A Tropea è di nuovo il momento di Teatro d’aMare


Tra agosto e settembre, per la quarta volta, torna la rassegna che ha portato alla luce negli anni, tutti i segreti della drammaturgia calabrese. Lo scopo è quello di avvicinare il pubblico locale, regionale e il bacino di utenza turistica ai nuovi linguaggi comunicativi, coniati dalle compagnie contemporanee, alla continua ricerca di sintesi che superino i linguaggi già esplorati dal teatro. 
Questa vuole essere un’occasione per arricchire l’immaginario della regione Calabria, affiancare alle bellezze naturali e all’eccellenza dei prodotti tipici un altro tassello non meno prezioso: le iniziative culturali, spesso veramente scarne rispetto alla richiesta del turismo estivo.

Gli appuntamenti saranno cinque e avranno luogo nello splendido Teatro del Porto di Tropea con inizio alle ore 21.30.

I passaggi e paesaggi del teatro contemporaneo prenderanno corpo il 26 agosto con un’anteprima firmata Raffaele Cacciola: “La scarpa di Colombo”, opera musicale-teatrale in un atto del Bartok Studio di Bernareggio (Milano), organizzata in collaborazione con l’associazione “Amici del Conservatorio” presieduta da Emilio Aversano e del festival “Armonie della Magna Graecia”.
Il testo narra la vicenda di Vincenzo Fondacaro, eroico capitano bagnarese di una nave sgangherata, partita da Montevideo alla volta dell’Italia. Le peripezie di questo viaggio assurdamente vero, verranno raccontate dalla partitura di Raffaele Cacciola (anche lui bagnarese) e vedrà in scena le voci recitanti di Gualtiero Scola ed Elda Ravanelli, il violino di Matteo Cossu, il violoncello di Andrea Noferini, la chitarra di Daniele Fabio, le percussioni di Giuseppe Cacciola e i live electronics di Raffaele Cacciola.

Il 28 agosto si torna al teatro di prosa con lo spettacolo “’Nta ll’aria” di Tino Caspanello del Teatro Pubblico incanto di Pagliara (Messina); la poetica della compagnia, basata sull’indagine del continuo scontro tra Io e Altro da me, non viene tradita da questo testo, che vede in scena Alessio Bonaffini e Tino Calabrò a interpretare due surreali imbianchini, interrotti nei loro discorsi leggeri da una donna interpretata da Cinzia Muscolino. L’opera fa luce sulle dinamiche che ci portano a cogliere le diversità (più che le affinità) nell’altro; Non ci si rende conto che ogni essere umano possieda una ricchezza di emozioni, un bagaglio di verità, che appartengono a tutti noi, che ci arricchirebbero se solo cominciassimo a rispettarne l’origine, la causa e la differenza.

Il 31 agosto arriva “Zitta… cretina” di Bernando Migliaccio Spina, compagnia LocriTeatro. Anche quest’opera, interpretata da Giulia Palmisano e accompagnata musicalmente da Marco De Leo, racconta una storia di Sud. Il testo riprende le vicende di “Adele” di Giuseppina Torregrossa. Adele, incinta di un uomo scomparso nel nulla, decide di andare in sposa, così da tacitare la nomea di “donna perduta” cui sarà inevitabilmente destinata, a Totò, detto il manciato, causa una malattia delle pelle che lo rende repellente ai più. Adele impone delle regole al marito, da questi accettate, vita insieme ma letti separati, ma le regole, si sa, sono fatte per essere infrante. Zitta…cretina è una denuncia al forte maschilismo presente nella cultura meridionale, ancora difficile da scalfire, in quanto assume connotati diversi ma non meno discriminatori nel corso delle epoche.

Il 4 settembre arriva la Piccola Compagnia Dammacco e Serena Balivo, vincitrice del Premio Ubu 2017 come migliore attrice italiana under 35, di scena sarà “L’inferno e la fanciulla” per la regia di Mariano Dammacco. I linguaggi scelti sono quelli dell’allegoria e dell’umorismo, affiancati da una lingua altra, poetica. In scena, l’attrice interpreta una surreale bambina, la fanciulla, e conduce gli spettatori in un suo personale viaggio all’inferno, non l’inferno delle anime dannate, bensì l’inferno che a volte ci sembra di vivere nella nostra quotidianità. Si tratta di un viaggio alla ricerca di una propria dimensione di adulto. Gli spettatori assistono al confronto della fanciulla con le aspettative e le speranze riguardo la sua vita, con le difficoltà e le delusioni legate alla ricerca di qualcuno che le sia affine.

