"Alice nel paese delle meraviglie" e la genialità disarmante di Lewis Carroll

di Eva Curatola - “Ma io non voglio andare fra i

di Eva Curatola“Ma io non voglio andare fra i matti, — osservò Alice. — Oh non ne puoi fare a meno, — disse il Gatto, — qui siamo tutti matti. Io sono matto, tu sei matta. — Come sai che io sia matta? — domandò Alice. — Tu sei matta, — disse il Gatto, — altrimenti non saresti venuta qui.”

E’ il giorno del suo settimo compleanno, quando Alice, spossata dal caldo ed annoiata, intravede uno strano personaggio bianco, con un simpatico panciotto colorato e gli occhi rossi, che sgambettando grida: “povero me, povero me, sto facendo tardi!”. Incuriosita Alice non può fare a meno di seguirlo e sarà proprio attraverso la tana del bianconiglio che la nostra protagonista finirà in un paese dove anche le cose più semplici, le più normali, sono buffe, pazze, completamente ingarbugliate. Il paese delle meraviglie. Il suo viaggio sarà una continua sorpresa tra giochi di parole, filastrocche strampalate, canzoncine senza capo né coda.

– “Che strada devo prendere?” chiese. – “Dove vuoi andare?” – “Non lo so”, rispose Alice. – “Allora, – disse lo Stregatto – non ha importanza”.

Il racconto di Lewis Carroll (pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson) viene annoverato tra la letteratura per l’infanzia; chi di noi non l’ha sentito nominare almeno una volta? E chi da piccolo non è rimasto pomeriggi interi incantato di fronte al cartone animato? Si perchè il racconto ha il potere di stregare il lettore, tenendolo col fiato sospeso fino all’ultima pagina.

A più di un secolo dalla sua pubblicazione il racconto non smette di stupire e di far sognare i bambini che sentono per la prima volta la storia di Alice, e i grandi che dopo tanto tempo decidono di dedicarsi ad una lettura un pò “insolita“. Si perchè l’opera costruita da Carroll è decisamente un’opera insolita, come forse ne esistono poche al mondo. Se da piccoli ci abbiamo visto solamente un insieme di scene divertenti, stravaganti e a volte senza senso, rileggendolo da grandi troveremo piccoli intrighi nascosti nella fitta trama elaborata dall’autore.

Carroll fu infatti, oltre che scrittore, anche reverendo e matematico inglese; grazie alla sua genialità troveremo, anche nelle cose più impensabili e banali, riferimenti a poemetti, proverbi o avvenimenti dell’epoca vittoriana, o ancora giochi matematici nascosti all’interno delle filastrocche cantate dai vari personaggi nel corso della storia.

“Non credere mai di essere altro che ciò che potrebbe sembrare ad altri che ciò che eri o avresti potuto essere non fosse altro che ciò che sei stata che sarebbe sembrato loro essere altro.”

Il libro nasce per caso, in una giornata di luglio quando l’autore si trova in barca in compagnia di un amico e le sue tre figlie; per passare il tempo Carroll inventa e racconta una storia, molto più breve rispetto a quella che pubblicherà in seguito, e che inizialmente prenderà il nome di: “Alice e le sue avventure nel sottosuolo“.

Lo si potrebbe definire un classico dinamico, perchè sia la trama, che i personaggi cambiano continuamente, un momento ci troviamo in un normalissimo giardino e la pagina dopo siamo catapultati nella tana di un coniglio.

Nel racconto ogni cosa prende vita, tanto che spesso durante la lettura si potrebbe affermare che solo un bambino potrebbe aver avuto la fantasia necessaria a metter in piedi un racconto del genere.
Eppure se ci soffermiamo un pò di più, scostando il velo dell’apparenza quello che ci troviamo di fronte non è forse uno specchio della società? Dove gli animali (protagonisti del libro), cosi come gli uomini, si muovono freneticamente con la smania di fare tanto senza riuscire però in nulla, a causa della troppa fretta.

“- Alice: Per quanto tempo è per sempre? – Bianconiglio: A volte, solo un secondo.”

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