Oliveto, furto finisce in omicidio: la colluttazione e le indagini degli inquirenti

L'arma del delitto è stata ritrovata nel relativo alloggiamento in legno. Tutti coltelli erano stati appena lavati

Una mattina ordinaria si è trasformata in un dramma violento per Francesco Putortì, 48 anni, residente di Oliveto, frazione di Reggio Calabria. La routine di accompagnare il figlio a scuola ed in seguito una breve sessione di palestra, ha preso una piega oscura al ritorno in casa dell’uomo, che lavora come macellaio in un supermercato della città.

Furto finisce in omicidio: la scoperta dei ladri in casa

Intorno alle 9:40, Putortì è rientrato nella sua abitazione, avvertendo immediatamente qualcosa di strano. Sentendo rumori sospetti al piano superiore, si è fatto coraggio ed ha salito le scale, per trovare due intrusi rovistare tra gli effetti personali del figlio. La situazione è degenerata rapidamente: uno degli intrusi ha spinto Putortì, che ha reagito con un pugno al volto del più corpulento dei due.

La colluttazione è culminata con i ladri in fuga e Putortì che li ha inseguiti con un coltello. Quest’ultimo, è stato scoperto dagli inquirenti, appartenere ad un set della cucina, ritrovato nel relativo alloggiamento in legno, tutti appena lavati. I militari hanno registrato, inoltre, la presenza di un flacone di disinfettante medico.

Alle ore 09:48 del 27 maggio l’indagato eseguiva mediante il suo cellulare personale una chiamata al 112 per segnalare “un furto” appena verificatosi nella sua abitazione, nel corso del quale gli erano stati sottratti dei gioielli e del denaro, oltre al tentativo asportare delle armi, regolarmente detenute, poi abbandonate all’interno della stessa abitazione. La stessa è stata raggiunta da una pattuglia dei Carabinieri alle 10:30.

Nel frattempo Stancampiano, veniva abbandonato, alle 10:22, da un’auto vicino all’ospedale “Morelli” con due ferite d’arma da taglio sul fianco destro e sull’addome. L’uomo è morto pochi minuti dopo (alle 10:25). Bruno, riuscito a fuggire, è stato ricoverato in condizioni critiche a Messina, dove ha fornito dettagli cruciali agli investigatori.

Le indagini degli inquirenti

Le indagini si sono mosse davvero velocemente sulle due sponde dello Stretto e congiuntamente tra le varie forze dell’ordine.

La Fiat Punto grigia usata dai fuggitivi è stata trovata presso l’area dei traghetti a Villa San Giovanni, con tracce di sangue che confermavano la drammatica fuga. Il conducente, Massimo Salvatore La Spina, ha fornito una versione dei fatti che ha portato gli investigatori a collegare l’incidente a Francesco Putortì.

Importante è stata anche la testimonianza di una vicina che, agli inquirenti ha detto:

“Mi trovavo nel cortile antistante la mia abitazione per salutare un’amica, quando notavo due soggetti provenire di corsa dalla via Oliveto. Non mi sembra che avessero oggetti in mano, né tantomeno ho abuto percezione che uno dei due avesse un malore, anzi entrambi agitavano normalmente le braccia per correre. Ho notato solo che erano affaticati. Riuscivo a notare che salivano a bordo di un’auto di colore chiaro, non saprei riferire se beige o grigio, di tipo utilitaria. Posso affermare di aver visto l’autovettura allontanarsi in direzione mare”.

Il racconto di Putortì ed il mistero delle casseforti

Interrogato dagli investigatori, Putortì ha raccontato la sua versione: rientrato a casa, aveva scoperto i ladri e, dopo una breve colluttazione, li aveva inseguiti per proteggere la sua famiglia e le sue proprietà. Gli intrusi avevano già portato via la chiave della cassaforte, situata nella stanza da letto e ancorata a una parete, dove Putortì custodiva armi. Sebbene la cassaforte risultasse ancora chiusa all’arrivo delle forze dell’ordine, un’altra cassaforte, situata in uno stanzino attiguo, era stata aperta e svuotata di una somma pari a 1.500 euro e documenti relativi alla compravendita della casa. L’indagato ha sottolineato come le chiavi delle casseforti fossero state trovate in un cofanetto di legno nella stanza da letto, facendo ipotizzare che i ladri fossero andati a colpo sicuro, trovando le chiavi senza mettere a soqquadro le stanze. Inoltre, il proprietario di casa non aveva rilevato alcun segno di effrazione in nessuna delle chiusure permitrali.

Vista la gravità degli eventi, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria ha ritenuto necessario applicare la misura della custodia cautelare in carcere per Putortì, accusato di omicidio e tentato omicidio. Gli avvocati difensori hanno chiesto misure meno severe, come gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, ma la richiesta è stata respinta.

Un “semplice” furto si è trasformato in un incubo di sangue e violenza, lasciando una scia di dolore e interrogativi. Putortì, descritto dai vicini come un uomo tranquillo e dedito alla famiglia, si trova ora al centro di un dramma giudiziario che potrebbe cambiare per sempre la sua vita.