Salute mentale e i suoi disturbi: ipocondria, la malattia nascosta

Il soggetto ipocondriaco non si cura per vivere, ma vive per curarsi. L'approfondimento della dott.ssa Custoza dell'istituto di Neuroscienze di Reggio Calabria

Ipocondria

«Quell’agente patogeno, mille volte più virulento di tutti i microbi: l’idea di essere malati». (Marcel Proust)

Salute e malattia sono due condizioni che influiscono intensamente sull’esistenza umana. Se la salute ha a che fare con un equilibrio psicofisico, la malattia ci riporta al concetto di perdita e, se grave, a quello di morte. Come non avere paura di tutto ciò che è perdita incontrollabile? Aver paura delle malattie è legittimo e una sana attenzione alla nostra salute è fondamentale per vivere una vita felice. Tuttavia, quando la preoccupazione si trasforma in terrore, la vita diventa un incubo e ci si trova in una condizione di grande sofferenza che compromette la sfera personale, familiare e lavorativa. Il soggetto ipocondriaco non si cura per vivere, ma vive per curarsi.

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In passato, tanti sono stati gli uomini di cultura che hanno sofferto di ipocondria:

  • Charles Darwin terrorizzato da un parassita dell’intestino;
  • Andy Warhol e i dubbi sulla sua consistenza fisica;
  • Marcel Proust ossessionato dall’asma;
  • Sigmund Freud e la preoccupazione costante di morire di infarto ecc..

Ognuno di noi nella vita avrà avuto a che fare con almeno un amico o familiare ipocondriaco; ma cosa sappiamo di questa persona che ai nostri occhi appare così pesante e insopportabile? Ci siamo mai domandati qual è il suo vissuto emotivo?

Il termine ipocondria deriva dal mondo greco in cui letteralmente significava avere un problema agli “ipocondri”, zone dell’addome dove risiedono organi interni come milza e fegato, sede di sentimenti e passioni viscerali.

Nel 1896, Emil Kraepelin introduce il concetto di ipocondria come “paura esagerata delle malattie” classificabile sotto sintomi reali e sintomi senza causa organica.

Col tempo la medicina ha preso sempre più consapevolezza che l’ipocondriaco non è un malato immaginario ma che “la sofferenza dell’individuo è autentica, che sia spiegabile o non spiegabile da un punto di vista medico” (DSM-5).

Attualmente nel DSM-5, il manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali, si parla di “ansia di malattia”, ma nel linguaggio comune viene mantenuto il termine ipocondria per riferirsi ai soggetti che soffrono di tale patologia.

Il disturbo d’ansia di malattia è un disturbo psichiatrico caratterizzato da ansia persistente di avere o sviluppare una grave patologia organica non diagnosticata.

Il DSM-5 individua come criteri diagnostici:

  • la preoccupazione di avere o contrarre una grave malattia per almeno 6 mesi;
  • l’assenza di sintomi somatici o, se presenti, sono di lieve intensità;
  • un elevato livello di ansia riguardante la salute;
  • eccessivi comportamenti correlati alla salute (per es. controlla ripetutamente il proprio corpo ricercando segni di malattia) ed evitamenti disadattivi (per es. evita le visite mediche).

Il paziente ipocondriaco si rivolge più frequentemente al medico curante anziché ad un esperto di salute mentale. Generalmente, è il medico di base a ipotizzare per la prima volta un disturbo di questo genere poiché, nonostante ripetuti esami e indagini di laboratorio, il paziente vive una preoccupazione invalidante.

Spesso il soggetto non presenta sintomi organici, se presenti spesso sono lievi, quando correlati ad una vera patologia la preoccupazione è comunque eccessiva rispetto alla sua gravità. In genere, i referti negativi arrecano sentimenti di insoddisfazione nel soggetto che consulta altri medici, accusando i precedenti di incompetenza o di superficialità. Volendo controllare ciò che non è controllabile dibattere sulla propria malattia gli permette di credere di poter governare il proprio destino.

I soggetti ipocondriaci possono appartenere a due categorie:

  1. Il soggetto che utilizza frequentemente il sistema sanitario e vive costantemente alla ricerca della malattia invisibile.
  2. Il soggetto che evita le cure mediche perché il medico o gli esami di laboratorio potrebbero rivelare una malattia letale.

Esiste un continuum tra il disturbo d’ansia di malattia e il disturbo delirante di tipo somatico; nel primo caso il soggetto ammette la possibilità che le preoccupazioni siano infondate anche se queste restano pur sempre plausibili, nel secondo caso il soggetto non è disponibile a recedere dalla convinzione di essere ammalato.

Ma cosa nasconde questo meccanismo di autoprotezione che li rende dei prigionieri?

I fattori eziopatogenetici sono soprattutto di tipo psicologico. Le teorie psicodinamiche nel corso degli anni hanno avanzato le seguenti ipotesi:

  • presenza di impulsi aggressivi inconsci verso gli altri che vengono indirizzati al proprio corpo;
  • pensiero ipocondriaco come meccanismo di difesa per espiare colpe per errori del passato (reali o immaginari);
  • ricerca del ruolo sociale di malato per sottrarsi a problemi o impegni che il soggetto reputa insormontabili;
  • elevata autostima ed eccessiva attenzione verso di sé;
  • volersi vedere nella condizione di “debole e fragile” per potersi proteggere dalla consapevolezza dei propri impulsi aggressivi.

Tra i fattori di rischio più importanti vi sono:

  • genitori con grande attenzione e preoccupazione alla salute;
  • eventi personali o familiari in cui si è venuti a contatto con gravi malattie;
  • presenza di altri disturbi d’ansia sottostanti (es. il disturbo di panico);
  • investire una considerevole quantità di tempo a ricercare materiale relativo alla salute su vari siti internet.

Per quanto riguarda il trattamento, la psicoterapia è l’intervento di prima linea, in particolare la terapia cognitivo-comportamentale che si concentra sulle convinzioni cognitive maladattive disfunzionali e include la psicoeducazione alla normali sensazioni somatiche che tanto preoccupano questi soggetti. Il trattamento farmacologico invece include antidepressivi come gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina e gli inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina.

La prognosi è più favorevole tanto più precocemente si inizia un trattamento psichiatrico e psicoterapico dal momento che è alto il rischio di sviluppare altri disturbi psichiatrici come disturbi d’ansia, depressivi e di personalità. Il disturbo inoltre determina spesso ingenti spese mediche e frequenti assenze dal lavoro e può rappresentare un onere elevato per il sistema sanitario date le continue richieste di indagini costose e non necessarie. È auspicabile che i medici generici e gli internisti siano ben formati al riguardo, per riconoscerne tempestivamente i campanelli d’allarme.