8 marzo: se la Giornata serve ancora, allora non c’è nulla da festeggiare
L'analisi sulla cosiddetta "festa delle donne", il giorno in cui ci dicono che siamo uguali (ma non lo siamo)
08 Marzo 2025 - 08:23 | di Eva Curatola

L’8 marzo ci riempie di fiori, di frasi preconfezionate, di sorrisi di circostanza. Ma può una data cambiare il peso di secoli di discriminazioni? Può una mimosa cancellare le ferite, le ingiustizie, le battaglie ancora da combattere?
Una madre che smacchia i panni nel lavatoio pubblico, mentre il marito torna dal lavoro e si siede a tavola, aspettando il piatto fumante. Una figlia che cresce con l’idea che il suo destino sia scritto nelle mura di casa. Una moglie che accetta i silenzi e le urla perché “così va il mondo”. Un film in bianco e nero? No. Un passato che si ostina a non andarsene, un’eco che rimbomba ancora oggi.
Lo abbiamo visto con gli occhi lucidi in C’è ancora domani, il capolavoro di Paola Cortellesi che ha fatto tremare il cuore di chiunque abbia capito che, sebbene il calendario segni l’anno 2025, certe dinamiche di potere non si sono mai davvero estinte. E allora la domanda sorge spontanea: questo domani, quando arriva?
Non basta festeggiare, serve cambiare
L’8 marzo è un rito che si ripete: una cena con le amiche, un regalo, un post sui social con l’hashtag #FestaDellaDonna. Ma la verità è che, il 9 marzo, tutto torna come prima. Gli stipendi restano più bassi, le promozioni più difficili ed i giudizi più feroci.
Perché ancora oggi un medico donna viene chiamato signora invece che dottoressa? Perché la parola puttana viene usata con leggerezza per screditare una donna, mentre il suo equivalente maschile, dongiovanni, suona quasi come un complimento? Perché dobbiamo ancora spiegare che la violenza non è un raptus, che un femminicidio non è un gesto d’amore?
L’8 marzo non deve essere solo una festa. Deve essere un promemoria. Un monito. Un pugno nello stomaco che ci ricordi che le cose cambiano solo se siamo noi a cambiarle.
Le battaglie vere non si combattono a colpi di cioccolatini, ma con leggi più dure contro chi uccide, molesta, stupra. Si combattono educando i bambini al rispetto, non solo le bambine alla prudenza.
Sesso debole a chi?
Sarà stato, forse, un uomo, a coniare l’espressione sesso debole. Qualcuno che non ha mai sentito il dolore del travaglio e del parto, che non ha mai dovuto scegliere tra carriera e maternità, che non ha mai temuto di poter essere aggredito per strada, perchè solo.
Deboli chi? Le donne? Quelle che ogni giorno si alzano e affrontano il mondo con la forza di chi sa di dover lottare il doppio per ottenere la metà? Quelle che ancora oggi devono sentirsi dire: “Se ha successo, chissà con chi è andata a letto”, oppure “Dovresti sorridere di più, una donna arrabbiata non è bella”?.
Il domani si costruisce oggi
Il futuro che vogliamo non arriverà certamente da solo. Non cadrà dal cielo un mondo in cui le donne non debbano più difendersi, giustificarsi, dimostrare più degli uomini. Ma è possibile costruirlo, pezzo dopo pezzo.
Come? Crescendo figli e figlie che non si sorprenderanno nel vedere una donna premier, una donna arbitro, una donna pilota. Radicando in loro il concetto che nessuno vale di meno o di più per il genere che ha.
E allora sì, oggi festeggiamo. Ma non dimentichiamo che il vero traguardo sarà il giorno in cui non ci sarà più bisogno di una giornata per ricordarlo.
