Brogli a Reggio – Falcomatà, Delfino e i consueti ‘non ricordo’

Falcomatà e Delfino si rifugiano nel più classico “non ricordo” rispetto a temi che nell’inchiesta sono centrali

Delfino Falcomatà

E adesso come si fa a dire che “non sono tutti gli stessi”, di “non fare di tutta l’erba un fascio”, che “ci sono politici e politici”.

La città, ancora sbigottita, si domanda a chi credere. E non è la prima volta, se si fa riferimento a Palazzo San Giorgio. Lo scandalo dei brogli elettorali, architettati secondo la Procura reggina, dall’ex capogruppo del Pd Nino Castorina, rischia di allargare a dismisura la forbice tra i cittadini elettori e la politica, alimentando quel sentimento di sfiducia nei confronti di chi governa che difficilmente potrà cambiare.

I CONSUETI ‘NON RICORDO’

Premesso che le indagini sono in corso, che non c’è un processo a carico di nessuno, e che non siamo pm, vale la pena porre l’accento sugli interrogatori a cui sono stati sottoposti il sindaco Giuseppe Falcomatà e l’assessore Demetrio Delfino (all’epoca dei fatti contestati Presidente del Consiglio comunale). E vale la pena ricordare anche che solo il secondo è di fatto iscritto nel registro degli indagati per l’indagine in corso sui brogli elettorali e sul “sistema Castorina”.

Sulla procedura di nomina dell’indagato Castorina quale membro, prima, e presidente, poi, della Commissione elettorale del Comune sono infatti stati sentiti i “soggetti coinvolti” ovvero sia l’allora Presidente del Consiglio Comunale Demetrio Delfino (che peraltro ha sottoscritto la nota dì “ratifica” dell’ingresso di Castorìna nella Commissione elettorale) sia il Sindaco di Reggio Calabria -all’epoca ed attuale – Giuseppe Falcomatà, nonché il Capo di Gabinetto del Sindaco, Gianpaolo Puglia cui tutte le note sopra citate erano indirizzate.

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Nel caso di Falcomatà, il sindaco dichiara di non ricordare di aver visto né la nota – prot. 8095 del 17.1.2018 – con cui Castorina Antonino si autoindicava quale componente della Commissione elettorale diretta al Presidente del Consiglio Comunale e, per conoscenza, all’Avv. Puglia, Capo di Gabinetto, né quella del Presidente del Consiglio Comunale Demetrio Delfino – del 17.1.2018 prot. 8692 – indirizzata al Dirigente Anagrafe, Responsabile Servizio Elettorale e, per conoscenza, al sindaco ed al Presidente del Consiglio Comunale con cui il Presidente stesso comunicava che alla sedute della commissione elettorale “prenderà parte il consigliere Antonino Castorina”.

Delfino, nel corso delle dichiarazioni rese dinnanzi al pm (poi interrotte essendo emersi elementi di reità a carico dello stesso), in sostanza – si legge nell’ordinanza – tentava di sminuire la propria condotta, evidenziando come la nota a sua firma del 17.1.2018, con la quale si consentiva al Castorina di entrare a far parte della Commissione elettorale, ”fosse stata predisposta dall’Ufficio Consiglio, sicuramente dalla dott.ssa Libero, responsabile dello stesso”.

Escussa, nella medesima data del 16.2.2020, la dott.ssa Libero negava di aver predisposto la predetta nota, precisando che “mai avrei potuto scriverla, posto che il Consiglio comunale aveva nominato, oltre i componenti effettivi, anche i supplenti”.
In particolare l’ex presidente del Consiglio a domanda ha risposto: “non ricordo cosa successe dopo questa lettera di Castorina che io ho girato ed in particolare se Castorina cominciò a far parte della Commissione”. Inoltre, Delfino ammette di “non ricordare la norma in base alla quale Castorina subentrava a Marra”.

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DUE PESI E DUE MISURE

Entrambi – Falcomatà e Delfino – si rifugiano insomma nel più classico “non ricordo” rispetto a temi che però nell’inchiesta della Procura sono centrali.

Una sorta di deja-vu nelle aule di tribunale di qualche anno fa, quando i magistrati demolirono di fatto il “modello Reggio” di Giuseppe Scopelliti. Quel processo, scaturito dalla morte del suicidio dell’allora dirigente al Bilancio Orsola Fallara, fu costellato dai “non ricordo” di molti testi chiamati a deporre.

L’attacco nei confronti dell’ex sindaco del Modello Reggio fu concentrico, e buona parte delle argomentazioni dei detrattori fecero leva non solo sui troppo frequenti “non ricordo”, ma anche sul concetto del “non poteva non sapere”.

Forse il paragone potrà apparire azzardato, per via della diversa natura dei procedimenti in atto, ma una cosa è certa: anche in questo caso fioccano – e di certo continueranno a fioccare – i vuoti di memoria e il compimento di azioni amministrative a “propria insaputa”.

Con buona pace di chi si erge a giudice senza esserlo, e dimostra di avere la memoria corta.