Francesco Carannante, scrittore nato in un carcere calabrese
19 Settembre 2017 - 09:37 | di Vincenzo Comi
È di recente uscita (per la casa editrice calabrese Ferrari Editore) “Sulla linea… La mia vita dietro le sbarre”, un romanzo-memoir di Francesco Carannante che sta facendo parlare, discutere e commuovere per la sua forza dolceamara. L’autore è, infatti, narratore e protagonista di una storia vera e forte, scritta all’interno di un carcere. Francesco Carannante, originario della Campania, arrestato giovanissimo, agli inizi di una possibile carriera criminale, ha avuto una pesante condanna.
Oggi è detenuto con “fine pena mai” in Calabria, nella Casa di reclusione di Rossano (CS), dove ha conseguito la laurea in Sociologia e collabora attivamente e con costanza alle attività teatrali in carcere, come attore e voce recitante. “Sulla linea… La mia vita dietro le sbarre” è il suo primo libro, scritto in collaborazione con M. Letizia Guagliardi, docente, appassionata di libri e letteratura. Giuseppe Carrà, direttore della Casa circondariale di Rossano, a riguardo dichiara: “La storia che leggiamo é spietata come lo era il giovanissimo protagonista all’epoca dei fatti.
Spietata perché fa toccare con mano il baratro distruttivo in cui precipita un ragazzo, appena maggiorenne, che si lascia sedurre dalla criminalità. Spietata, infine, perché descrive lo sforzo di un adolescente che diventa uomo e scopre un percorso di rinascita in carcere, dove dovrà passare il resto della sua vita. Un romanzo-memoir che si pone come strumento di riflessione sul fascino perverso dell’illegalità o del potere. Argomenti su cui bisognerebbe far leva, innescando sempre e ovunque, nelle scuole e nella società, un processo di legalità e di cambiamento, per fare capire, senza filtri e ipocrisie, che la criminalità non paga ma distrugge”.
Sulla quarta di copertina del libro troviamo:
Il libro di Francesco Carannante fonde il genere del romanzo e quello del memoir. Dal filone della memorialistica autobiografica prende vita un racconto che si affida al fiume dei ricordi, delle emozioni, degli e-venti interiori e delle esperienze maturate nel tempo, focalizzando l’attenzione sui momenti determinanti: è la storia vera, straordinaria e dura di un detenuto, condannato a “un fine pena mai”. Il potere dell’illegalità, la crudeltà del clan, la via d’uscita e la forza del cambiamento emergono con intensità da una voce tra sbarre appese alla memoria ma anche alla speranza.