Calcio – Ghirelli: ‘Mi chiedo se davvero convenga concludere il campionato’
Ricca di contenuti l'intervista al presidente: "Promozioni e retrocessioni, discussioni fuori luogo"
28 Marzo 2020 - 17:01 | redazione
Una lunga intervista quella rilasciata dal presidente della Lega Pro Francesco Ghirelli a tuttoC.com. Ne riprendiamo alcuni passaggi: “Nel corso di queste settimane ho mantenuto un rapporto continuo con i presidenti, spiegando passo per passo cosa stesse avvenendo. Però è bene che a un certo punto ci si incontri in assemblea. Sono sincero: volevo convocarla anche prima. Però poi mi sono accorto che dobbiamo potenziare il collegamento: abbiamo 60 club, non è come Serie A o Serie B. Ci sono anche difficoltà tecniche e serve una buona linea ovviamente.
In una fase di questo genere, io capisco lo sconcerto e le domande sul futuro di molti di loro. Però vedo due situazioni distinte: c’è un’area che va da Bergamo alla Lombardia, all’Emilia e al Piemonte, dove i presidenti sono angosciati perché lì le persone muoiono come le mosche. E ci sono zone dove magari hanno più tempo e sentono meno tensione. Così alle volte qualcuno può abbandonarsi a cose che non sono attinenti all’umore di questa fase. Io penso che si debba avere rispetto della gente che sta morendo e soffrendo, che dobbiamo concentrarci sulle cose fondamentali: provare a mettere in linea di galleggiamento la barca della Lega Pro, perché la crisi l’ha veramente colpita. Dobbiamo evitare di fare discussioni che avrebbero riflessi negativi.
Per esempio, penso a quelle sulle retrocessioni. Certo, sono importanti, ma c’è un tempo per ogni cosa. Ora il rischio è quello della continuità aziendale, e pesa l’incomprensione dell’AIC di capire il momento. Dobbiamo capire che vanno fatti dei sacrifici, perché la barca rischia di affondare. I nostri 60 presidenti hanno un’altra azienda oltre alla squadra di calcio, e sono preoccupati anzitutto delle sorti di quell’azienda. Se fossero posti davanti a una scelta tra le due, abbandonerebbero il calcio. E farebbero bene, aggiungo.
Mi chiedo se davvero convenga concludere il campionato. Mi spiego: noi ragioniamo sulla causa esterna, un virus che ha cambiato il Paese e anche il campionato. Ma se lo stop fosse arrivato per motivi diversi avremmo ragionato in modo diverso: io ho qualche dubbio che riprendere possa tornare utile ai club. Il punto è, comunque, che dobbiamo trovare delle soluzioni mantenendo l’unità che è stato un punto di forza della nostra Lega. Dobbiamo conquistare con una politica intelligente il consenso del governo e dei parlamentari. Spero a tal proposito che i presidenti in questi giorni parlino con i senatori e i deputati dei loro territori. Che svolgano una semplice azione d’informazione sul calcio che fa bene al Paese. Noi abbiamo 60 società, lo dico chiaramente: parliamo, facciamo conoscere, facciamo capire perché vogliamo la CIG, la dilazione ulteriore dei pagamenti, delle tasse, dei contributi, degli affitti.
Tornare in campo è la speranza di tutti. Se lei mi chiedesse quando vorrei riprendere le direi: domani. Gravina sente la preoccupazione generale del sistema, che deve reggere a livello finanziario ed economico. E d’altra parte sente il ruolo che la Federcalcio ha, anche a livello mediatico: dire che il campionato di calcio si ferma definitivamente, a chi soffre e muore o vede i propri cari morire, vorrebbe dire togliere una speranza di ritorno alla normalità. Ed è una cosa che giustamente non ha fatto nessuno, a partire dal governo. Detto questo, dobbiamo calarci nella realtà del Paese. Noi della Serie C siamo il calcio del territorio, il calcio del sociale. Ma che cavolo di lega siamo, se non capiamo quello che sta succedendo? Se la discussione è chiedersi se una squadra retrocede o meno? Ma che segnale mandiamo? Per questo trovo fuori luogo certe discussioni.
Ma è davvero questo il momento di discutere su chi va in B o meno? Io credo di no, che non possa essere un tema di fronte al vuoto desolante delle città. Combiniamo un disastro se facciamo una cosa del genere. Poi aggiungo che la Lega Pro ha già pensato a quello che succederà. Alla stagione 2020-21. E le dico che è il vero disastro per il calcio è lì. Finché non avremo un vaccino, sarà durissima tornare allo stadio, direi quasi impossibile. Altro che ricominciare davvero. Quando succederà, vedremo un calcio che non abbiamo mai visto, e sarà durissimo, anche a livello economico, per chi, come noi, vive sul rapporto con la propria tifoseria e i propri spettatori”.