Conoscenza e consapevolezza: il primo passo verso la cura dei disturbi di personalità

L'approfondimento sulla salute mentale dell'esperta dott.ssa Iannuzzo dell'Istituto di Neuroscienze di Reggio Calabria

I disturbi della personalità sono condizioni maladattative, stabili, egosintoniche, che sottendono la vita del soggetto in tutta la sua esistenza.  Già la definizione ci permette di comprendere la difficoltà di un adeguato trattamento terapeutico. I soggetti con  Disturbo di personalità di fatto, difficilmente chiedono aiuto allo psichiatra e allo psicologo non riconoscendo che le difficoltà incontrate durante la loro esistenza sono correlate alla loro disfunzione mentale e di conseguenza  attribuiscono i loro insuccessi (nelle relazioni sociali, nel lavoro e nelle relazioni affettive) al destino, alle persone con cui si rapportano, agli eventi negativi che costellano la vita di ognuno di noi.

Il primo passo verso la cura dei disturbi di personalità

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All’interno dell’ampia categoria dei disturbi di personalità, sono presenti disturbi che hanno un prevalente correlato biologico, come alcuni disturbi di personalità del cluster B (borderline e antisociale) che presentano inoltre alti tassi di comorbidità con altri disturbi psichiatrici, quali i disturbi depressivi, i bipolari e il disturbo da uso sostanze; altri disturbi di personalità si strutturano, di contro, in relazione agli eventi esperienziali quali ad esempio il disturbo evitante, dipendente, istrionico e narcisistico

Nella pratica clinica, l’intervento terapeutico è quindi condizionato dal tipo di disturbo correlato prevalentemente al neurobiologico o all’esperienza (contesto educativo, eventi traumatici, ambiente culturale), dalla presenza o meno di una comorbidità, dalla consapevolezza di essere affetto dal disturbo, spesso correlata alla componente cognitiva (intelligenza e capacità metacognitive cioè la capacità di riflettere sul proprio funzionamento mentale) .

In relazione alla complessità sopra evidenziata, le attuali linee-guida prevedono  trattamenti farmacologici, psicoterapie individuali, di gruppo, familiare e interventi psicosociali.

Il trattamento farmacologico agendo sulla  componente neurobiologica del disturbo, andrà a curare  l’instabilità affettiva, l’impulsività e il discontrollo del comportamento. I farmaci prevalentemente utilizzati sono: gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI), gli antipsicotici atipici e gli stabilizzanti del tono dell’umore, fra cui il litio.

Gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI) sono stati usati efficacemente per il trattamento dei sintomi affettivi dei disturbi di personalità dei Cluster B e C, essendo la classe di farmaci maggiormente indicata per il trattamento della dimensione impulsività-aggressività.

La presenza di alterazioni cognitive, come la sospettosità, l’ideazione paranoidea, il pensiero bizzarro e i sintomi psicotici transitori, rappresentano invece un’indicazione alla terapia antipsicotica. Gli antipsicotici atipici (clozapina, risperidone, olanzapina, quetiapina e aripiprazolo) hanno mostrato una certa efficacia e una buona tollerabilità in pazienti schizotipici e borderline con sintomi psicotici.

Infine, la preminenza dell’instabilità affettiva, con rapidi viraggi dell’umore, dall’ansia alla depressione, alla rabbia, rappresenta un’indicazione al trattamento con gli stabilizzanti del tono dell’umore, fra cui il litio.

Le terapie farmacologiche, in alcuni disturbi, come già riportato, sono di indubbia efficacia, tuttavia trattamento elettivo è la psicoterapia che può essere a indirizzo cognitivo, psicodinamico o familiare.

Una delle psicoterapie ad indirizzo cognitivo-comportamentale, ideata proprio per i trattamenti dei disturbi della personalità è la Schema Therapy concettualizzata dallo psicologo Jeffrey E. Young con lo scopo di sanare gli schemi precoci disadattivi , ovvero quei modelli di pensiero e di comportamento alterati appresi in età infantile.  Il trattamento con la Schema Therapy ha portato a significative riduzioni dei sintomi e miglioramento globale del funzionamento.

Tra le psicoterapie psicodinamiche è il caso di ricordare quelle ad indirizzo freudiano e junghiano che richiedono la disponibilità del soggetto a sottoporsi  ad un intervento che richiede un tempo elevato, alcuni anni con sedute settimanali.

Anche con le terapie familiari e di gruppo si possono ottenere utili risultati nella gestione dei comportamenti disfunzionali, coinvolgendo i membri della famiglia nel trattamento.

La conoscenza della propria sofferenza, insieme ad esperienze di apprendimento, può rivelarsi la chiave di volta del trattamento di un disturbo della personalità nel contesto di un rapporto cooperativo fra il paziente e le figure di aiuto. Sebbene la psicoterapia rappresenti il fulcro della maggior parte degli interventi terapeutici dei disturbi della personalità, il modello di trattamento più opportuno, nell’ambito di questa complessa costellazione di disturbi, è quello che prevede interventi integrati (farmacologico, psicoterapeutico e psicosociale).

Gli scopi degli interventi dovrebbero essere infatti il contenimento della sintomatologia e l’apprendimento di nuove modalità di comportamento, che tuttavia devono sempre tenere conto delle limitazioni biologiche di queste condizioni, connotate dalla stabilità dei tratti della personalità disfunzionale.