Dalla sofferenza nelle campagne di Rosarno al successo. Barikama, lo yogurt bio dei migranti
15 Marzo 2017 - 17:07 | di Pasquale Romano
Una storia che ne ha dentro tante altre. C’è la voglia di riscatto, inclusione sociale, l’importanza dell’integrazione, rispetto e della diversità culturale dietro il percorso di successo intrapreso da alcuni migranti africani.
Inizialmente, solo drammi e sofferenze. L’arrivo in Italia su un barcone, il lavoro per pochi euro nelle campagne di Rosarno. “Per quasi 2 anni ha lavorato in una fattoria Rosarno, 20 euro al giorno per 12 ore. Dormivo in baracche fatte di cartone e teli di plastica. Eravamo come schiavi“, ha raccontato Suleman Diara, originario del Mali a France 24.
Nel 2010 Suleman partecipa alla rivolta di Rosarno. Centinaia di africani, ridotti in condizioni di semi-schiavitù, si ribellano ai padroni, ma nel paesino calabrese scatta la caccia al migrante e tanti sono costretti a lasciare la regione. Tra questi il malese che decide di spostarsi a Roma assieme ad alcuni amici.
Nella Capitale, i migranti africani hanno ideato e lanciato Barikamà, cooperativa 100% green che produce yogurt e verdura biologica. I prodotti sono consegnati ai clienti direttamente a casa in bicicletta e l’iniziativa, oltre che dal vivo, sta avendo un enorme successo su Facebook. “Abbiamo scelto questo mezzo di trasporto perché non inquina ed è veloce – racconta Suleman -. I nostri clienti ci riconsegnano i vasetti di vetro, una volta utilizzati, così noi possiamo usarli di nuovo”.
Un’idea che quindi sposa in pieno la volontà di creare prodotti naturali lavorando come si faceva una volta: “Siamo sensibili all’ambiente – spiega Suleman – probabilmente perché proveniamo tutti da zone rurali. Utilizziamo latte bio che arriva da Amatrice che si trova a circa 160 km dalla nostra fattoria. Lo yogurt ha il sapore di quello di 50 anni fa…non ha conservanti“. La cooperativa vende i prodotti non solo ai privati, ma anche ai bar e ai ristoranti intorno alla fattoria e a Roma. Un litro di yogurt costa 6,60 euro.
Il nome dato alla cooperativa è tutt’altro che casuale e richiama alle prime esperienze vissute in Italia. Barikamà infatti, nella lingua bambara, l’idioma più diffuso in Mali, significa “resilienza” e richiama la capacità degli individui di riprendersi dopo aver incontrato ostacoli nella loro vita.
Ed è proprio sulla vita, alle difficoltà che migranti (e non solo) affrontano, che Suleman dà una lezione da imparare.”Spesso in Italia, purtroppo, le persone che arrivano dall’Africa sono demonizzate. A coloro che vengono dal nostro continente, invece, diamo questo messaggio: non bisogna aspettare che altri ci diano il lavoro, bisogna che lo creiamo da soli”.