Il 7 settembre la rassegna si chiude con l’inedito testo dell’attrice tropeana Rossana Colace “Cantigola”. In un paesello calabrese che ricorda lontanamente Tropea, vive una ragazzina di quattordici anni, con una grande passione per l’arte teatrale. La leggerezza che dovrebbe abitare la sua età, però, è scossa da minacce continue nei confronti della sua famiglia, che animano il filo narrativo della storia. I parallelismi con Antigone e le voci di paese interpretate da Rossana Colace, conferiscono al testo un sali e scendi di emozioni, che sono poi la benzina naturale del teatro.

Cinque spettacoli, accomunati da una linea drammaturgica che racconta le storie di un sud che ha voglia di rivincita, un sud che ha voglia di cacciarsi di dosso tutte le etichette negative che, spesso anche a ragione, gli sono state appioppate.

La rassegna sarà impreziosita dal Laboratorio di clowneria a cura di Rossana Colace il 19 e il 20 agosto presso il LaboArt Cafè di Santa Domenica e dalla mostra d’arte “Matram x y z” con le opere di Myriam Clericuzio, Vida Dena e Naomi Serrao. La mostra è curata da Marco Perri e allestita nel foyer del Teatro del Porto.

La direzione artistica è affidata a Maria Grazia Teramo, presidente da otto anni dell’associazione culturale LaboArt Tropea. Attrice e regista proveniente dall’ormai ex fucina di teatro calabrese: l’Accademia d’Arte Drammatica di Palmi (Reggio Calabria), ha lavorato, tra gli altri, con Luciano Lucignani, Alvaro Piccardi e Flavio Colombaioni. Il suo lavoro è coadiuvato da un’equipe di professionisti appartenenti all’associazione LaboArt e da altre associazioni dpresenti sul territorio di Tropea e delle zone limitrofe.

Calendario Teatro d'aMare 2018

Teatro d’aMare 2018

Passaggi e paesaggi del Teatro italiano contemporaneo

26 agosto 2018 – Teatro del Porto Tropea, ore 21.30

La scarpa di Colombo

Bartok studio

Regia e musica Raffaele Cacciola
Con Gualtiero Scola (voce recitante), Elda Ravanelli (voce narrante), Matteo Cossu (violino), Andrea Noferini (violoncello), Giuseppe Cacciola (percussioni), Daniele Fabio (chitarra) e Raffaele Cacciola (live electronics)

«È raro intravedere nel panorama musicale che si discostino da modelli prevedibili, “La scarpa di Colombo”  è qualcosa di completamente nuovo in virtù di una contaminazione-concatenazione tra diversi che tutti concorrono alla realizzazione di un lavoro altamente comunicativo e di grande efficacia narrativa» (Rino Trasi)

La storia di Vincenzo Fondacaro è raccontata nei versi della Scarpa di Colombo. Il navigatore di Bagnara Calabra che nel 1880 partì con una piccola imbarcazione di nove metri e due marinai alla volta della traversata atlantica. Partito da Montevideo, riuscì a raggiungere Malaga ma non ebbe mai i soldi per riparare la barca e tornare in Italia. Attraverso i suoi diari di bordo, la sua eroica storia ha resistito oltre un secolo ed è pronta a rivivere in una chiave totalmente nuova.
Le voci narranti, l’ensemble da camera, rinvigorita da ampi tocchi di musica elettronica, rendono l’opera una perfetta via di mezzo tra l’arte teatrale e quella musicale.

Raffaele Cacciola

Ha studiato Pianoforte composizione e Composizione elettronica al Conservatorio “G.Verdi” di Milano, dove si é diplomato con il massimo dei voti e la lode.

Tra i suoi insegnanti figurano Castiglioni, Donatoni, Berio, Molino, Sinigaglia.

Al Festival di musica contemporanea “Ars Musica 1990” di Bruxelles, una sua composizione (“Present” per complesso da camera), è stata segnalata come migliore.

In importanti festival e associazioni musicali italiane ed estere sono state e verranno eseguite sue composizioni.  Nel gennaio 1993 gli è stato assegnato il Premio Anassilaos per la musica.

