La salute mentale e i suoi disturbi. Demenza frontotemporale: quando la personalità cambia prima della memoria
Nuove ricerche sulla demenza frontotemporale: stimolazione magnetica transcranica, farmaci innovativi e teleriabilitazione per rallentare i sintomi
05 Marzo 2025 - 09:28 | Redazione

Quando parliamo di demenza frontotemporale (DFT), ci riferiamo ad un disturbo neurodegenerativo che aggredisce prevalentemente i lobi frontali e temporali del cervello, aree coinvolte nella regolazione del comportamento, delle emozioni e della personalità.
A differenza di altre forme di demenza, come il morbo di Alzheimer, è caratterizzato da un quadro sintomatologico ancora più insidioso, manifestandosi nelle sue forme “premorbose” attraverso profondi cambiamenti di personalità e comportamento, mentre la memoria resta relativamente preservata nelle fasi iniziali.
Di fatto, il lobo frontale è responsabile del giudizio, della pianificazione, del controllo degli impulsi e di gran parte del nostro “filtro sociale“. Quando i neuroni in queste aree degenerano, i comportamenti e le reazioni emotive possono cambiare in modo drastico.
Allo stesso modo, anche il lobo temporale è coinvolto nei processi di riconoscimento facciale, nella comprensione del linguaggio e nella regolazione emotiva. Raramente l’esordio diviene eclatante: di fatto il paziente apparirà apatico, impulsivo o disinibito, oppure potrà apparire più ritirato in sé stesso e perdere interesse per le attività quotidiane
La diagnosi di DFT porta con sé la necessità di un attento esame clinico basato su valutazioni neuropsicologiche (scale neuropsicologiche e di funzionamento), test strumentali di imaging (come la risonanza magnetica, che può evidenziare l’atrofia selettiva delle aree frontotemporali) e indagini di laboratorio per escludere altre possibili cause dei sintomi.
Dal punto di vista farmacologico la terapia riguarda prevalentemente la gestione dei sintomi associati. In particolare è frequente l’impiego di:
- Antidepressivi (SSRI): utili in caso di apatia, depressione, irritabilità o comportamenti ossessivo-compulsivi, con l’obiettivo di mitigare l’instabilità emotiva e migliorare in parte il controllo degli impulsi.
- Antipsicotici atipici: necessari nelle fasi neuropsichiatriche di patologia, in cui possono presentarsi allucinazioni, deliri o comportamenti particolarmente aggressivi e disinibiti.
- Stabilizzatori dell’umore: utili nel ridurre l’oscillazione degli stati affettivi e limitare la comparsa di comportamenti impulsivi.
Trattandosi di una patologia che coinvolge nella maggioranza dei casi tanto il paziente quanto i prossimi congiunti e che modifica inesorabilmente le dinamiche intrafamiliari, è fondamentale che tutti questi attori (paziente, figli, coniuge, nipoti) si sentano supportati tanto a livello emotivo quanto pratico.
I servizi di assistenza, i centri diurni specializzati, i gruppi di auto-aiuto e le consulenze con équipe multidisciplinari (neurologi, psichiatri, psicologi, logopedisti) rappresentano un importante sostegno. In tale ottica, la collaborazione fra medico, paziente e famiglia, infatti, è l’elemento chiave per individuare la strategia terapeutica più adatta, tenendo conto delle esigenze specifiche e delle preferenze individuali.
Lo stato dell’arte delle demenze frontotemporali: tra sintomi neuropsichiatrici e neurologici
Ad oggi non esistono terapie mirate capaci di interrompere o invertire i processi degenerativi; obiettivo cardine della ricerca scientifica è quello di definire con chiarezza i pathway genetici e le mutazioni associate a determinati tipi di DFT familiari, attraverso lo studio di particolari proteine (come la proteina Tau o la TDP-43) che sembrerebbero fortemente correlate con l’innesco e la progressione dei processi di neurodegenerazione. La speranza è sviluppare farmaci che interagiscono direttamente con i meccanismi di accumulo o di disfunzione proteica per rallentare, se non arrestare, la progressione della patologia.
Parallelamente, si stanno studiando nuove forme di stimolazione non invasiva, come la stimolazione magnetica transcranica (TMS), che ha dimostrato risultati promettenti nel modulare l’attività cerebrale, conservare le capacità esecutive e ridurre i comportamenti impulsivi.
Altro strumento che sta assumendo sempre maggiore significato terapeutico e di supporto per il paziente riguarda la teleriabilitazione e l’uso di piattaforme digitali per il monitoraggio a distanza, che consentono di seguire l’evoluzione dei sintomi e di personalizzare gli interventi in modo continuo.
In un’epoca in cui l’evoluzione scientifica procede ad una velocità esasperante e l’intelligenza artificiale sembra in grado di sostituire grande parte delle richieste sociali e quotidiane, trovarsi faccia a faccia con l’ineluttabilità della malattia diventa una lezione di fragilità condivisa: un invito a non dare mai per scontato chi siamo e chi abbiamo accanto, poiché la vita, nella sua complessità, ci ricorda che la nostra identità non è ancorata soltanto ai ricordi, ma anche alle emozioni, ai gesti quotidiani e al calore degli affetti. Quando la memoria inizia a vacillare o la personalità subisce mutamenti, resta la forza dell’umanità che sa adattarsi, prendersi cura e sostenere.
Dr. Vincenzo Messina
