“Peter Pan”: la favola che (forse) tutti vorrebbero vivere


di Eva Curatola“Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino”, rispose Peter. “Che indirizzo bizzarro!”.

E’ questo “l’indirizzo” per arrivare alla famosa “Isola che non c’è“.

Nato come uno spettacolo teatrale, il grande capolavoro dello scozzese James Matthew Barrie, è divenuto poi un romanzo nel 1911; da allora non smette di affascinare i bambini, che ascoltano per la prima volta la storia di un bambino (proprio come loro) che è in grado di volare e che per giunta ha perso la sua ombra, e gli adulti che con amore e pazienza tramandano questa favola di generazione in generazione.

L’avventura comincia quando Peter Pan, eroe delle fiabe della buonanotte, invita Wendy, Gianni e Michele nell’incantata “Isola che non c’è“, dove i bambini non crescono mai. Con l’aiuto dell’irrequieta fatina Trilli e una sfavillante pioggia di polvere fatata, Peter Pan con i suoi indimenticabili amici affronterà Capitan Uncino in uno spavaldo combattimento.

A far da cornice al racconto vi sono non solo l’ambientazione, di una fantastica isola dove i bimbi sperduti vivendo lontani dai genitori possono far quel che vogliono, ma anche i pellerossa, sirene, belve feroci e ovviamente i pirati, acerrimi nemici del nostro simpatico, anche se un pò presuntuoso protagonista.

“Spiace ammetterlo, ma la presunzione di Peter era una delle sue doti più affascinanti. Per dirla tutta, non esisteva un bambino più presuntuoso di Peter.”

Quella di Peter Pan è una fra le favole più rappresentative di tutta la letteratura per l’infanzia. In fondo cosa c’è di più vero di un bambino che, una volta capito come gira il mondo, vorrebbe non crescere e non accollarsi il peso delle responsabilità che inevitabilmente arrivano con l’età? Forse solo un bambino che pur di sfuggire ai rimproveri di un genitore preferisce dire qualche bugia (favola di Pinocchio).

“Indietro signora, nessuno riuscirà a trasformarmi in un uomo” detto a Mrs Darling, madre di Wendy, che vorrebbe adottarlo.

Nonostante la provenienza dell’autore, non si tratta di un’opera tipicamente inglese, di quelle che solo a sentir nominarle viene da pensare “questa sarebbe una lettura interessante anche per un adulto” (ad esempio il capolavoro di Carroll: Alice nel paese delle Meraviglie).

La storia è volutamente narrata con un lessico “fanciullesco“, lo stesso linguaggio che un genitore utilizzerebbe per raccontare una favola della buonanotte; ma in fondo lo scopo dell’autore era esattamente questo.

Non vi è infatti nessuno che meglio di Barrie ricordi cosa vuol dire essere bambini, probabilmente perchè lui stesso non è mai cresciuto sul serio rimanendo un eterno Peter Pan.
Appare chiaro il suo amore per la tenere età, nonostante la sua definizione di bambini fosse: “innocenti, spensierati, senza cuore“.

Peter Pan, con i suoi pregi e difetti, rimane una favola senza dubbio da leggere, soprattutto in un giorno in cui si celebrano l’impegno dei sindacati e i traguardi raggiunti dai lavoratori; perchè in giornate come questa, fuggire dalla realtà e rifugiarsi nella fantasia diventa quasi un imperativo.

“Pan chi e cosa sei?” Urlò con durezza Uncino.“Io sono la giovinezza, io sono la gioia”, rispose Peter d’istinto, “io sono un uccellino appena uscito dall’uovo”.

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