Anche in Calabria come nel resto del Paese la grande fuga dai libri
La Calabria è prima regione italiana ad avere la percentuale più bassa di famiglie che non ha libri in casa. Siamo di fronte a una emergenza culturale gravissima
22 Aprile 2019 - 02:08 | Riceviamo e pubblichiamo
Quando ci interroghiamo su cosa possa fare originare lo scatto d’orgoglio che manca oggi a questo nostro Paese, immaginiamo le risposte più varie, le più disparate,tranne una, la più distante dal pensiero dominante: studiare e leggere. Studiare tutti e leggere tutti. Dal più anziano al più giovane. Dal Nord al Sud.
E’ quanto si auspica,ogni anno, dal 1996, per la Giornata mondiale Unesco del Libro e del diritto d’autore finalizzata a celebrare i molteplici ruoli del libro nella vita della società umana e per proporre una riflessione seria sulle politiche culturali, dove centrale resta l’educazione alla lettura e l’importanza delle biblioteche intese non solo come luogo di conservazione e di accumulazione, ma come centri vivi di rielaborazione e di produzione di cultura.
Per tradizione l’Italia è un paese dove si legge poco e finiamo in fondo alla classifica.
Non a caso le nazioni europee più evolute e civilizzate, con una migliore qualità della vita e un’efficienza diffusa nei diversi settori, sono proprio quelle in cui la percentuale dei lettori è nettamente superiore.
Secondo i dati dell’AIE (Associazione Italiana Editori) la Svezia è lo stato europeo con più lettori, il 90% della popolazione ha letto almeno un libro nell’ultimo anno. In Danimarca la percentuale è l’82%. Insomma, leggendo i dati europei l’Italia è agli ultimi posti nella classifica dei lettori: soltanto Cipro, Romania, Grecia e Portogallo dopo di noi.
Il principale ostacolo all’allargamento del mercato dei libri e dei quotidiani deriva dalle scadenti competenze alfabetiche degli italiani, ovvero di quell’insieme di strumenti che consentono capacità autonome di lettura,comprensione e interpretazione di un testo. Inoltre, il valore più alto di conoscenze lo si riscontra tra i 16/25enni appena usciti dalle scuole superiori o dalle università (52%),mentre il 66% della popolazione adulta e addirittura l’88% degli anziani ha uno scarso bagaglio culturale. I bassi livelli di lettura sono dovuti anche ad un analfabetismo di ritorno
Il libro, dunque, oggetto silenzioso ,insostituibile strumento di cultura, in Italia muore di freddo.
Ma quanti sono gli italiani che leggono?
Secondo le ultime rilevazioni ISTAT, pubblicate a dicembre scorso, i lettori italiani sono ancora in calo , passati dal 44,1% della popolazione di 6 anni e più del 2006 al 41% nel 2017.
Il divario tra uomini e donne nella propensione alla lettura si è consolidato progressivamente a partire dai primi dati riferiti al 1988, anno in cui la differenza in favore delle donne era di 5,6 punti percentuali mentre nel 2017 è di 12,6 punti, valore stabile dal 2010.
Le età della lettura
Le quote più alte di lettrici si riscontano tra le ragazze di 11-19 anni: 65,1% tra 11-14 anni, 68,8% tra 15 e 17 anni e 62,7% tra 18 e 19 anni. Si scende sotto il 50% dopo i 60 anni mentre per gli uomini le percentuali sono più basse in tutte le classi di età (dal 48,0% tra gli 11 e i 14 anni al 28% degli ultrasessantenni.
I “lettori forti”, ossia coloro che dichiarano di leggere in media un libro al mese si riscontrano tra le donne (14,2%) e tra le persone tra i 65 e i 74 anni (17,4%). L’incidenza percentuale è inoltre più alta tra le persone con titolo di studio elevato (laurea o dottorato), tra dirigenti, imprenditori o liberi professionisti (17,1%) e tra i ritirati dal lavoro (17,5%) .
