‘Ndrangheta, Malefix: la ricostruzione degli investigatori e il ruolo di Giorgio De Stefano

Tutti i dettagli dell'operazione odierna della Polizia di Stato


Le indagini svolte dalla Polizia di Stato – sotto le direttive dei Sostituti Procuratori della D.D.A. di Reggio Calabria Stefano MUSOLINO, Walter IGNAZITTO e Roberto Placido DI PALMA – documentano l’esistenza e l’operatività delle cosche DE STEFANO – TEGANO e LIBRI, in posizione di preminenza nella città di Reggio Calabria e forniscono un importante spaccato sulle frizioni registratesi in seno al sodalizio criminale DE STEFANO – TEGANO e tra detta consorteria e quella dei LIBRI rispetto alla spartizione degli ingenti proventi delle attività estorsive poste in essere in danno di operatori economici e commerciali del centro cittadino di Reggio Calabria.

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L’inchiesta ha portato alla luce alcuni gravi contrasti sorti tra Carmine DE STEFANO , attuale vertice dell’omonimo casato di ‘ndrangheta e MOLINETTI Luigi , elemento di elevato spessore criminale del clan DE STEFANO, storicamente egemone nel quartiere Archi ed in tutto il centro della città di Reggio Calabria, per dirimere i quali è stato richiesto l’intervento di Alfonso MOLINETTI , esponente storico e carismatico della cosca DE STEFANO, cui i maggiorenti del sodalizio criminale hanno fatto riferimento ed affidamento con l’obiettivo di riportare a miti consigli il fratello Luigi e ottenere la garanzia dell’assoluta fedeltà dei MOLINETTI alla clan di appartenenza.

La ricostruzione delle dinamiche interne al clan DE STEFANO ha consentito agli investigatori di comprendere come gli attriti fossero sorti a causa:

– di opinioni divergenti tra Luigi MOLINETTI e Carmine DE STEFANO in relazione alla gestione degli affari illeciti ed in particolare delle estorsioni agli operatori economici e commerciali;
– della scarsa considerazione che Luigi MOLINETTI aveva di Carmine DE STEFANO come soggetto apicale della cosca;- del disappunto di MOLINETTI Luigi nei confronti di Carmine DE STEFANO il quale non aveva espresso “solidarietà” quando gli era stato notificato un provvedimento giudiziario, in qualità di indagato, nell’ambito del procedimento penale relativo all’omicidio del giudice Antonino SCOPELLITI;
– del risentimento di MOLINETTI Luigi derivante dall’atteggiamento punitivo di Carmine De STEFANO nei confronti di DE CARLO Maurizio, imprenditore di riferimento della cosca e cognato dello stesso MOLINETTI. Nel censurare alcuni errori del DE CARLO, Carmine DE STEFANO aveva deciso, in forza del proprio status di vertice della cosca, di estrometterlo dalla gestione della sua azienda, rimessa esclusivamente nelle mani del geometra LAGANÀ Salvatore, suo collaboratore. Luigi MOLINETTI si era pertanto schierato dalla parte del cognato, facendosi garante della sua protezione contro le intemperanze di Carmine DE STEFANO, paventando addirittura il rischio di dare inizio ad una guerra qualora i DE STEFANO avessero in qualche modo agito contro il DE CARLO.

Il timore che i dissidi con Luigi MOLINETTI potessero degenerare in una scissione dagli esiti incerti e pericolosi, induceva i fratelli DE STEFANO Carmine e Giorgio [già CONDELLO SIBIO] e ad investire della delicata questione MOLINETTI Alfonso, fratello di Luigi, ritenuto uno dei loro alleati più fedeli.
Prima di MOLINETTI Alfonso, Carmine DE STEFANO aveva interessato della vicenda lo storico e affidabile sodale SERIO Antonio che venne mandato in avanscoperta ad incontrare Gino MOLINETTI con l’obiettivo di ricomporre i dissidi interni. La missione, tuttavia, era fallita, atteso che, per il tramite di SERIO, Gino MOLINETTI aveva mandato a dire a Carmine DE STEFANO che egli aveva intenzione di agire in autonomia, senza dare conto del suo operato ai DE STEFANO. Fallita la missione di SERIO, per Carmine e Giorgio DE STEFANO non rimaneva altro da fare, per risanare le divergenze con Luigi MOLINETTI, che rivolgersi al fratello Alfonso.

