Musikanten – Da Achille Lauro a Toto Cutugno: Sanremo proibito
Musikanten è la rubrica musicale di CityNow, curata da Enzo Bollani
17 Marzo 2019 - 20:06 | Enzo Bollani
A un mese abbondante dalla fine della kermesse, della messa cantata, del perché Sanremo è Sanremo e giù con l’uso improprio del termine “canzonetta”, quando canzonetta non è, messa cantata non è, kermesse ancora meno, c’è un duplice bilancio.
In assenza di triplici intese e triplici alleanze, visto che la veggenza di Striscia la Notizia si è trasformata in un giù la maschera sugli interessi nascosti, ma nemmeno troppo bene, del Festival di quest’ultima annata, c’è da evidenziare un doppio binario: quello delle classifiche dell’edizione 2019, e quello ucraino, basato sulle classifiche del 1989.
Nel 2019, si proibisce la banalità estrema di un testo fuori tempo massimo, come quello di Achille Lauro, molto meno osé, molto meno trasgressivo di quello di Jovanotti dell’89, brutta copia del savoir faire del Vasco di inizio anni ’80, con microfono in tasca, che puntualmente cade e fa casino.
Achille Lauro ha fatto molto vroom vroom, ma non va come dovrebbe andare.
Affatto.
Non è simbolo di ribellione, a cosa poi?
Non è simbolo di innovazione, di avanguardia, di un tubo di nulla.
Ha portato un testo che esalta solo chi muore giovane, o non più giovane, quindi nemmeno così caro agli dei.
Unico minimo comune denominatore di tutti i personaggi citati: la droga, lo sballo, la noia mortale di temi già logori nell’89, quando Enzo Jannacci cantava la storia di uno che usciva dal tunnel della droga, che era anche fuori moda.
Ipse dixit.
Ultimo? Alla faccia del cosiddetto plebiscito, non è primo in classifica.
È il primo ad aver abusato di una presunzione irritante e fastidiosa, capace di fargli fare la pessima figura di rifiutare la copertina di TV, Sorrisi e Canzoni.
D’altronde, questo atteggiamento fascistoide è tipico degli amici di Salvini, e di chi inizia a difendere le salvinate della Diciotti, come l’amico di Ultimo: Venditti.
Si, proprio lui.
Fa strano, perché Antonello Venditti era comunista, fino a poco tempo fa.
Mike Bongiorno mi raccontò delle sue paranoie, quando doveva comprare la sua prima barca, nel 1984.
Io, che Venditti l’ho conosciuto a Santa Margherita Ligure, dove aveva ormeggiato la sua immensa Blu Indigo, una barca titanica, quasi quanto quella di Diana e Dodi, distante solo pochi km, pensavo avesse superato certi traumi.
Evidentemente, la barca deve aver virato un tantino a destra, in questo lasso di tempo.
A proposito di musica proibita, nata dal palco dell’Ariston, sta facendo molto clamore la notizia del niet ad Al Bano, o Albano, o Albano Carrisi (crisi d’identità, dopo il divorzio da Romina) e a Toto Cutugno, scambiati per filo russi.
No, cari amici ucraini: Toto e Albano non sono filo russi.
Sono filo conto corrente, come è giusto che sia, perché li sta pagate da decenni, per suonare nei vostri luoghi, dove Sanremo era Sanremo molto più di quanto sia Sanremo qui da noi, nel mondo che era occidentale quando, da voi, i dischi venivano fotocopiati col ciclostile, perché era proibito avere ispirazioni occidentali, aspirazioni occidentali, sogni.
Non per forza occidentali.
Basta con questa stupida demagogia: Toto e Albano sono amici della musica, sono entrambi contro la guerra.
Non potrebbe essere diversamente.
Queste sortite fanno ridere, ma mai quanto uno che va a stonare idiozie, biascicando come un tossico, inneggiando a pasticche uscite di produzione.
Preferire Franchino e la sua Mitsubishi, allora.
Facciamo tornare gli anni ’90, almeno o solo per stavolta.
Questa notte è ancora nostra, ma dovrà pur finire.
Sanremo o meno.