Covid, RT e Lockdown. Oggi chiude la Calabria, che domani dovrà pretendere. E ottenere
Il Governo chiude la Regione, ma non la Campania o il Lazio, che hanno dieci volte gli infetti, ricoverati e le terapie intensive dei calabresi. Storia di un fallimento sanitario
04 Novembre 2020 - 10:45 | di Teo Occhiuto
Lockdown, atto secondo. L’incubo nefasto, la “soluzione finale” per contrastare il disastro sanitario da coronavirus. Si, l’utilizzo del termine ‘soluzione finale’ è forte, fortissimo. Del resto, visto che la sua coniazione risale ai tempi del nazismo di Hitler, non potrebbe essere altrimenti.
Perdonateci, però, se lo utilizziamo. Perchè, nulla in fondo potrebbe descrivere meglio quanto, oggi, accadrà alla Regione Calabria. Blindata, sigillata, cristallizzata dal Governo perché allineata a Regioni che hanno numeri e curve di contagio molto, molto più ripide. Ma non importa, in fondo, questo. O non solo.
La Calabria chiude anche e sopratutto perché sarebbe totalmente inadeguata a reggere la pressione sanitaria vigente in Lombardia o Piemonte. Ma anche quella della Campania, dove la percentuale dei contagi sui tamponi effettuati è si minore (5,6% contro il 11,71%), ma i numeri dei test eseguiti giornalmente sono diametralmente opposti (in media, circa 20mila contro i 2.5mila eseguiti in Calabria). I dati completi, ve li proponiamo qui: freddi, crudi, ma reali, di tre giorni dell’ultima settimana (30, 31 ottobre e 1 novembre).
Tanto per sintetizzare: il primo novembre, la Campania aveva 59.600 positivi, di cui 1416 ricoverati, di cui 170 in terapia intensiva. Lo stesso giorno, la Calabria riportava 5310 infetti (il 10% in confronto alla Regione presieduta da De Luca), 161 ricoveri e 13 pazienti in rianimazione. Ieri, martedì 3 novembre, per dare dati più aggiornati, i contagiati erano 5830 (+520 in due giorni), con 199 ospedalizzati e 10 in terapia intensiva. Dieci. Basta?
Eppure, la Calabria chiude, la Campania no. Come il Lazio (1 novembre: 36mila positivi, 2055 ricoverati, 185 TI). Non continuiamo, preferendo non infierire, nonostante ce ne sarebbero tutte le ragioni. Perché chiudere la Calabria, di nuovo, non è salvaguardarla. Salvaguardarla sarebbe stato aumentare posti letto meglio ospedali, aumentare i posti in terapia intensiva. Evitare di chiudere una regione già al collasso economico con numeri pari al 10% della situazione sanitaria di altre regioni che, pur con restrizioni, restano aperte.
Con questo non si vuol dire che non si accetti la chiusura. La Calabria deve chiudere, perché se i numeri continuassero a salire (in tal senso l’indice RT rappresenta campanello d’allarme pericolosissimo) la catastrofe sarebbe ineluttabile. Ma, un domani, quando quest’incubo giungerà alla conclusione, la stessa Regione – ed in primis i suoi cittadini – dovranno presentare il conto alle Istituzioni.
Chiedere il perché. Chiedere risposte. Chiedere provvedimenti. Economici e sanitari. Insomma, i Calabresi dovranno pretendere. E, inevitabilmente, ottenere.
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