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In realtà, stando alle risultanze delle intercettazioni, l’obiettivo di MOLINETTI Luigi non era tanto quello di affrancarsi dalla cosca madre dei DE STEFANO – come auspicato invece dai figli Alfonso [classe 1995] e Salvatore Giuseppe [classe 1989] con l’avallo della madre – quanto quello di avere uno spazio di autonomia operativa e decisionale rispetto alle ingerenze di Carmine DE STEFANO.
Le dinamiche afferenti alle indicate controversie emergevano sostanzialmente nel corso di due incontri. Il primo, avvenuto a Napoli, il 25 agosto 2019, tra MOLINETTI Alfonso e Giorgio DE STEFANO. Il secondo, sempre a Napoli, nelle date del 30 e 31 agosto 2019 – tra i fratelli Alfonso e Luigi MOLINETTI.
Nell’incontro del 25 agosto i DE STEFANO lamentavano:
– le mire espansionistiche del MOLINETTI Luigi sul locale di Gallico;
– nell’ottica della spinta autonomista, la mancanza di rispetto di MOLINETTI Luigi nei confronti di LABATE Franco in occasione dell’apertura di una pescheria nel quartiere Gebbione, avendo avvertito in ritardo i LABATE dell’inizio di tale attività nella loro zona di influenza criminale;
– alcune divergenze tra il MOLINETTI Luigi e “Totuccio” SERIO sull’assegnazione di alcune “cariche” di ‘ndrangheta;
– l’episodio che aveva visto al centro di un cruento pestaggio un noto ristoratore reggino , la cui effettiva finalità, secondo i DE STEFANO, era da attribuire alla volontà di Luigi MOLINETTI di porre in cattiva luce Carmine DE STEFANO e conseguentemente di sminuire il prestigio criminale della cosca.

Nel corso di quella riunione, Giorgio DE STEFANO rappresentava che le condizioni di stabilità e di equilibrio della criminalità organizzata reggina erano garantite dalle strategie dirigenziali e decisionali della cosca cui essi appartenevano e riteneva pretestuoso e assurdo che MOLINETTI Luigi potesse essersi risentito perché Carmine DE STEFANO non gli aveva espresso solidarietà quando gli fu notificato l’avviso di garanzia per l’omicidio del giudice SCOPELLITI, dato che lo stesso provvedimento era stato notificato anche al fratello Giuseppe DE STEFANO. Disapprovava che Luigi MOLINETTI non vedesse di buon occhio la vicinanza del figlio di Alfonso – Salvatore Giuseppe MOLINETTI classe 1982 – con il fratello Carmine DE STEFANO e criticasse l’allontanamento del sodale RANDISI Antonio da Archi e dalla sfera dei suoi interessi [di Luigi MOLINETTI] a favore della famiglia DE STEFANO. Auspicava una maggiore coesione dei MOLINETTI con la cosca di appartenenza, prospettando la possibilità di farsi coadiuvare anche dai figli di Luigi MOLINETTI nella gestione degli affari del clan a Milano e all’estero e sperava che le controversie potessero chiudersi anche senza l’autorevole intervento di MOLINETTI Alfonso, dal momento che pure il fratello Carmine era pronto, se del caso, a riconoscere di aver potuto commettere qualche involontario errore. Dal canto suo, Alfonso MOLINETTI, riconfermava il vincolo di fedeltà alla famiglia DE STEFANO.
Emergeva dunque dalle attività investigative come Giorgio DE STEFANO – nonostante si fosse da tempo trasferito a Milano – non avesse mai interrotto i legami con la famiglia di appartenenza, né con gli affari della cosca. Nel corso delle conversazioni intercettate sosteneva che per lui era sufficiente tornare talvolta in Calabria per risolvere questioni problematiche, mentre per il disbrigo delle incombenze ordinarie delegava persone di fiducia del luogo.

Il secondo incontro avvenuto a Napoli, nelle date del 30 e 31 agosto 2019, tra Alfonso e Luigi MOLINETTI, era finalizzato a chiarire le frizioni di cui Giorgio DE STEFANO aveva parlato al primo nella riunione del 25 agosto.

Nel corso di alcune conversazioni intercettate con il fratello Alfonso nei suindicati giorni della fine di agosto 2019, Luigi MOLINETTI, lamentava il fatto che Carmine DE STEFANO non lo aveva sostenuto economicamente, nonostante disponesse di ingenti risorse finanziarie che sperperava con il fratello Giorgio, ma anzi era solito lamentarsi delle sue precarie condizioni economiche. Alfonso MOLINETTI riferiva che i capitali dei DE STEFANO potevano derivare dai cospicui lasciti del padre e che le ristrettezze finanziarie rappresentate da Carmine DE STEFANO potevano dipendere dal fatto che egli doveva provvedere al sostentamento economico dei familiari e degli affini detenuti in carcere. Aggiungeva di aver ricevuto 700 euro da Carmine DE STEFANO attraverso il figlio Salvatore Giuseppe [classe 82], ma Luigi MOLINETTI non cambiava opinione e recriminava il fatto i DE STEFANO non avevano neanche riconosciuto i meriti da loro acquisiti durante la sanguinosa guerra di ‘ndrangheta che li aveva visti schierati al loro fianco. Alfonso MOLINETTI cautamente suggeriva al fratello Luigi di riconoscere la propria subordinazione rispetto ai DE STEFANO e di sostenere, dinanzi a chiunque, che il locale di Gallico – caratterizzato da molteplici controversie – faceva capo alla suddetta famiglia di ‘ndrangheta.

