Doppio Sogno – Vittorio De Sica e l’eleganza del cinema neorealista


di Pasquale Romano – Basterebbero i quattro Oscar vinti come miglior film straniero (Sciuscià, Ladri di biciclette, Ieri oggi e domani e i Giardini dei Finzi Contini) per spiegare l’inarrivabile talento di Vittorio De Sica, uno dei più grandi attori e registi che il cinema italiano ricordi. A lui, e al fido sceneggiatore Cesare Zavattini, sono legati i capolavori del cinema neorealista.

La collaborazione tra Vittorio De Sica e Cesare Zavattini è stata tra le più feconde per il cinema italiano. Il regista di Sora e lo sceneggiatore di Luzzara nel giro di pochi anni realizzarono una serie di pellicole aderenti alla poetica neorealista, diventate dei classici della cinematografia italiana, “Sciuscià” (1946), “Ladri di biciclette” (1948) e “Umberto D” (1952).

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L’opera di De Sica svela la “disumanizzazione” che percorre l’Italia nel periodo della guerra e in quello immediatamente successivo. In “Sciuscià” l’occhio del regista si posa sul mondo dei bambini (a cui aveva dedicato nel 1943 “I bambini ci guardano”) raccontando le vicende di due piccoli lustrascarpe napoletani che per inseguire il loro sogno di acquistare un cavallo bianco finiscono in prigione.

In “Ladri di biciclette” ripercorre la tragedia di un padre di famiglia che subisce il furto della bicicletta, strumento indispensabile per il suo lavoro di attacchino, e le sue successive tribolazioni per recuperarla. “Umberto D”  racconta la disperazione di un anziano costretto a vivere con una pensione da fame e sommerso dai debiti.

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Altezzoso nella sua eleganza, originale, innovativo: Vittorio De Sica è stato il capostipite di una nuova generazione di registi, inventore di un genere che spalancò le porte alla cinematografia italiana. Fu indubbiamente tra i padri fondatori del neorealismo, quella scuola semplice e schietta che tende alla rappresentazione della vita reale.

De Sica guardò da quella finestra rappresentata dalla cineprese, osservò, in maniera anche voyeuristica, e denunciò la realtà. Il cinema si eleva ad un livello superiore che nasce proprio dalla sua potenza narrativa. Neorealismo dentro il quale De Sica non rimase intrappolato, girando dei film di tutt’altro respiro, più leggeri e dedicati a quel popolo “facilone” che male aveva digerito i film neorealisti, tra l’impossibilità di comprenderli a fondo e il dispiacere di rivedere sul grande schermo le amarezze vissute nella vita di tutti i giorni.

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La tradizione teatrale lo ha sempre portato ad osservare i fenomeni culturali e sociali del suo tempo (sia in veste di interprete che di autore) con occhio poco distaccato ma decisamente poetico, regalando alle sue interpretazioni una carica espressiva e concettuale, decisamente più penetrante rispetto a molti altri personaggi illustri del mondo del cinema.

Il suo sguardo laconico e profondo, il sorriso accennato quasi beffardo, oltre alla sua umiltà ed acutezza (ormai mito, affermerà in un’intervista di non aver la presunzione di definirsi un regista) caratterizzano il suo personaggio tipico, fine e galante, dotato di un eleganza che neanche le interpretazioni più “dure” (come le pellicole del neorealismo da lui firmate) possono scalfire.

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Interprete e regista di film comici e drammatici, versatile e universale come solo i più grandi riescono a fare, De Sica con probabilità è stato apprezzato più in America che in patria, quantomeno in un primo momento.

Come spesso purtroppo accade, nel successo tutti sono pronti a salire sul carro dei vincenti, ma non ci si dimentichi le stroncature dei critici ad alcuni suoi film, le tiepide accoglienze del pubblico o ancora le sofferenze patite da De Sica ogni qual volta si trattava di dover cercare un finanziatore per i suoi film, non a caso spesso prodotti fuori dall’italia.

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Tardivo ma obbligatorio e univoco il riconoscimento di critica e pubblico nel riconoscere a De Sica un ruolo di primo piano nell’ “avvicinamento” tra il cinema italiano e il resto delle produzioni mondiali, quello americano in particolare.

Dagli anni 60’ sino ai giorni d’oggi si perde il conto ad elencare celebri registi che hanno dichiarato di essere cresciuti con i film di De Sica e proprio da quei film aver assorbito lo sconfinato amore per il cinema che De Sica dimostrava di avere. Martin Scorsese, uno dei più grandi registi viventi, (cresciuto a ‘Pane e Neorealismo’ tanto da realizzare un documentario di quattro ore intitolato Il mio viaggio in Italia), dichiara di Umberto D : “Un grande film che parla di un eroe quotidiano (…) un tributo di De Sica a suo padre. E a tutti noi”.

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De Sica parlava del cinema, del suo modo di vedere la macchina da presa come focus puntato sulla realtà dichiarando che l’essenziale era “Rintracciare il drammatico nelle situazioni quotidiane, il meraviglioso nella piccola cronaca”. Pochi i registi in grado come lui,  di strapparci un piccolo sorriso e al contempo di farci scivolare una lacrima, estasiati dalla poesia della vita, reale, cruda e mai bugiarda o commiserante.

p.r.

’Doppio Sogno’ è la rubrica cinematografica di Citynow. Le ultime novità in sala ma anche film recenti e del passato, attori e registi che hanno fatto la storia del cinema. Racconti, recensioni, storie e riflessioni sulla Settima Arte.