di Enzo Bollani – Esistono automobili destinate a fare epoca, fin dalla nascita. Non è necessario siano spider, roadster o coupe stratosferiche. Nell’immaginario collettivo, come si conficcano le utilitarie, per questioni spesso anche emozionali, si infilano le berline di rappresentanza.
Negli anni ’80, gli italiani hanno fatto la differenza, anche in Germania, disegnando le Due berline più ambite dagli yuppies e, soprattutto, le più belle, eleganti e sportive berline tedesche di tutti i tempi: la BMW Serie 5 E34 e la Mercedes Benz W124.
Dopo di loro, nessuna ha raggiunto la medesima perfezione stilistica. Il merito va, rispettivamente, a Ercole Spada e a Bruno Sacco. Visto che le parole da spendere sarebbero veramente molte, oggi focalizzerò l’attenzione sulla bavarese: la stupenda Serie 5 di Ercole Spada, uscita esattamente 30 anni fa.
Filante, modernissima, sportiva e dinamica, è stata prodotta in 1.333.412 unità, numero decisamente importante, per una berlina il cui prezzo di attacco, nel 1991, anno di picco per le vendite in Italia, era pari a 41.800,000 lire, in diretta concorrenza con la Mercedes 200 E e, a latere, con l’Audi 100, in ascesa nelle preferenze ma ancora lontana dai numeri degli anni a venire.
La matita di Ercole Spada ha portato novità nel marchio dell’Elica, ancora troppo relegato a restyling di modelli messi in produzione negli anni ’70, troppo Derrick e qualitativamente distanti dai nuovi standard. Nella Serie 5 di Ercole Spada, il doppio rene diventava più sportivo e compatto, in un frontale meno a prua, più raffinato e aerodinamico.
Ma la vera novità è nel posteriore, dove i gruppi ottici a L rovesciata diventano il must, il segno di riconoscimento della gran parte delle BMW dei decenni successivi (salvo la breve parentesi degli anni ’90), destinata a rimanere per sempre, al pari del gomito di Hofmeister, nel montante C, ideato in primis da Michelotti. Certo, forse sto entrando un po’ troppo nel tecnico, ma vi basta guardare il profilo della Serie 5 del 1988, per capire quanto fosse perfetta per allora, ed architettonicamente senza tempo.
Nonostante le successive edizioni abbiano cercato di imporre nuove identità, dopo gli eccessi di Chris Bangle, la 5 ha cercato in ogni modo di riproporre il concetto della E34, senza però riuscirci mai del tutto. Colpa delle linee appesantite, del sovraccarico di strutture e di punti di prospettiva.
Fino a un eccesso di imponenza, tale da rendere la Serie 5 berlina non più appetibile, da un professionista o da chiunque percorra molti chilometri l’anno. Eppure, la voglia di berlina non è morta, come dimostra l’Alfa Romeo Giulia, il cui unico neo è legato alla nomea del marchio sui materiali e all’affidabilità generale della Casa del Biscione, che peraltro non propone nuovi modelli, da almeno 2 anni.
Alla Giulia, se non altro, da un marchio rilanciato benissimo e destinato a essere morente, in breve, come Alfa Romeo, il merito di aver indotto BMW a lanciare una Serie 3 altamente competitiva, come quella che sta per debuttare.
Se lo stesso styling verrà riservato alla futura Serie 5, prevista per il 2021/22, allora si potrà guardare ancora a questa berlina, con gli stessi occhi di 30 anni fa. Va sottolineata, tra l’altro, l’assenza della Casa del Biscione nel segmento, già dal lontano 2005, quando il flop denominato 166 uscì di scena, senza alcun tipo di rimpianto e con molti esemplari rimasti sul groppone, grazie ai torinesi.