Nell’ottobre 1995 per l’opera “La scarpa di Colombo (ovvero il viaggio del Capitano Fondacaro)”, gli è stato assegnato il Premio Civiltà del mare 1995. È stato direttore artistico di importanti rassegne di vario genere per molti anni in tutta Italia.
Nell’agosto del 1996 ha scritto per il Teatro alla Scala di Milano l’opera-balletto “La fiaba dell’orco” di Francesco Basile. È il fondatore e direttore artistico dell’Ensemble contemporaneo italiano, creato dal Maestro Abbado. È il fondatore e direttore artistico del Bartok studio registrazioni e produzioni discografiche. Nel settembre 2000 ha scritto le musiche del film “Enthusiasmos” che verrà presentato al Festival del Cinema di Berlino, al Festival del Cinema di Cannes, al Festival del Cinema di Venezia. Dal febbraio 2002 al maggio 2004 è stato direttore organizzativo della “Fondazione Arcadia” e dell’ensemble “Accademia d’Arcadia” di Milano.

Dall’agosto 2001 è docente di composizione elettronica e teatro musicale presso i corsi internazionali di musica che si tengono a Badia Prataglia, Cles e Cinigiano. Collabora in qualità di Sound engineer con diverse etichette discografiche come Amadeus, Concerto, Ega Wen, Tactus, Bbmr, Suonare, Sei corde, Agorà, Col legno, Fono Forum e altre.

28 agosto 2018 – Teatro del Porto Tropea, ore 21.30

‘Nta ll’aria
Teatro pubblico incanto
Scritto e diretto da Tino Caspanello
Con Cinzia Muscolino, Alessio Bonaffini e Tino Calabrò

«I colori sono quelli del Sud, ma potrebbero essere quelli di un qualunque anfratto dell’universo, purché vi siano umane presenze a definirne le sfumature. Si infrangono sulla scena le certezze, se ne edificano di nuove, senza affanno si cerca quel senso nascosto dietro l’angolo per raggiungere il quale l’artista di Pagliara ha solo disseminato briciole di pane tra le parole» (Giusi Arimatea)
C’è molto di profondamente sensoriale, simbolico ed impercettibile in questa sospensione dai luoghi, dal tempo, dal giudizio. La silenziosa presentazione di Felice e Mimì, due operai in tuta da lavoro intenti a carteggiare prima di “pittàri” la ringhiera di nero, è incipit nella celebrazione della diversità e dell’apertura al diverso. Un discutere lento insinua la solita operosità fin quando dalla tenda a frange arriva lei, con la sua borsa ed un ventaglio sgarrupato, una sigaretta, l’acqua, il caffè, il vino, “u pani ca salami”. Nella sovrapposizione dei due abiti del personaggio femminile – uno della festa, l’altro sgualcito – alberga l’essenza intima del prossimo. Il testo di Tino Caspanello, nel dialetto messinese quello parlato, più vicino al dire di tutti i giorni, lascia che tre solitudini si incontrino in quei pochi metri quadrati in affaccio sul mondo: al pari dei bisogni essenziali come la fame e la sete, vengono rappresentate la ricerca di attenzioni semplici, di compagnia, di condivisione e la necessità di continuare a sognare nonostante tutto, ad occhi chiusi. C’è un luogo immenso in ognuno di noi, sotto le palpebre serrate, nel colore del buio che è tutto ed è niente.

Teatro pubblico incanto

La compagnia Teatro pubblico incanto, fondata da Tino Caspanello nel 1993 a Pagliara, in provincia di Messina, tiene fermo l’obiettivo sugli istanti che sfuggono alla percezione, sui microcosmi, sulle capacità liriche del linguaggio, sulle dinamiche della comunicazione tra gli esseri umani. Alla produzione di spettacoli affianca la formazione, tessendo con le scuole, i Comuni e altri enti rapporti proficui di collaborazione. Teatro pubblico incanto ha messo in scena, con la regia di Tino Caspanello, testi di William Shakespeare, Luigi Pirandello, Rodolfo Wilcock, Italo Calvino, Hermann Melville, Vincenzo Consolo, Pier Maria Rosso di San Secondo, Edward Albee e Eduardo De Filippo. Negli ultimi anni l’attività di produzione si è concentrata sui testi di Tino Caspanello. La compagnia è stata ospitata all’Ecole normale supérieure di Lione, all’Università di Clermont Ferrand, al Border festival di Cieszyn, all’Università di Hong Kong. Ha realizzato nel 2011, sempre a Pagliara, la prima edizione di Pubblico incanto artheatre festival, due settimane di appuntamenti con il teatro e l’arte.