Le persone che non hanno letto neanche un libro nell’ultimo anno indicano come motivazioni principali la noia e la mancanza di passione per la lettura (35,4%), il poco tempo libero a disposizione (30,0%) e la preferenza per altri svaghi (23,7%). Solo al sesto posto viene indicato il costo dei libri (8,5%) a conferma che non sono le risorse economiche la causa diretta della disaffezione alla lettura ma principalmente fattori culturali.
Diseguaglianze territoriali sociali economiche
Dal report arrivano altre conferme, come il fatto che la lettura è legata al titolo di studio e le differenze territoriali, che configurano una vera e propria «questione meridionale» che prima o poi andrà affrontata anche a livello istituzionale.
I residenti nelle regioni del Nord-est e del Nord-ovest mantengono il primato in termini di abitudine alla lettura (49,0% e 48,0%). Il Centro si posiziona come spartiacque tra le ripartizioni con un 44,5% di lettori, quota che scende al 28,3% al Sud (valore minimo) mentre nelle Isole la realtà è molto differenziata, come nel 2016: si passa dal 25,8% della Sicilia al 44,5% della Sardegna .
Anche l’offerta di servizi (librerie e biblioteche) e iniziative collegate influenzano la propensione alla lettura. La tipologia comunale è un ulteriore elemento discriminante rispetto all’abitudine alla lettura che risulta molto più diffusa nei comuni centro dell’area metropolitana (49,1% di lettori) che in quelli con meno di 2mila abitanti (37,0%).
Al di là del contesto territoriale di residenza, la lettura si conferma un comportamento fortemente condizionato dall’ambiente familiare. La propensione alla lettura di bambini e ragazzi è certamente favorita dai genitori che hanno l’abitudine di leggere libri. Ad esempio, tra i ragazzi di 11-14 anni legge l’80% di chi ha madre e padre lettori e solo il 39,8% di coloro che hanno entrambi i genitori non lettori.
Quale la situazione nella nostra Regione?
Penultima nella classifica delle regioni (dopo di noi la Sicilia) la Calabria col 26,1% di lettori che ha letto in un anno almeno un libro, con una media italiana del 41% .Sale al 57,7 la percentuale di chi ne ha letti almeno tre in un anno,mentre scende all’8,1 la percentuale di chi ne ha letti più di dodici.
Anche nella nostra regione si registra negli ultimi anni un calo progressivo di fruitori di lettura, nel 2015 la percentuale fu del 28,8, nel 2014 del 29,9 e nel 2013 del 34,5%.
I dati Istat indicano come dall’inizio di questo decennio ci sia stato un calo dei bambini che leggono, comune – anche se in misura diversa – alle varie fasce d’età.
La fascia di età dagli 11 ai 14 anni è scesa dal 63,6% del 2006 al 55,9% del 2017, così quella dai 15 ai 17 anni dal 63,6% al 50,3%. siamo ancora al di sotto dei livelli di qualche anno fa. Non va trascurato che questo calo è in parte sovrapponibile agli anni della crisi economica e dell’aumento della percentuale di famiglie in povertà assoluta.
Secondo Openpolis la percentuale dei minori che non ha letto un libro nel 2017 è stata del 66% .In tre grandi regioni del mezzogiorno, la già citata Sicilia, la Campania e la Calabria, più di 2 bambini e adolescenti su 3 non hanno letto libri nell’ultimo anno.
I dati mostrano che nel tempo è aumentata la quota di famiglie che possiedono libri: nel 2017 erano l’89,4%, ma dal 2009 in poi il 10% di famiglie ha dichiarato di non avere libri in casa.
La Calabria è prima regione italiana ad avere la percentuale più bassa di famiglie che non ha libri in casa ,il 17% ne possiede da uno a dieci, il 15% da undici a venticinque, il 4,5% più di quattrocento.
Anche questo dato è praticamente costante da quasi un ventennio. Di fronte a questa evidenza, si pone il tema di garantire un’offerta pubblica adeguata, in questo caso a partire dalle biblioteche.
La diffusione e il ruolo delle biblioteche
Secondo le statistiche dell’ICCU (Istituto centrale catalogo unico biblioteche) in Italia il numero delle biblioteche al 31 dicembre 2018 ammonta a 13.959 , di cui 456 in Calabria,dieci in più rispetto all’anno precedente.
