Macchina della scorta di Falcone a Reggio, la vedova Montinaro: ‘Aspetto ancora la verità’
"Polemiche solo in Calabria". Le parole della moglie del capo scorta del giudice Giovanni Falcone, morto nella strage di Capaci
18 Gennaio 2022 - 18:35 | di Eva Curatola
Manca davvero poco all’arrivo della “Quarto Savona Quindici” in provincia di Reggio Calabria. Fortemente voluta dall’associazione Biesse , l’iniziativa vede protagonista ciò che rimanere di quella che, in codice, era la Croma blindata su cui viaggiavano gli uomini della scorta di Giovanni Falcone, uccisi nella Strage di Capaci.
La Quarto Savona Quindici a Villa San Giovanni
Ciò che rimanedell’auto è conservato all’interno di una teca che, per due giorni, avrà una nuova casa presso l’istituto alberghiero di Villa San Giovanni.
L’associazione reggina, che da sempre si occupa della promozione della legalità, in particolar modo nei più giovani, in occasione del trentennale della DIA, ha deciso di ricordare il sacrificio di Antonio Montinaro, Vito Schifani, Rocco Dicillo, gli uomini che persero la vita in quel maledetto 23 maggio 1992.
All’appuntamento fissato per il 26 gennaio alle ore 10:30, saranno presenti il dott. Maurizio Vallone, direttore nazionale della DIA e la sig.ra Tina Montinaro, moglie del capo scorta di Falcone e tutte le più alte cariche istituzionali.
Siviglia: “I ragazzi devono conoscere la storia”
Ospite del format settimanale di CityNow, Live Break, la presidente dell’associazione Biesse, Bruna Siviglia ha commentato la reazione di una parte di cittadina alla notizia dell’arrivo della teca in città.
“I ragazzi hanno bisogno di conoscere la storia. A criticare l’iniziativa è una sparuta minoranza che non comprende il significato della presenza della Quarto Savona Quindici in città.
Il tritolo che ha fatto saltare in aria quell’auto ci mostra tutta la crudeltà di cui è capace l’uomo, ed è, al tempo stesso, l’emblema della lotta alla mafia. La Quarto Savona Quindici serve a non dimenticare mai che ci sono uomini che credono talmente tanto nei valori di legalità e giustizia, da dare la vita”.
Montinaro: “Non comprendo le polemiche, forse qualcuno non la vuole vedere”
Anche la moglie del capo scorta del giudice Giovanni Falcone è intervenuta, in diretta, ai microfoni di CityNow per promuovere l’iniziativa antimafia in programma nei prossimi giorni.
“Non capisco le polemiche – ha affermato Tina Montinaro. La cosa strana è che mi è capitato altre volte, ma solo in Calabria. Se quella macchina riusciamo a guardarla sia io che i miei figli, non vedo che problema debbano avere gli altri, soprattutto tenendo conto di quello che si vede oggi in tv. Diciamo, forse, che qualcuno non la vuole vedere.
E invece, guardarla è importante perché ci dobbiamo ricordare cosa è successo. Siamo responsabili perché siamo stati tutti indifferenti. Per questo sono felice di partecipare all’evento di Bruna Siviglia in occasione del trentennale della DIA e della strage di Capaci.
Tutto quello che accadde quel giorno va ricordato a chi ha la memoria corta. Dobbiamo parlare, raccontare ai giovani, perché noi adulti non siamo stati bravi e, solo così, possiamo evitar loro di commettere i nostri stessi errori”.
Quello di Tina Montinaro è un discorso appassionante che non può non destare l’attenzione dei cttadini:
“Come vede hanno ucciso Antonio Montinaro, ma Tina continua ad andare avanti per mostrare a chi crede che la stagione delle stragi di mafia sia ormai lontana che la mafia, oggi, è cambiata. Forse usa meno la forza, ma ciò non significa che non esista o che non continui ad operare.
Oggi non conviene più fare le stragi. La mafia è più “pulita”, non come quella di una volta, è meno riconoscibile e, per questo, ancora più potente”.
Tina Montinaro non ha bisogno di alzare la voce per rendere gravi le sue parole mentre racconta la drammaticità dell’evento che ha sconvolto la sua famiglia, così come l’Italia intera.
“Quando penso alla Quarto Savona Quindici, penso a quei 500 kg di tritolo ed a chi ha pagato amaramente la lotta alla mafia. Quella bomba a Capaci è entrata nelle nostre case. Perciò a chi parla di “immagine troppo crudele” dico “giratevi dall’altra parte, così come fatto anche in passato”.
La donna, che ha fatto della battaglia contro la mafia uno scopo di vita racconta anche del ricordo che porta con se del marito scomparso:
“È l’immagine di un ragazzo che, a 24 anni, decide di scortare l’uomo più a rischio dell’intero Paese. Una scelta fatta per il senso del dovere e della giustizia. Ricordo la bontà ed il suo sorriso ed il modo in cui svolgeva il suo lavoro determinazione.
Tutti noi siamo orgogliosi di quel ragazzo, perché mio marito aveva 29 anni quando è stato ucciso, e, a differenza di tanti altri, ha fatto una morte con dignità. Ovviamente era consapevole di ciò a cui andava incontro – ha proseguito Montinaro – il periodo era quello che era, non stiamo parlando di oggi, negli anni ’90 i morti si contavano tutti i giorni, ma aveva fatto una scelta e la vita è fatta di questo. Bisogna decidere da che parte stare. Lui non avrebbe voluto fare nient’altro perché credeva in quel magistrato che avrebbe potuto cambiare l’Italia”.
E sul processo di demolizione della mafia, Montinaro ha concluso:
“Credo che fin quando le istituzioni e le persone che si considerano perbene continueranno a girarsi dall’altra parte, avremo difficoltà a sconfiggere la mafia. Di quel terribile giorno non mi spiego ancora tante cose, dopo 29 anni di processo sto ancora aspettando la verità.
Rimango comunque convinta che lo Stato non sia un’entità astratta, ma un ente composto da uomini”.