di Enzo Bollani – Una delle ultime creature di Nuccio Bertone: la Citroen XM.
Presentata nel 1989, eletta Auto dell’Anno 1990, quando il premio aveva una rilevanza sicuramente maggiore rispetto ad oggi, vantava tutti i plus storici del marchio del doppio chevron: le sospensioni idropneumatiche, una confortevolezza superiore a un Roche Bobois d’antan, una linea fastback tipicamente d’Oltralpe.
Un TGV a quattro ruote, filante e avveniristico, italianissimo eppure più francese di una Vuitton rossa.
No, scherzo. La Vuitton rossa no… Meglio la damier, oppure un baule come quelli di Woody Allen.
La XM non ha avuto eredi, almeno fino alla C6, scelta in Italia da architetti, artisti ed intellettuali. Tra cui Michele Serra.
Il vuoto tra la XM e la C6 ha però dato un colpo di grazia alla casa francese, nel settore ammiraglie.
Difficile rilanciarsi, avendo lasciato campo libero alle tedesche, tanto da indurre l’azienda a costruire un marchio ad hoc: DS.
Che poco ha a che vedere, nonostante gli sforzi evidenti, con la DS di Flaminio Bertoni.
Insomma, da Bertoni a Bertone, la Citroen ha costruito la sua fortuna e bellezza.
La sua anomalia e la sua esasperazione tecnica, così unica e riconoscibile.
Opron? Solo una parentesi, clone di Pininfarina e della sua BMC del ’65.
Le vere Citroen sono italiane. Anzi, francesi. Ma italianissime.
In ogni caso, tricolori.
Su questo siamo tutti concordi, più ancora che Concorde.
Ultimo particolare: la XM è stata apprezzata anche da Miles Davis e da una bagnarota DOC, come Mia Martini.
Fu, infatti, l’ultima delle auto che guidò, ma il suo attaccamento al marchio era radicato negli anni ’70.