Dalla sofferenza nelle campagne di Rosarno al successo. Barikama, lo yogurt bio dei migranti


Una storia che ne ha dentro tante altre. C’è la voglia di riscatto, inclusione sociale, l’importanza dell’integrazione, rispetto e della diversità culturale dietro il percorso di successo intrapreso da alcuni migranti africani.

Inizialmente, solo drammi e sofferenze. L’arrivo in Italia su un barcone, il lavoro per pochi euro nelle campagne di Rosarno. “Per quasi 2 anni ha lavorato in una fattoria Rosarno, 20 euro al giorno per 12 ore. Dormivo in baracche fatte di cartone e teli di plastica. Eravamo come schiavi“, ha raccontato Suleman Diara, originario del Mali a France 24.

Nel 2010 Suleman partecipa alla rivolta di Rosarno. Centinaia di africani, ridotti in condizioni di semi-schiavitù, si ribellano ai padroni, ma nel paesino calabrese scatta la caccia al migrante e tanti sono costretti a lasciare la regione. Tra questi il malese che decide di spostarsi a Roma assieme ad alcuni amici.

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Nella Capitale, i migranti africani hanno ideato e lanciato Barikamà, cooperativa 100% green che produce yogurt e verdura biologica. I prodotti sono consegnati ai clienti direttamente a casa in bicicletta e l’iniziativa, oltre che dal vivo, sta avendo un enorme successo su Facebook. “Abbiamo scelto questo mezzo di trasporto perché non inquina ed è veloce – racconta Suleman -. I nostri clienti ci riconsegnano i vasetti di vetro, una volta utilizzati, così noi possiamo usarli di nuovo”.

Un’idea che quindi sposa in pieno la volontà di creare prodotti naturali lavorando come si faceva una volta: “Siamo sensibili all’ambiente – spiega Suleman – probabilmente perché proveniamo tutti da zone rurali. Utilizziamo latte bio che arriva da Amatrice che si trova a circa 160 km dalla nostra fattoria. Lo yogurt ha il sapore di quello di 50 anni fa…non ha conservanti“. La cooperativa vende i prodotti non solo ai privati, ma anche ai bar e ai ristoranti intorno alla fattoria e a Roma. Un litro di yogurt costa 6,60 euro.

Il nome dato alla cooperativa è tutt’altro che casuale e richiama alle prime esperienze vissute in Italia. Barikamà infatti, nella lingua bambara, l’idioma più diffuso in Mali, significa “resilienza” e richiama la capacità degli individui di riprendersi dopo aver incontrato ostacoli nella loro vita.

Ed è proprio sulla vita, alle difficoltà che migranti (e non solo) affrontano, che Suleman dà una lezione da imparare.”Spesso in Italia, purtroppo, le persone che arrivano dall’Africa sono demonizzate. A coloro che vengono dal nostro continente, invece, diamo questo messaggio: non bisogna aspettare che altri ci diano il lavoro, bisogna che lo creiamo da soli”.