Lettera scarlatta sulla Calabria, migliaia di cittadini in piazza a protestare
A Reggio Calabria i manifestanti si sono riuniti a piazza Italia. Un vero e proprio bagno di folla per dire "no" alla zona rossa ed al nuovo lockdown
05 Novembre 2020 - 19:52 | di Eva Curatola
Il Governo nazionale ha segnato una ‘bella’ lettera scarlatta sulla Calabria. Da domani, 6 novembre 2020, nella regione del sud Italia si torna al lockdown, leggermente diverso da quello già vissuto nei mesi di marzo, aprile e maggio, ma pur sempre troppo duro.
Il colore che tinge la Calabria non sarà forse uguale a quello utilizzato da Nathaniel Hawthorne sul famosissimo romanzo, ma ci si avvicina molto. Indicare una regione come “Rossa” vuol dire marchiarla come territorio “ad alto rischio di contagio“. Ma perché farlo in una terra in cui i nuovi casi registrati sono quasi al minimo nazionale?
È la stessa domanda che si sono posti i calabresi che, questa sera, prima dello scoccare della mezzanotte e quindi dell’entrata in vigore del nuovo DPCM, sono scesi in piazza a protestare per i loro diritti, uno in particolare: la libertà.
I calabresi scendono in piazza
Già nei giorni scorsi i calabresi avevano dato all’intero Stivale una prova di maturità. Sit-in pacifici in cui i cittadini avevano trovato il modo di far sentire la loro voce senza mai scadere in risse, aggressioni, tragedie, come invece spesso è accaduto in altre parti d’Italia.
Anche oggi, dopo le ultime disposizioni imposte dal Premier Conte, i calabresi sono tornati nelle piazze che tanto amano e che da domani non potranno più frequentare e, questa volta, il loro grido d’aiuto è stato ancor più prepotente. Nessun politico, né di destra, né di sinistra, a fare da sfondo, solo cittadini comuni che da Reggio Calabria a Catanzaro, passando anche per i piccoli comuni come Gioia Tauro ha espresso chiaramente le sue riserve sulle nuove restrizioni.
Bagno di folla a Reggio Calabria
I reggini sono famosi per essere un po’ “poltroni“, eppure oggi, di fronte alla certezza di essere di nuovo confinati in casa ed all’incertezza di avere ancora un futuro, si sono dati appuntamento nelle piazze del centro città. Piazza De Nava, piazza Garibaldi, piazza Italia è da qui che i cortei di manifestanti sono partiti per radunarsi davanti il palazzo del Governo sotto un’unica bandiera, quella di una città che non vuole altro che lavorare e vivere dignitosamente.
Imprenditori, attivisti, dirigenti, commercianti, uomini, donne, bambini, in piazza ci sono davvero tutti e sembrano davvero essere in migliaia. Più volte chi prende la parola ricorda che quella di Reggio Calabria è una protesta pacifica, volta solo a far sentire la voce della comunità e non a creare scompiglio. È per questo motivo che, a più riprese, una persona al megafono continua a ripetere di indossare tutti le mascherine e rispettare il distanziamento sociale.
Reggio Calabria sa bene che il Covid c’è, è presente anche in città, ma si domanda perchè proprio la Regione a cui appartiene dovrà pagare il prezzo così alto di un nuovo lockdown.
Il commissariamento
Impossibile non far riferimento al recente Decreto Calabria discusso proprio ieri in sede di Consiglio dei Ministri. La legge che ha visto il commissariamento della Regione per lungo tempo torna a far preoccupare i cittadini che, in fondo, non vorrebbero altro che poter usufruire di una sanità civile.
Con il passare dei minuti gli animi in piazza si sono, inevitabilmente, scaldati e la rabbia dei reggini è venuta fuori attraverso discorsi contro la politica e la mala gestione della sanità da parte della regione.
Il triste epilogo
Adesso non resta che sperare. I manifestanti sono scesi in piazza per ricordare al mondo che “Reggio Calabria non è fatta di cittadini di Serie B e che non si può sempre cedere ai ricatti di chi ci amministra da lontano senza conoscere nulla di questa terra”.
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