Comunali Reggio: sarà ballottaggio, ma centrodestra e centrosinistra si leccano le ferite

I partiti tradizionali pagano dazio. Forza Italia primo partito ma in calo. Il Pd si ferma al 10%. Tracollo FdI. Lega deludente


Il dato elettorale, seppur parziale, per via delle 4 sezioni che sono passate al vaglio dell’Ufficio elettorale centrale presieduto da Giuseppe Campagna, ha già fornito delle indicazioni di non poco conto che, difficilmente, potranno cambiare il risultato complessivo che ci siamo ormai abituati a contemplare.

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E non v’è dubbio che queste elezioni comunali passeranno alla storia per una serie di motivi, anche extra politici, che hanno condizionato il loro stesso svolgimento. Innanzitutto per la necessità di dover ricorrere al ballottaggio (tra Giuseppe Falcomatà e Antonino Minicuci) per la scelta del sindaco della città, che mai prima d’ora aveva costretto i reggini a concedere un bis alle urne.

Sulla base dei dati – cristallizzati sullo scrutinio di 215 sezioni su 218 – proveremo quindi ad abbozzare un’analisi dell’andamento del voto in città.

Strategie e campagne

Abbiamo certamente vissuto una tornata elettorale sui generis. L’emergenza Covid 19 ha limitato le campagne elettorali di tutti i candidati che hanno dovuto privilegiare la comunicazione social (video, post, comizi virtuali) limitando al massimo il contatto con le piazze. Gli incontri con i cittadini si sono fatti nei singoli quartieri ristabilendo un contatto anche umano tra candidati ed elettorato. Quindi è parso come una necessità mettere in campo delle strategie precise per rendere più efficaci i messaggi politici. E se il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà, sfruttando fino in fondo il ruolo ricoperto, ha puntato a rendere visibile quanto fatto in sei anni e quanto ancora in cantiere, agitando lo spauracchio della Lega; lo sfidante principale Antonino Minicuci, ha scelto di dedicarsi più alla “presentazione” della propria figura – logorata da settimane di teatrini politici armati dai partiti – che al confronto con gli avversari. C’era da perfezionare una comunicazione apparsa ai più insufficiente, non essendo il candidato un politico di professione. Anche in questo caso, l’arma impugnata è stata lo spauracchio di una continuità col passato, derivante dalla concessione di quel “secondo tempo” richiesto da Falcomatà.

Il Pd perde il primato

Al termine di ogni elezione, anche condominiale, è sempre difficile trovare, soprattutto tra i contendenti, chi ha perso la partita elettorale. Ognuno riesce a trova un motivo di consolazione che rende meno amara la sconfitta, ove c’è stata. Discorso a parte meriterebbe il dato dell’affluenza alle urne che, a fronte di un aumento di quasi il 2% dei partecipanti al voto, mette in evidenza un difficile rapporto tra i reggini e la politica in senso ampio.

Se si guarda all’interno del centrosinistra, la cui coalizione era composta da undici liste, salta agli occhi il risultato deludente del Partito democratico che pure si è speso con i big nazionali a favore di Giuseppe Falcomatà. Il sindaco uscente nel 2014 era stato eletto con il 60,9% dei voti trainato, nella schiacciante vittoria contro Lucio Dattola, dal Pd che raccolse il 16,4% delle preferenze. Oggi, coi dati disponibili, il Pd perde circa 6 mila voti, attestandosi ad un deludente 10,5%. Il dato diventa per i democrat più preoccupante alla luce del 22,4% registrato in città alle regionali dello scorso gennaio. Vale a dire poco meno di otto mesi fa, non cinque anni, che in soldoni significa che il Pd (eternamente commissariato in questa regione) ci ha rimesso quasi 12 punti percentuali. Un’emorragia di voti su cui anche il sindaco Falcomatà, che ha sostanzialmente dimezzato le preferenze personali, dovrà riflettere.

