Il Vermocane nel mare della Calabria: una minaccia in crescita

Invasione al Sud Italia. Cos'è e quali sono i pericoli per l'uomo. Minaccia l'ecosistema marino ed anche la pesca

Vermocane 1

Negli ultimi anni, le acque della Calabria sono state invase da un nuovo abitante marino: il vermocane. Conosciuto scientificamente come Hermodice carunculata, questo invertebrato è diventato una presenza sempre più comune e preoccupante lungo le coste calabresi e non solo.

Il suo aspetto ricorda quello di un millepiedi colorato e il corpo è coperto da aculei urticanti. Queste setole contengono tossine che, al contatto con la pelle umana, possono causare bruciore, rossore, intorpidimento e prurito persistente. In alcuni casi, il contatto può scatenare reazioni allergiche e infezioni, richiedendo l’uso di creme a base di cortisone per alleviare i sintomi.

Diffusione e impatti ambientali del vermocane

Originariamente, il vermocane era più comune nel canale di Suez, ma il surriscaldamento globale e le ondate di calore anomalo hanno favorito la sua proliferazione nelle acque del Mediterraneo, minacciando le coste della Sicilia, della Calabria e della Puglia. Questo predatore vorace, noto anche come “verme di fuoco”, è ghiotto di polpi e coralli, causando gravi danni alle barriere coralline e agli ecosistemi marini. La loro presenza sta alterando l’equilibrio ecologico, mettendo a rischio la biodiversità marina.

La sua rappresenta una seria minaccia per la pesca locale. I pescatori spesso trovano le loro reti saccheggiate da questi invertebrati, che si impigliano tra le maglie e divorano i pesci imprigionati, entrando dagli occhi e scavando all’interno del corpo del pesce. Questo fenomeno ha gravi ripercussioni economiche per l’industria della pesca.

Anche i bagnanti sono a rischio, poiché il vermocane è stato avvistato sempre più frequentemente vicino agli scogli e sulla riva delle località turistiche del Sud Italia. Questo ha portato a un aumento degli avvisi di sicurezza e delle misure preventive per evitare dolorosi incontri con questo animale.

Monitoraggio e Studi Scientifici

Per affrontare questo fenomeno, i biologi dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) di Trieste hanno avviato laboratori a Panarea e Milazzo.

“Oggi il caldo ha trasformato questa specie in un problema – spiega Michela D’Alessandro, biologa dell’OGS. Stiamo cercando di sensibilizzare le autorità pubbliche perché al momento non c’è nemmeno troppa consapevolezza e i pescatori a volte assumono cortisone prima di uscire in mare per prevenire il dolore.”

È essenziale continuare a monitorare e studiare questa specie per mitigare i suoi impatti negativi e proteggere gli ecosistemi marini e le comunità costiere.

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