La società si chiamava Kinternet ed erogava quelli che all’epoca si chiamavano “servizi multimediali”.
Era il 2003 e da poco internet non viaggiava più a 56k/s bensì con l’ADSL, una trasformazione epocale. Non esistevano gli smartphone, “gugol” era ancora chiamato “gogle” e impazzavano i loghi e le suonerie sui Nokia 3310.
Un giorno i ragazzini che lavoravano in Kinternet decisero di creare un sito dove inserire notizie sulla città di Reggio Calabria, rubriche, sms gratis, mappe, compravendita di usato, meteo, prenotazioni di hotel. Un portale in cui gli utenti dovevano iscriversi ed inserire le proprie foto, il proprio nickname, le proprie informazioni e comunicare tra di loro tramite il “TrovAmici” un sistema di messaggistica tramite chat.
Meno di un mese dopo, il sito era online, si chiamava SpazioReggio ed era proprio un social network, un anno prima che Zuckerberg creasse l’albo online degli studenti della Harvard University che oggi conosciamo tutti come Facebook e ben cinque anni prima che questo sbarcasse in Italia.
Per collocare meglio gli eventi: eBay nasceva un anno prima, ancora sconosciuto al grande pubblico, in Olanda nel frattempo un gruppo di imprenditori creava il beta test della versione italiana di un sito che avrebbero chiamato booking.com e google intanto iniziava a immaginare un servizio di mappe che, solo tre anni dopo, nel 2006, aveva mappato appena il territorio di Torino, in occasione delle Olimpiadi.
SpazioReggio era un prodotto assolutamente innovativo e, quanto a usabilità e raggruppamento di funzioni, rappresentava un’assoluta novità in Italia.
La squadra guidata dai fondatori ed ideatori Antonino Polimeni, oggi avvocato esperto di diritto di internet e Gianvincenzo Fedele, ingegnere e senior manager della Prometeo Management Consulting a Roma era composta da Alessandro Malara, direttore creativo di Studio7 Comunicazione a Reggio, Pasquale Filippone, giornalista e inviato Rai per Agorà, Andrea Iacono, firma autorevole del Quotidiano della Calabria, Piervincenzo Canale, oggi direttore di AfricaNews.it, Celeste Costantino, deputata della XVII legislatura per Sinistra ecologia e libertà, e Giovanna Martino, educatrice professionale a Monza.
Il progetto durò poco più di un anno. Probabilmente la Kinternet arrivò troppo in anticipo, la comunità non era pronta al mondo del web, l’accesso ad internet era saltuario, le aziende non erano pronte ad investire. Il progetto morì per mancanza di sostentamento.
Le istituzioni non furono capaci di comprendere la potenzialità dell’idea e forse nemmeno i ragazzi della Kinternet ne furono in grado.
Ma la domanda nasce spontanea: cosa sarebbe potuto diventare quel social network se fosse sopravvissuto, crescendo, seguendo il flusso mondiale del web e facendo da apripista al concetto odierno della navigazione condivisa di ognuno di noi?