Luigi MOLINETTI asseriva che anche Orazio DE STEFANO [zio di Carmine e Giorgio DE STEFANO], con ruolo apicale all’interno della cosca, aveva poca considerazione del loro operato criminale. Allora Alfonso MOLINETTI esortava il fratello a partecipare all’incontro chiarificatore che Carmine DE STEFANO aveva chiesto attraverso il figlio Salvatore Giuseppe. Dal canto suo egli [Alfonso MOLINETTI] si augurava di poter diventare un giorno, libero da vincoli giudiziari, “consigliori” di Carmine DE STEFANO, anche per riequilibrare i rapporti tra questi e lo zio e quindi potenziare la cosca di appartenenza. Sebbene Luigi MOLINETTI invitasse il fratello a non esporsi più del dovuto rispetto alle dinamiche intrinseche alla famiglia DE STEFANO, quest’ultimo ribadiva con fermezza l’assoluta fedeltà della sua famiglia ai DE STEFANO.

L’attività di indagine ha anche evidenziato l’esistenza di importati attriti tra le cosche DE STEFANO – TEGANO e LIBRI. Da alcune conversazioni captate ad Antonio LIBRI è emerso che ciascuna consorteria continuava a raccogliere le estorsioni secondo prassi consolidate che non tenevano conto degli accordi in base ai quali i proventi dovevano essere divisi tra le cosche di riferimento sul territorio. Antonio LIBRI si lamentava con un esponente della cosca DE STEFANO-TEGANO che non venivano rispettate le regole di condivisione tra le famiglie dei proventi estorsivi. Era infatti accaduto che alcuni introiti estorsivi non erano stati ripartiti come convenuto. Il LIBRI aveva saputo che – in occasione delle festività natalizie del 2017 – era stata raccolta da Carmine e Giorgio DE STEFANO una consistente somma di denaro [nell’ordine di alcune migliaia di euro], senza che nulla venisse corrisposto ai LIBRI ai quali – a suo dire – arrivavano le briciole [noccioline], tanto da non riuscire a garantire il mantenimento in carcere dei capi cosca. L’episodio estorsivo [non denunciato] riguardava un noto imprenditore reggino della ristorazione, titolare anche di alcuni locali di intrattenimento. Nel corso di un colloquio tra il LIBRI e Donatello CANZONIERI [storico esponente dei DE STEFANO TEGANO] emergeva che Giorgio DE STEFANO, ostentando il suo ruolo apicale all’interno della consorteria di famiglia e minacciando gravi ripercussioni alla vittima, aveva costretto il citato imprenditore a consegnare la somma di denaro che poi era stata trattenuta da Carmine DE STEFANO. Giorgio DE STEFANO, aveva invece assicurato all’imprenditore che il denaro era destinato alle quattro famiglie di ‘ndrangheta egemoni sul centro cittadino [DE STEFANO, TEGANO, LIBRI e CONDELLO], salvo poi – come detto – non procedere alla spartizione. Il fatto che i LIBRI fossero stati esclusi dai proventi di questa estorsione aveva creato la frizione, di cui lo stesso LIBRI Antonio aveva parlato con Mico TEGANO e Giuseppe Salvatore MOLINETTI [classe 1989]. Del fatto, LIBRI Antonio – tramite POLIMENO Lorenzo – aveva portato a conoscenza anche DE STEFANO Orazio, esponente di vertice dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta, nonché CANZONIERI Donatello, autorevole mediatore criminale sia tra i DE STEFANO e i LIBRI in occasione delle fibrillazioni sorte perché Carmine DE STEFANO aveva trattenuto i proventi di quella estorsione, sia tra le diverse fazioni delle cosche di Archi [in particolare all’interno dei DE STEFANO, laddove – come visto – palese era il contrasto tra Carmine DE STEFANO e Gino MOLINETTI].

