Elezioni a Reggio, dal Governo arrivano spifferi: si voterà nel 2025?

La questione è ormai d'attualità, Governo chiamato a decidere. Serve un decreto per anticipare il voto all'autunno 2025

“Ma quando si vota a Reggio?”. Le diverse speranze…e una battaglia già iniziata. Scrivevamo così lo scorso 5 febbraio su queste pagine, analizzando la situazione e i diversi possibili scenari. Alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, la questione è tornata fortemente d’attualità con il Governo chiamato a decidere in tempi brevi.

La questione è nota. Le elezioni del 2020, in un primo momento fissate per giugno, furono posticipate a settembre, a causa dell’emergenza Covid. Quasi 1200 i comuni coinvolti dallo slittamento, tra questi Reggio Calabria.

Il 20 e 21 settembre l’appuntamento con le urne all’epoca, con i ballottaggi il 4 e 5 ottobre, come capitato in riva allo Stretto con il successo di Falcomatà su Minicuci. La scadenza naturale sarebbe quindi l’autunno 2025, ma non esiste in teoria (tranne in casi emergenziali o per enti sciolti per mafia) la finestra autunnale per recarsi alle urne.

Come già emerso, sono due le ipotesi possibili. La prima, vedrebbe lo slittamento del mandato alla primavera del 2026, per tutti i comuni che si recarono alle urne nell’autunno del 2020. La seconda invece fisserebbe la scadenza naturale dei 5 anni all’autunno al settembre 2025, data in cui a Reggio e negli altri comuni coinvolti si tornerebbe alle urne.

Per diverse motivazioni, comprendendo tra queste anche quelle di natura politica, il Governo potrebbe decidere quindi di anticipare e far recare i cittadini dei comuni interessanti alla scadenza naturale. Per rendere concreta questa intenzione, serve un provvedimento ad hoc da Roma, una disposizione che secondo rumors sempre più insistenti arriverà nei prossimi mesi.

Di contro, c’è invece chi sostiene che il Ministero dell’Interno nei mesi scorsi abbia fornito una “indicazione” di massima a diversi comuni, tra questi alcuni del Piemonte, che avevano chiesto lumi e indicazioni rispetto alla scadenza elettorale. Indicazione che sarebbe stata quella di uno slittamento alla primavera del 2026, ipotesi che però deve fare i conti con quella che sembra emergere come la volontà trasversale di tutti i partiti di centrodestra, ovvero elezioni anticipate all’autunno 2025.

Se il Governo non emetterà un decreto specifico spostando le elezioni all’autunno 2025, a Reggio Calabria e in tutti gli altri comuni si andrà a votare a maggio 2026, per la prevedibile felicità del sindaco Falcomatà (che in ogni caso non potrà ricandidarsi per il terzo mandato) e della sua maggioranza.

Va da sè che la stessa decisione che il Governo prenderà per i comuni e le regioni che si recarono alle urne nel 2020, sarà presa anche il prossimo anno per i comuni (ben 1342) e le Regioni che nel 2021 videro subire lo stesso slittamento dalla primavera all’autunno. La questione quindi vede coinvolta una massa enorme di elettori, delicata la scelta che dovrà compiere nei prossimi mesi il Governo Meloni.

La stessa questione la vive il Trentino, regione a statuto speciale. I sindaci trentini spingono per la soluzione dell’autunno, la decisione finale spetta alla Regione con Arno Kompatscher, che della Regione è presidente, che nei mesi scorsi aveva dichiarato: “Teoricamente sono possibili entrambe le soluzioni. Chiediamoci però se valga la pena spostare le amministrative all’autunno quando nei Comuni è tempo di bilanci, anche perché una volta stabilito che si va in autunno si andrà sempre in autunno anche negli anni a venire”. Da sottolineare che in Trentino, autonomamente, si era deciso di anticipare la scadenza del mandato alla primavera del 2025, così da “riallineare” il calendario a prima dello slittamento causa Covid.

Nel frattempo, Emilia Romagna, Umbria e Liguria si preparano alle elezioni regionali previste per questo autunno. E’ definitivamente sfumata la possibilità di avere una data unica e concentrare le elezioni un unico election day, come caldeggiato dal Viminale.

La Liguria infatti voterà il 27 e il 28 ottobre, mentre l’Emilia-Romagna il 17 e il 18 novembre, molto probabilmente insieme all’Umbria, che però non ha ancora fissato una data e che, in linea teorica, potrebbe anche sceglierne una successiva dando vita addirittura a un terzo tempo.

Il Governo aveva invitato le Regioni a convergere su una data unica, ma per una serie di motivi (anche tecnici) non è stato possibile. In Liguria ad esempio si deve infatti rispettare il limite dei tre mesi dalle dimissioni dell’ex presidente Giovanni Toti, così come previsto dall’articolo 5 della legge costituzionale che non si può modificare con un decreto del Governo.