Aggressioni in carcere, Busà (SiNAPPe): ‘Situazione insostenibile, solidarietà al collega’

"Il detenuto protagonista dei fatti non è nuovo all’uso di alcool e a conseguenti azioni violente"


Di seguito il comunicato stampa con le dichiarazioni di Cristina Busà, Vice-Segretario Regionale del SiNAPPe, sull’ennesima aggressione avvenuta presso la Casa Circondariale di Catanzaro.

“Sembra non avere fine l’incubo vissuto nella Casa Circondariale di Catanzaro! Anche oggi l’ennesima aggressione! Solo poche ore addietro un detenuto del circuito media sicurezza, alterato dall’uso di alcool, ha aggredito il proprio compagno di stanza che non ha riportato traumi unicamente grazie all’intervento della Polizia penitenziaria. Nonostante il personale del Corpo di Polizia penitenziaria avesse da subito cercato di contenere la violenza dell’uomo. con una opera di mediazione, egli non ha tardato a reagire dapprima proferendo loro minacce e insulti e di seguito aggredendo il personale intervenuto”.

Prosegue la portavoce del SiNaPPe:

“Il detenuto protagonista dei fatti non è nuovo all’uso di alcool e a conseguenti azioni violente tuttavia, anche questa volta, ad avere la peggio un Poliziotto penitenziario che aggredito e spinto violentemente contro una branda in ferro è stato accompagnato al pronto soccorso dell’Ospedale cittadino a causa delle diverse ferite riportate agli arti e del trauma alla spalla, al gomito e al collo, dimesso in seguito con una prognosi iniziale di 15 giorni e l’indicazione di eseguire ulteriori esami diagnostici. Il personale è saturo per ciò che è costretto a subire, bisognerebbe comprendere che il garantismo attuato nei confronti dei detenuti non è una soluzione di gestione e indubbiamente pone il personale di Polizia penitenziaria in situazioni di profondo rischio. Continuiamo ad assistere ad una escalation di aggressioni e di violenza che hanno ripercussioni fisiche e psicologiche sugli uomini e le donne della Polizia penitenziaria che, ormai stanchi e demoralizzati, come all’interno di un labirinto non vedono più la luce in fondo al tunnel!!!

Conclude Cristina Busà:

“Ci chiediamo perchè nonostante la massiccia presenza di detenuti con problematiche psichiatriche che fanno uso di terapie farmacologiche e detenuti che hanno commesso reati violenti per crimini conseguenti all’uso di alcool, nei penitenziari italiani sia ancora consentito l’acquisto di birra e/o vino, acquisto che seppur limitato è causa di accumuli e scambi. Siamo consapevoli che spesso le bevande alcooliche in carcere sono autoprodotte, ma ciò non esclude responsabilità nei confronti di chi non si adopera nella tutela del personale. Il malessere e il disagio lavorativo hanno ormai pervaso gli animi, il personale è stanco di dover mettere a repentaglio la propria vita senza che vi sia la volontà di individuare soluzioni che diano concretezza a quanto si continua a sentire sul sistema carcere. La situazione è ormai insostenibile! Al collega vittima di tale violenza va tutta la nostra solidarietà e un sincero augurio di pronta guarigione”.