, ma gli occhi tradiscono la paura dell’ignoto. Si ascoltano i messaggi di amici, parenti e gente che vive da vicino questa situazione e il tremolio delle voci tradisce il senso di impotenza. Si vedono medici che si affannano con turni estenuanti per far fronte alle emergenze e si vede nei loro volti il voler fare, ma anche l’assoggettamento a quanto sta accadendo.
Tutto ciò che non si può vedere, gestire e controllare genera timore. Questo mostro invisibile non lascia spazio alla serenità proprio perché non si conosce bene. Muta continuamente da persona a persona e con essa la sua virulenza.
Si sente parlare di “untori”, “focolai”, “lazzaretti”. Sembra di aver intrapreso un viaggio nel passato, catapultandoci nella celebre opera di Alessandro Manzoni, “I promessi sposi”, in cui si narra della peste che colpisce Milano tra il 1630 e il 1631.
Un’aria simile caratterizza la peste nera che imperversa su Firenze nel 1348, facendo da sfondo alle novelle narrate nel “Decameron” di Giovanni Boccaccio. Più recente è, invece, la “Peste” di Camus in cui l’autore ci informa riguardo l’epidemia che aveva colpito Orano, comportando inevitabilmente l’isolamento della città. Tra le righe di questo racconto è possibile trovare delle analogie con la situazione odierna, come se volesse essere una predizione.
Da non dimenticare sono gli esempi più antichi come la narrazione di Tucidide riguardo la pestilenza che colpì Atene nel 430 a.C., dalla quale attingerà Lucrezio nel “De rerum natura”. Quella che fino ad ora sembrava essere solo la trama di un film drammatico, adesso si è mutata in realtà. C’è ancora chi sottovaluta la gravità di ciò che stiamo vivendo ed imperterrito continua ad uscire, senza adottare i mezzi di prevenzione richiesti.
Non è questo il momento di fare i supereroi, non siamo immortali né immuni alle malattie. Dobbiamo limitarci ad attenerci alle regole, per il bene nostro, dei nostri cari e della gente che ci circonda.
Sarebbe bene sfruttare questo “tempo libero” per approfondire le nostre conoscenze, ampliare il nostro bagaglio culturale, far emergere talenti nascosti o portare avanti le nostre passioni. Possiamo leggere un buon libro, contrastare il silenzio angosciante suonando o ascoltando buona musica, mettere per iscritto i nostri pensieri, dipingere il tramonto che ogni sera, con animo nostalgico, sogniamo di ammirare seduti sulla sabbia.
In questo momento, più di ogni altro, vi è bisogno di collaborazione e solidarietà reciproca. Se ognuno di noi, nel proprio piccolo, tentasse di fare il possibile per prevenire contagi, questo incubo diventerebbe solo un lontano ricordo.
Presto potremo mettere da parte questi schermi che “accorciano le distanze”, privandoci della bellezza di sentimenti che si celano dietro un rapporto face to face e forse, alla fine, torneranno di moda anche gli abbracci”.
Serena Luvero, IV F – Liceo Classico “T. Campanella”