Nel 2014 le liste del sindaco, Reset e La svolta erano andate entrambe oltre l’8%, mentre oggi si fermano rispettivamente al 3,5 e al 3,4%. Lasciando lo scettro di migliori civiche all’interno della coalizione alle nuove S’Intesi (5,1%) e Innamorarsi di Reggio (4,4%). Per vedere altre formazioni con strutture partitiche si deve scendere alla quarta piazza, con Articolo 1 che se l’è aggiudicata con un lusinghiero 4,2%, tenuto conto che è alla prima apparizione in competizioni elettorali in città, anche se alle regionali mise lo zampino in Democratici e progressisti che raccolse il 4,5%. Subito dopo, Italia viva, che si è invece fermata al 3,8%. E per la quale potrebbe valere lo stesso discorso. Discorso più complesso per il Partito socialista: nel 2014 racimolò il 2,75% che gli valse un seggio, mentre oggi si migliora arrivando al 2,9%. In questo caso però va considerato che la lista di oggi è il frutto dell’accordo elettorale con “A testa alta” che da sola nel 2014 prese il 7,12%. Degno di nota, infine, il 2,5% di Primavera democratica, una delle nuove liste civiche di Falcomatà.

Colpo di coda di Forza Italia, ma…

Ma se Atene piange Sparta non ride… Mai proverbio fu più azzeccato per un centrodestra in caduta libera, rispetto ai dati che fece registrare appena 8 mesi fa, nella trionfale cavalcata di Jole Santelli alla Regione Calabria. D’altra parte quello che si è presentato a Reggio contro l’uscente Falcomatà è un centrodestra che ricalca lo schema vincente di gennaio scorso.

Detto delle difficoltà oggettive in cui si è ritrovato il candidato sindaco Antonino Minicuci, il dato appare per certi versi impietoso. La strategia messa in campo da Francesco Cannizzaro, deus ex machina della vittoria della Santelli, e in qualche modo motore trainante di Minicuci dopo il logorio dei primi mesi estivi, ha prodotto una vittoria (personale) a metà per il candidato, che giunge al ballottaggio, ma una sconfitta per i maggiori partiti della coalizione. E non inganni l’entusiasmo che il deputato reggino ha consegnato all’opinione pubblica. D’altra parte con ogni tipo di risultato il coordinatore provinciale azzurro avrebbe avuto voce in capitolo. Di fronte all’eventuale sconfitta di Minicuci avrebbe potuto ricordare la sua ferrea opposizione alla scelta della Lega, e davanti alla conquista del ballottaggio raccogliere (come è anche avvenuto) il plauso di tutti per l’impegno profuso per la causa.

Ma i numeri sono lì a darci l’esatta dimensione del voto. Tralasciando l’8,4% delle comunali del 2014, Forza Italia è sì il primo partito in città con l’11,1%, ma ha lasciato per strada quasi due punti e mezzo percentuali rispetto alle Regionali quando si impose con il 13,5. In quella competizione diede manforte alla Santelli contribuendo all’allestimento di due civiche (Casa delle libertà e Jole Santelli presidente) che aggiunsero ulteriori 11 punti percentuali alla corazzata del centrodestra. Sulla stessa falsa riga, Cannizzaro, ha messo in campo per le comunali la civica Reggio Attiva ottenendo un ottimo risultato che, con il 3,2%, gli consente al momento attuale di entrare in Consiglio comunale.

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Perde, invece, lo scettro di primo partito della coalizione in città Fratelli d’Italia. Il riferimento, in questo caso rimangono le regionali di gennaio, quando il partito di Giorgia Meloni si impose con un imponente 14,6%. Oggi, il partito consegnato nelle mani di Denis Nesci dopo le diverse grane giudiziarie che hanno interessato alcuni esponenti di spicco, ha ottenuto solo il 7,8% dei consensi. Un’emorragia di voti preoccupante che dimezza il potere contrattuale dei Fratelli che passa dai 10 mila e passa voti di gennaio ai quasi 7 mila di oggi.

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Non va bene neanche la Lega. Il partito di Matteo Salvini può leccarsi le ferite facendo leva sul fatto di essere alla prima partecipazione elettorale a Reggio Calabria, e “accontentarsi” del 4,8% (4286 voti) restituitogli dalle urne. Ma in città a gennaio poteva contare su quasi il doppio delle preferenze (8,19% e quasi 6 mila voti). Senza dimenticare la doppia cifra delle europee. Il fatto è che la Lega è il partito di riferimento del candidato sindaco, avendolo proposto mentre una grande parte degli alleati si stracciavano le vesti. E non deve essere stato gratificante sentir dire agli stessi, e ad ogni occasione, la sottolineatura della non appartenenza alla Lega di Minicuci.