31 agosto 2018 – Teatro del Porto Tropea, ore 21.30

Zitta… cretina
LocriTeatro

Regia Bernardo Migliaccio Spina
Con Giulia Palmisano e Marco De Leo

L’opera è liberamente ispirata al romanzo “Adele” di Giuseppina Torregrossa
«Un salutare groppo in gola ed un sussultorio straniamento dell’anima quale sentore di  una vibrante ed empatica commozione» (Antonio Falcone)

Il racconto della vita di Adele, incinta di un uomo scomparso nel nulla, decisa ad andare in sposa, così da tacitare la nomea di “donna perduta” cui sarà inevitabilmente destinata, a Totò, detto il manciato, causa una malattia delle pelle che lo rende repellente ai più. Adele impone delle regole al marito, da questi accettate, vita insieme ma letti separati. La nascita del bambino, Ciccio, non sarà del tutto foriera di gioia e felicità, i suoi dentini aguzzi feriscono il seno della madre e l’infante rivela poi una certa inquietudine, tanto che solo la vicinanza del manciato sembra acquietarlo. Con fare subdolo e falsamente accondiscendente, l’uomo si avvicinerà sempre più ad Adele, finché una sera tutte le premure da bravo consorte lasceranno spazio ad una rabbiosa violenza, l’odio a lungo mascherato dalle parvenze da probo “buon padre di famiglia” si manifesterà nel più sordido dei soprusi. Adele, piagata ed umiliata, darà quindi alla luce un secondogenito non voluto, Gabriele, vedendo spegnersi lentamente negli anni, fra liti familiari, continue angherie, qualche ricordo felice e momentanei abbagli di una caduca felicità, quell’innocente abbandono col quale si era concessa alla vita.

Bernardo Migliaccio Spina
Bernardo Migliaccio Spina è diplomato all’Accademia d’arte drammatica della Calabria. Esordisce con tre spettacoli teatrali da lui scritti e diretti: “Asimmetrici”, “Acciaio” e “Ingranaggi”. Dal titolo del primo dei suoi lavori teatrali prende il nome il suo studio di Produzioni cinematografiche, “Asimmetrici film”. Ha al suo attivo tre cortometraggi (“Perfettamente Rosa”, “Agnus Dei” e “Flegma”), e due lungometraggi “Malanova” e “L’uomo del gas”. È insegnate di tecniche teatrali e dirige la scuola di recitazione “LocriTeatro”.

4 settembre 2018 – Teatro del Porto Tropea, ore 21.30

L’inferno e la fanciulla
Piccola compagnia Dammacco
Con Serena Balivo (vincitrice Premio Ubu 2017 come migliore attrice italiana under 35)
Ideazione e drammaturgia Mariano Dammacco e Serena Balivo

Regia Mariano Dammacco

«L’inferno è il magma interno e interiore, è il desiderio spasmodico di libertà, è il sogno candido che si muta in incubo, è la rabbia di non entrare, mai, nei giochi della vita. È la lucidità di sguardo di chi, alla fine, ha capito che poco e nulla resta da fare, se non, forse, provare a sopravvivere»  (Andrea Porcheddu)

“L’inferno e la fanciulla” è un monologo con drammaturgia originale composta da Mariano Dammacco insieme all’interprete Serena Balivo. I linguaggi scelti sono quelli dell’allegoria e dell’umorismo, affiancati da una lingua altra, poetica. In scena, l’attrice interpreta una surreale bambina, la fanciulla, e conduce gli spettatori in un suo personale viaggio all’inferno, non l’inferno delle anime dannate, bensì l’inferno che a volte ci sembra di vivere nella nostra quotidianità. Si tratta di un viaggio alla ricerca di una propria dimensione di adulto. Gli spettatori assistono al confronto della fanciulla con le aspettative e le speranze riguardo la sua vita, con le difficoltà e le delusioni legate alla ricerca di qualcuno che le sia affine. E ancora, la fanciulla conoscerà la paura e l’insofferenza per l’autorità e scoprirà di essere capace di sentimenti negativi quali la rabbia o la misantropia. Infine, lo spettacolo svelerà che il vero e proprio inferno sulla terra della protagonista, o forse di molti di noi, sta nel rischio di non raggiungere mai una condizione di adulto, imprigionati in una proiezione mentale di se stessi adulti senza che questa si concretizzi mai in realtà.

Piccola compagnia Dammacco
La Piccola compagnia Dammacco è nata nel 2009 dall’incontro tra Mariano Dammacco, attore, autore, regista e pedagogo teatrale di esperienza ventennale e alcuni giovani artisti che hanno aderito alla sua poetica per poi sviluppare una ricerca artistica comune realizzata in particolare da Dammacco insieme all’attrice Serena Balivo. Ai due si è poi aggiunta la disegnatrice Stella Monesi. La compagnia porta avanti il proprio percorso con l’intenzione di perseguire un’idea di teatro etico, un teatro che sia d’arte e d’autore e al tempo stesso sia popolare, ovvero accessibile a tutti per contenuti e linguaggi e svolge la sua attività a partire da una ricerca centrata sul lavoro dell’attore e sulla composizione di drammaturgie originali. All’interno del lavoro della compagnia si distinguono due percorsi: l’ideazione e preparazione di spettacoli teatrale e l’ideazione e conduzione di percorsi laboratoriali appartenenti alla sfera del Teatro sociale e di comunità.