Il confronto con i Paesi stranieri è deprimente.
Esiste anche un “Sud delle biblioteche”. Più si scende, più la situazione peggiora. Basti pensare che il 51,4% delle biblioteche è al nord, il 20,6% al centro e il 28% al Sud, e oltre la metà delle istituzioni del Mezzogiorno, dice l’Istat, ha un patrimonio librario inferiore ai 5mila volumi.
Riguardo le biblioteche scolastiche, poi, secondo l’AIE, il 97% delle scuole ha dichiarato di avere una biblioteca, ma con limiti tali(mancanza di postazioni internet, assenza di personale specializzato)da renderla spesso inagibile e quindi inutile.
Non c’ è dubbio che va sollecitata una nuova stagione della lettura e del libro nel momento della massima espansione della comunicazione televisiva e multimediale. Negli ultimi anni ,infatti, si sta lentamente diffondendo il consumo dei prodotti editoriali digitali. Nel 2017 circa 6,2 milioni di persone di 6 anni e più ,che rappresentano il 10,8%, hanno letto o scaricato e-book o libri on line, in decisa crescita rispetto all’8,2% del 2015, ma sostanzialmente stabile rispetto al 2016 .
La lettura e il download di libri on line e e-book sono attività diffuse soprattutto tra i giovani: 24,1% tra i 15 e i 17 anni, 23,1% tra i 18 e i 19 anni e 20,7% tra i 20 e i 24 anni.
E’ necessario, dunque, allargare il mercato e i consumi culturali se vogliamo che il libro sopravviva e cresca nelle biblioteche, nelle librerie e nelle case degli italiani.
L’obiettivo è capire come si impara a leggere e come il nostro sistema scolastico ,soprattutto nelle fasi iniziali, riesca a produrre lettori.
La scuola è perciò chiamata in prima persona a costruire un rapporto tra il giovane allievo ed il libro come momento positivo e di crescita spirituale e culturale.
Nella scuola e negli studenti manca l’abitudine al leggere. Non basta studiare testi ,bisogna leggerli, commentarli, discuterli. I libri vanno “vissuti” nell’ambito scolastico perché lettori si diventa
Nella scuola e negli studenti manca l’abitudine al leggere. Non basta studiare testi ,bisogna leggerli, commentarli, discuterli. I libri vanno “vissuti” nell’ambito scolastico perché lettori si diventa. Imporre la lettura come un dovere è soltanto un disincentivo:leggere deve essere un piacere.
In molti paesi la narrativa è obbligatoria, invece noi la stiamo perdendo. Servono pratiche didattiche legate al libro:visite frequenti nelle biblioteche e nelle librerie, il recupero della biblioteca di classe collocata dentro al piano dell’offerta formativa d’istituto, non chiusa dentro i confini della scuola.
Sembrano non avere sortito grandi effetti le iniziative dei bonus docenti e dei bonus diciottenni di 500 euro finanziati dagli ultimi governi per i consumi culturali. Per fare un semplice esempio: nell’anno 2018 il 77,4% dei fondi a disposizione è stato utilizzato dagli insegnanti per l’acquisito di hardware e software; a seguire, con il 14,93% dell’importo totale, troviamo l’acquisto di libri e testi, anche in formato digitale.
Dare soldi a pioggia – ma senza una programmazione né una sistematicità – per incrementare i consumi o la disponibilità non significa fare educazione alla lettura, né in generale formazione culturale
Siamo di fronte a una emergenza culturale gravissima,che è più grave per il fatto di non aver tratto origine dalla crisi da questi anni, ma di precederla di decenni.
L’incapacità di reazione della società italiana, il senso di depressione e di sfiducia, hanno anche una origine culturale non solo economica. E’impensabile risalire la china senza affrontare questo focolaio di sottosviluppo che è la scarsa diffusione degli strumenti dell’informazione e della cultura.
Fonte: Guido Leone già Dirigente tecnico USR Calabria