Le divergenze e le incomprensioni avevano indotto esponenti di rilievo delle due cosche DE STEFANO-TEGANO e LIBRI ad organizzare un incontro al vertice tra Antonio LIBRI, Edoardo MANGIOLA e Carmine POLIMENI [genero del boss Giovanni TEGANO]. Il dialogo tra Antonio LIBRI, Edoardo MANGIOLA e Carmine POLIMENI veniva captato attraverso l’intercettazione dello smartphone in uso al primo. Il POLIMENI mostrava di condividere le preoccupazioni del LIBRI e del MANGIOLA e questa dichiarata unità di intenti induceva i dialoganti a pensare a nuove e congiunte prospettive di profitto, rafforzando così, reciprocamente, il comune convincimento in ordine alla necessità di innovare le modalità operative criminali che avevano finora caratterizzato le estorsioni ai danni degli operatori economici del centro della città di Reggio Calabria. MANGIOLA e LIBRI avevano pertanto intenzione di indire una riunione che coinvolgesse anche TEGANO Domenico e DE STEFANO Orazio, soggetto quest’ultimo con cui i LIBRI ritenevano di doversi necessariamente confrontare per la riprogrammazione della cogestione degli affari illeciti da parte di entrambe le cosche. LIBRI Antonio suggeriva di formare un gruppo misto, composto da appartenenti alle due distinte consorterie; una sorta di commissione tecnica, in modo da evitare sovrapposizioni e fraintendimenti. Sempre nell’ottica della rinnovazione di un piano estorsivo generale, il trio ipotizzava l’avvio di una più efficiente raccolta estorsiva lungo tutto l’asse del centro cittadino di Reggio Calabria, che garantisse una sorta di rastrellamento delle attività economiche, al fine di compensare i proventi illeciti ridotti dalla crisi economica e si proponeva di incrementare i profitti delittuosi, organizzando anche l’imposizione intimidatoria delle assunzioni da parte dei gestori di attività. LIBRI e MANGIOLA facevano presente che in caso di mancato accordo avrebbero proceduto autonomamente a riscuotere le estorsioni.

In relazione a tali frizioni, l’indagato POLIMENI Augusto Antonino, che aveva piena contezza degli affari criminali comuni al TEGANO ed al LIBRI, si è prestato [come emerge nel corso dei dialoghi intercettati con LIBRI Antonio] a fungere anch’egli da mediatore ed ambasciatore, al fine di rendere più agevoli e fluide le comunicazioni tra le cosche, finalizzate al governo delle dinamiche criminali. Era lo stesso Antonino Augusto POLIMENI a confessare il suo ruolo e la sua solida e risalente partecipazione alla ‘ndrangheta, quando LIBRI Antonio si lamentava degli esiti insoddisfacenti della vicenda estorsiva posta in essere da Carmine e Giorgio DE STEAFANO in danno dell’imprenditore della ristorazione.

In tale contesto veniva in rilievo la figura di POLIMENO Lorenzo, fedele sodale del DE STEFANO Orazio, con il fondamentale compito di ambasciatore fidatissimo del predetto. Nel ricoprire tale mansione, il POLIMENO veniva comunque reso edotto di tutte le questioni, anche quelle più segrete, delle consorterie mafiose.

Le indagini hanno altresì messo in luce il ruolo di piena intraneità al sodalizio DE STEFANO di DE CARLO Maurizio Pasquale e, con lui, del geometra LAGANA’ Salvatore. E’ attraverso il DE CARLO e le sue attività economiche formalmente lecite, che di fatto vengono anche perseguiti gli interessi della cosca DE STEFANO. Maurizio Pasquale DE CARLO [cognato di MOLINETTI Luigi] – già amministratore dell’impresa edile Emmedil Costruzioni Srl di Reggio Calabria [carica dalla quale si è dimesso in data 21.08.2017] – è attualmente amministratore unico dell’impresa edile Savemich S.R.L., oggetto di sequestro preventivo. Le risultanze delle attività investigative dimostrano come DE CARLO e LAGANÀ Salvatore siano da tempo letteralmente asserviti ai DE STEFANO, dei quali sono pedine imprenditoriali importanti. Essi fanno parte di quella struttura organizzata mafiosa della quale conoscono fatti interni, meccanismi e organigrammi.
Dalle attività tecniche è emerso che ABOULKHAIR ACHRAF detto Ashi, in qualità di soggetto fedele al gruppo MOLINETTI, ha disponibilità di un’arma comune da sparo, nascosta in un terreno, e che a disporre di armi, anch’esse occultate in luoghi no individuati, sono gli stessi Luigi MOLINETTI ed il figlio Giuseppe Salvatore classe 1989.
Di non poco conto è anche il ruolo svolto da RANDISI Antonino, all’interno della cosca DE STEFANO, chiaramente intraneo al clan, nonché fedele alleato dei vertici ed in particolare di Giorgio DE STEFANO, tanto da averlo accompagnato all’incontro a Napoli con Alfonso MOLINETTI.