7 settembre 2018 – Teatro del Porto Tropea, ore 21.30

Cantigola
Scritto e interpretato da Rossana Colace

Regia Patrizio Cigliano

– Prima regionale –

«Un pezzo bellissimo, nonostante sia il suo primo monologo. Un monologo drammatico, in grado di emozionare e divertire» (Patrizio Cigliano)

In un paesello calabrese a metà anni 90, poco sole nonostante sia a sud, c’è una ragazzina di quattordici anni che ha una sola colpa: quella di sognare. Una famiglia per bene, presa di mira dalla ‘ndrangheta. Criminalità e disagio sono protagonisti della scena. Una scena buia e a tratti fredda, illuminata. Una storia vera, vissuta e raccontata dalla protagonista con la voce di tutti i protagonisti: quelli buoni e quelli cattivi. Questa voce è Cantigola.

Rossana Colace

Artista poliedrica, Rossana Colace si forma in diversi ambiti della ricerca teatrale e musicale. Hanno contribuito al suo percorso artistico, tra gli altri, con Luca Negroni, Oreste Lionello, Enrico Brignano, Ennio Coltorti, Gianfranco D’Angelo, Virgilio Ponti, Gianbattista Diotaiuti e Stefano D’Orazio. Diplomata in canto a Vibo Valentia e all’Accademia Teatro del sogno di Roma. Ha partecipato a diversi cortometraggi e alla trasmissione televisiva “Made in Sud” su Rai 2 e “Il boss dei comici” su La7.  A teatro è stata protagonista di spettacoli di Paolo Ferrari, Nicasio Anselmo, Gianbattista Diotaiuti, Renato Giordano, Matteo Ziglio, Tino Caspanello, Francesco Romengo, Antonio Trupia, Marco Silani, Luca De Fusco, Edoardo Vianello, Lino Moretti, Corrado Calabrò, Ilenia Costanza e Selene Gandini.

19-20 agosto – LaboArt Cafè Santa Domenica

Il naso rosso che è dentro di te
Laboratorio di clowneriè

A cura di Rossana Colace

Lo stage offre un approccio ed una conoscenza della filosofia clown, mostrandone le diverse sfaccettature e potenzialità per poi arrivare a scoprire quella più comoda per le proprie corde.
Con lo stage si migliora il lavoro sul gruppo: imparare a conoscere e a fidarsi, vincere l’imbarazzo; filosofia clown: alla scoperta dell’affascinante punto di vista del clown bianco e augusto; conflitto come motore comico: la vita come continuo succedersi di intoppi all’interno dei quali perdersi col massimo sforzo ed il minimo risultato; rapporto con oggetto, improvvisazioni singole e in duo; la scoperta del proprio clown in solo o in relazione; le finalità e gli obiettivi del corso sono, inoltre: favorire e approfondire la conoscenza di se stessi e degli altri, dei propri ed altrui limiti; stimolare le possibilità e le capacità di lavoro individuale e di gruppo; potenziare l’autostima incidendo positivamente sull’immagine di sé e di chi ci sta accanto; sviluppare nuovi punti di vista, anche più ludici e leggeri, per guardare il mondo e nuove strategie risolutive dei problemi con occhi nuovi; favorire la risoluzione creativa e positiva dei conflitti “artistici” e di “vita”.

Matram x y z

Due coordinate, un punto cardinale, per una mappa dialettica dell’immaginario
Mostra d’arte a cura di Marco Perri

con le opere di Myriam Clericuzio, Vida Dena e Noemi Serrao

Etimologia e topografia, nomare e mappare, per riconoscere il valore di un’esperienza, di una traccia, di un passaggio precedente che orienta la visione. Nomare e mappare è il lavoro dell’essere umano da quando è apparso sulla terra, limitare lo spazio per conoscerlo e nominare le cose per vederle. Ma vi è un prima ed un dopo, c’è una semplicità prima dell’esperienza che è vuota, semplicistica e riduttiva ed una semplicità dopo, per raggiungere la quale bisogna attraversare il deserto, vivere il silenzio, lo scacco. Queste opere, fragili e complesse, semplici e leggere, compongono gli elementi di una mappatura umana che diventa sempre più necessario vedere, curare, proteggere.