Biesse ricorda il magistrato reggino Michele Barillaro

Nell'anniversario della sua morte, Biesse Associazione dedica un evento al ricordo del magistrato morto in un incidente dalle circostanze poco chiare


Il giovane magistrato Michele Barillaro ha lasciato un segno indelebile su questa terra, con il suo lavoro, con la sua brillante intelligenza, ma soprattutto col suo grande cuore.

Sarà ricordato da Biesse, nell’anniversario della sua scomparsa, il 23 luglio, alle ore 10:30 nella via della legalità sita al Cedir in presenza dei familiari e delle autorità. Per l’occasione si svolgerà una commemorazione, per non  dimenticare un grande servitore dello Stato morto in circostanze ancora poco chiare.

“Lo ricorderemo anche attraverso la lettura di alcune poesie a cura della nostra socia Clelia Marchetta tratte dal libro  scritto dallo stesso magistrato dal Titolo “Tra cielo e Terra” – spiega la presidente di Biesse Associazione, Bruna Siviglia. In tale occasione ricorderemo anche il compianto Raffaele Barillaro, papà del magistrato, uomo di grande cultura e di impegno sociale che ha lasciato un grande vuoto nell’intera comunità e nella nostra associazione. Una vita spesa nel ricordo del  suo amato  figlio”.

Biesse è  stata l’associazione che ha fatto conoscere la figura del magistrato reggino  con il progetto Giustizia e Umanità che ha coinvolto tantissime scuole della città con l’istituzione di borse di studio allo stesso intitolate e  donate dall’associazione  ai ragazzi del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria  che hanno fatto un percorso di recupero.

Chi è Michele Barillaro

Michele Maria Barillaro è nato a Reggio Calabria il 27 agosto 1967, figlio primogenito di Angela Luppino e Raffaele Barillaro. Nel 1990 si è laureato in giurisprudenza all’Università di Bologna. Dal 1996 al 2006 è stato giudice del tribunale di Nicosia in provincia di Enna e consigliere applicato alla Corte d’assise d’appello a Caltanissetta.Tra il 1998 e il 2005 si è occupato di importanti casi, tra cui il “Borsellino ter” sulla strage di via d’Amelio, sull’attentato dell’Addaura contro Giovanni Falcone, sulla “Strage di Gela”, “Omicidio Ciancio”, “Piazza Pulita”.

È stato consigliere applicato alla Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta dove ha redatto la sentenza nel processo Borsellino ter sulla strage di via D’Amelio e la sentenza nel processo a Totò Riina e altri per l’attentato all’Addaura contro Giovanni Falcone. Per la sua attività gli fu assegnato il premio internazionale “Rosario Livatino”.

Michele Barillaro disse su Paolo Borsellino: “Ora tutti lo osannano, ma a quei tempi era stato lasciato solo”. 

Nominato GIP di Firenze, si è occupato dell’area anarco-insurrezionalista, ma soprattutto delle infiltrazioni mafiose e delle loro relazioni con l’enorme riciclaggio verso la Cina, che denunciò pubblicamente. L’11 luglio la Guardia di Finanza eseguì 111 perquisizioni sequestrando 47 milioni di euro in un’operazione sul trasferimento di soldi dall’Italia alla Cina. L’operazione, firmata da Barillaro, era la terza del genere. Per il flusso di denaro illegale, in totale, sono stati scoperti 4,5 miliardi di euro, 24 persone arrestate e 581 denunciate. Numeri pazzeschi per un giudice a cui era stata tolta la scorta!

Michele Barillaro si è anche occupato della truffa aggravata al Servizio Sanitario Nazionale e dell’evasione fiscale a carico dei vertici dell’azienda farmaceutica Menarini.

Come docente di diritto penale ha insegnato alla Scuola Superiore Professioni Legali dell’Università di Firenze, alla scuola forense “G. Alessi” di Caltanissetta, e della Formazione Permanente A.I.G.A. della sezione di Firenze. Dal 2008, sino alla morte, è stato consulente presso la Commissione Parlamentare Antimafia e ha prestato assistenza tecnica all’Unità Speciale per la Lotta alla Criminalità Organizzata ed alla Corruzione del governo della Macedonia.

È morto il 23 luglio 2012, all’età di 44 anni, nei pressi di Otjiwarongo, in Namibia, in un incidente stradale avvenuto intorno alle 19. Nell’incidente hanno perso la vita un amico del giudice, l’avvocato fiorentino Roberto Colcellini, socio di un’attività ricettiva in Namibia e un cameriere namibiano che lavorava nella struttura del legale.

L’auto su cui viaggiavano i tre si è scontrata frontalmente contro un camion in una strada larga e diritta e con buone condizioni di luce naturale.

Michele Barillaro poco prima di morire era stato oggetto di minacce di morte inviate alle redazioni fiorentine de La Nazione e La Repubblica, nelle quali veniva esaltato il fatto che fosse stato tolto il dispositivo di protezione che gli era stato assegnato. Qualche settimana prima il ministero dell’Interno aveva tolto la scorta a Barillaro, gip presso il tribunale di Firenze, e precisamente il 16 luglio 2012 il magistrato aveva ricevuto delle minacce di morte mediante una lettera, recapitata all’Adnkronos, non firmata e non rivendicata, scritta in rosso:

“Compagni! Barillaro senza scorta. Senza più celerini che lo guardano come un bambino idiota: che regalo! Grazie ai neri burocrati suoi degni compari che l’hanno giustiziato con le loro mani !! Ladro di stato era ora! Fascista e impunito!! Gli scrivani del popolo diventano giustizieri della storia. I Compagni lo manderanno a far compagnia a un altro fascista vent’anni dopo via d’Amelio. Barillaro è il nostro regalo di compleanno”.

Il caso dell’incidente stradale in cui hanno perso la vita Michele Barillaro ed altre due persone è stato chiuso subito senza alcuna indagine!