Caso Ripepi, lo scontro tra la Chiesa di Catona e il diacono Petrolino finisce sulla scrivania di Papa Francesco
La comunità del Pastore – consigliere ha scritto alla Santa sede per chiedere un incontro urgente: ‘Atto di cristianofobia’
27 Gennaio 2021 - 18:09 | di Claudio Labate
“Un grave atto di discriminazione e cristianofobia praticato dagli stessi cristiani”. Così il Consiglio Pastorale della Chiesa Cristiana di Catona bolla l’ultimo atto – l’esclusione della Chiesa “Gesù Cristo è il Signore” dall’annuale celebrazione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani – consumato dal Consiglio delle Chiese Cristiane presieduto dal Diacono Enzo Petrolino.
Una vera e propria “guerra santa” in riva allo Stretto, che ha spinto la comunità di Catona a chiedere un urgente incontro con Papa Francesco Bergoglio, attraverso una dettagliata missiva in cui si ripercorrono le tappe principali di uno scontro religioso che non ha precedenti.
L’esplosione del “caso Ripepi”
Come ormai noto, nel dicembre scorso, la comunità religiosa di Catona è stata travolta dal clamore mediatico sollevato dalle affermazioni contenute nella denuncia che una coppia di genitori ha sporto nei confronti di un loro prossimo congiunto, per un presunto gravissimo reato di pedofilia – i fatti risalenti al 2018 sono attribuiti allo zio della minore che dopo quasi due anni è stato arrestato – imputando il ritardo della denuncia (due anni) alle “ingerenze” di uno dei pastori chiesa.
Secondo le ricostruzioni di quei giorni uno dei pastori della Chiesa Cristiana “Gesù Cristo è il Signore” di Catona, ossia il Pastore Senior Massimo Ripepi, anche Consigliere del Comune di Reggio Calabria, venuto a conoscenza dei fatti, avrebbe sconsigliato i genitori della minore, membri della predetta comunità cristiana, dallo sporgere denuncia contro l’autore delle presunte molestie.
“La notizia così come diffusa dagli organi di stampa – è la difesa del Consiglio pastorale della Chiesa di Catona – non trovava fondamento in un’attività di indagine compiuta dall’Autorità Giudiziaria, ma esclusivamente sulle dichiarazioni rese dai genitori della piccola, i quali, non avendo denunciato il loro prossimo congiunto se non dopo l’arresto dello stesso, a quasi due anni di distanza dai fatti, preoccupati di vedersi sottrarre la potestà genitoriale sulla figlia, tentavano di discolparsi raccontando di essere stati convinti dal suddetto Pastore Senior a non denunciare le molestie perpetrate dal loro prossimo congiunto”.
Lo scontro con Petrolino
Vale la pena ricordare che circa 25 anni fa, si è costituito a Reggio Calabria, il Consiglio delle Chiese Cristiane, avente il fine di favorire il dialogo ecumenico tra le varie confessioni religiose cristiane ed attuare l’annuale settimana di preghiera per l’unità dei cristiani praticata in tutto il mondo nel mese di Gennaio di ogni anno.
Il Consiglio è composto da diverse confessioni religiose cristiane: Cattolici, Valdesi, Battisti, Ortodossi Rumeni, Greco Ortodossi, Chiesa della Riconciliazione e da tre chiese cristiane libere (non afferenti a denominazioni nazionali): la Chiesa Cristiana di Gallico, La Chiesa Cristiana di San Cristoforo e la Chiesa Cristiana “Gesù Cristo è il Signore” di Catona.
Il Consiglio delle chiese Cristiane è presieduto dal Diacono Enzo Petrolino che, a seguito dell’esplosione del caso che ha coinvolto il pastore Massimo Ripepi ha diramato una nota in cui si chiedeva la sospensione dal partecipare alle riunioni pastorali e il sostanziale allontanamento della Chiesa Cristiana “Gesù Cristo è il Signore” di Catona, impedendo di fatto ai membri di presenziare alle riunioni della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
La richiesta di sospensione, in un primo momento, fu accolta seppur considerata “ingiusta”, in attesa di una convocazione per chiarire la situazione,
“posto che – si legge nella lettera inviata alla Santa Sede – alcuni Pastori, ed in particolare il Pastore della Chiesa della Riconciliazione, Pasquale Focà, aveva comunicato il proprio impegno ad organizzare un incontro chiarificatore”.
Nel frattempo però la richiesta di autosospensione di Ripepi e di tutta la Comunità fu resa pubblica, acuendo i contrasti con la Chiesa di Catona.
“Quanto sopra – si legge ancora – veniva deliberato nel nome del Signore in una riunione illegittimamente tenuta dal Consiglio, che in questi anni mai era riuscito a deliberare alcunché, stante l’obbligo statutario dell’unanimità per qualsiasi determinazione. Alla suddetta riunione infatti i rappresentanti della nostra chiesa non venivano neppure invitati a partecipare, né erano presenti tutti i delegati delle altre confessioni religiose cristiane, essendo emerso che la delibera veniva approvata solo da 5 consiglieri su 9”.
La contromossa
A questo punto la Chiesa Cristiana “Gesù Cristo è il Pastore” passa al contrattacco per difendersi.
“Mai era stato preso un provvedimento di alcun genere all’interno del consiglio in quanto è sempre mancata l’unanimità. Inoltre mai nessuno aveva chiesto la sospensione di alcuna confessione religiosa nemmeno allorquando ministri della Chiesa Cattolica locale della diocesi Reggio Calabria – Bova erano stati arrestati per pedofilia e anche per prostituzione minorile. Tutti i membri della nostra chiesa invece sono stati allontanati ingiustamente per un fatto “anni luce” meno grave rispetto agli atti contestati ai ministri della Chiesa Cattolica”.
Insomma sono cominciati a volare gli stracci. Così, con lettera indirizzata al presidente Petrolino e agli altri membri del consiglio, sono stati chiesto gli atti della delibera e ulteriori chiarimenti in merito alla disparità di trattamento riservato alla comunità.
“A seguito della mancata risposta alle nostre legittime richieste e al silenzio tombale abbiamo quindi chiesto le dimissioni da Presidente del diacono Enzo Petrolino, dimostratosi inidoneo a presiedere l’associazione per non avere neppure adempiuto al basilare obbligo di verbalizzazione di una così importante deliberazione, oltre che per l’assoluta mancanza di carità manifestata nei confronti di un’intera comunità di fedeli, crocifissa senza alcuna remora davanti all’opinione pubblica”.
La scelta del Consiglio Pastorale
La comunità di Catona ha quindi “sperato” fino all’ultimo in quello che gli stessi definiscono un
“atto di umiltà nel riconoscere il gravissimo ‘omicidio’ compiuto ai danni della dignità e dell’onore di circa 400 membri di una comunità che si è sempre contraddistinta nell’amore e nel servizio cristiano per la nostra città”.
Tuttavia nulla si è smosso. Le posizioni sono rimaste sostanzialmente invariate. Da qui la decisione del Consiglio pastorale:
“Considerato quanto di ingiusto ed illegale è accaduto e considerata l’assoluta mancanza di ogni forma di rispetto della nostra dignità, non essendo stati reputati degni neppure di una risposta, il Consiglio Pastorale della nostra chiesa ha deliberato di inviare richiesta di audizione urgente a Papa Francesco Bergoglio e a tutti i rappresentanti nazionali delle altre confessioni religiose, allegando una dettagliata relazione dei fatti, denunciando il gravissimo atto di discriminazione e cristianofobia di minoranze religiose chiedendo anche provvedimenti disciplinari per i responsabili locali di tali fatti.