Basket – Coach Pasquale Motta: ‘Condizioni ottimali della Viola per tornare grande’
Un allenatore protagonista di gloriose pagine di pallacanestro, in preparazione al futuro, ha sfogliato con CityNow i suoi ricordi in riva allo Stretto
05 Febbraio 2025 - 15:55 | di Domenico Suraci
La Reggio Calabria cestistica e non solo dimostra di essere neroarancio, non solo quando si parla di attualità e di basket giocato la domenica. In attesa della seconda fase della Redel Viola, un’intervista in esclusiva per CityNow ad un allenatore che ha militato per tantissimi anni in serie A con più di 300 presenze sul legno della blasonata compagine della città in riva allo Stretto.
Ben ritrovato Coach Motta, quanto ti manca il parquet?
“Il parquet manca parecchio ad uno come me che ha sempre vissuto di pane e pallacanestro. Stare in un campo da basket è ciò che amo più di ogni altra cosa. Nulla è comparabile a quello che senti quando alleni. Dopo 30 anni di Viola, mi mancano molto lo spogliatoio, il lavoro quotidiano, gli allenamenti, le trasferte, lo stridio delle scarpe sul parquet, la palla che rimbalza, l’ansia pre partita e l’adrenalina della gara. Per adesso mi godo la famiglia; nel frattempo sento il costante bisogno di studiare, di aggiornarmi, di seguire clinic e di vedere un’infinità di partite di tutte le categorie perché la formazione continua è fondamentale. Anche se fin qui è stata una mia scelta, stare a casa fa male; nonostante diverse opportunità fuori dalla Calabria, anche in A2 e in B nazionale, ho deciso di fermarmi nella mia città dove molte squadre stanno cercando di coinvolgermi”.
Coach, uno sguardo al campionato della Viola alla fine della regular season; che opinione ti sei fatto?
“Seguo sempre con attenzione la squadra che ha sempre un posto particolare nel mio cuore, visto il mio passato. I neroarancio, dopo aver dominato la prima fase vincendo il proprio girone, caratterizzato da un percorso quasi netto, si apprestano ad affrontare le prime sei squadre del girone parallelo. La Viola ha dimostrato di poter essere protagonista anche in questa seconda fase, palesando una propria identità, giocando un’ottima pallacanestro e non mollando mai nonostante l’infortunio di Fernandez, in assoluto il giocatore più forte dell’intero campionato. La difesa è il marchio di fabbrica della squadra e la pressione a tutto campo, esercitata non in maniera sistematica ma in determinati momenti della gara, sta facendo la differenza, bravo coach Cadeo. È un’annata stimolante e siamo dove tutti sognavamo di essere ad inizio campionato. La squadra ha un obiettivo importante da raggiungere e la società, con in testa il Presidente Laganà, ha tenuto la barra dritta lavorando costantemente e facendo quello in cui ha sempre creduto. Secondo me ci sono tutte le condizioni affinché la Viola torni nel posto che merita, abbandonando questa categoria. Sono felice anche per il coinvolgimento del pubblico reggino che sta rispondendo alla grande; questo è un aspetto fondamentale perché senza il sostegno del popolo neroarancio è difficile costruire qualcosa”.
Sei stato a più riprese responsabile tecnico del settore giovanile della Viola, qual è secondo te l’idea da seguire a tal riguardo?
“Io ritengo che sia necessario ripartire dai nostri giovani. Bisogna tornare a lavorare sui settori giovanili, fare reclutamento nelle scuole e per strada, come si faceva una volta. Su questo tipo di ricerca bisogna investire tempo, risorse umane e finanziarie soprattutto nella formazione. Secondo me l’aspetto imprescindibile è far appassionare i ragazzi al gioco. La passione, l’entusiasmo e il divertimento sono fondamentali per i più giovani. Il primo obiettivo di un allenatore di settore giovanile è quello di coinvolgere i propri giocatori. È importante che tutte le ore di lavoro non vengano percepite come sacrificio. Non c’è niente di meglio che migliorare allenandosi con piacere e divertendosi. Dal punto di vista tecnico la priorità è sviluppare i giovani individualmente. Almeno un’ora di allenamento deve essere dedicata ai fondamentali. Farli giocare senza l’uso di schemi, la collaborazione, passarsi la palla, giocare insieme, la complicità e la conoscenza degli spazi sono secondo me le prime cose che un giovane dovrebbe imparare a conoscere in mezzo al campo”.
Sei mesi senza coach Gaetano Gebbia. Un tuo pensiero…
“Nonostante siano passati sei mesi, ancora non ho superato la scomparsa di Gaetano, un grande maestro, una persona straordinaria, un punto di riferimento, una delle menti più brillanti del basket nazionale. Un privilegio aver vissuto al suo fianco anni indimenticabili in un settore giovanile tra i più importanti d’Italia. Se oggi faccio l’allenatore è grazie a lui. Il nostro incontro agli inizi degli anni ‘90 sancisce la nascita di una grande amicizia. Sono stato il suo vice allenatore per tanti anni, ogni allenamento era organizzato nei minimi dettagli. Gaetano è stato una di quelle persone che hanno amato veramente il proprio lavoro, uno degli ultimi allenatori di settore giovanile con un fiuto unico per i giovani, una persona dotata di un’intelligenza profonda, di un’impareggiabile ironia e di rara umiltà, amatissimo ovunque. Fu un vero e proprio visionario, con una sconfinata passione e conoscenza del gioco della pallacanestro italiana e internazionale. Ci ha lasciato un’eredità non solo sportiva che sarà molto complicato mantenere e coltivare, vista la grandezza di chi non è più tra noi. Il suo ultimo regalo, non l’ho detto mai, è stato voler coinvolgermi nel suo staff alla Lumaka a settembre 2023. Non ho potuto collaborare come lui avrebbe voluto, ma ho seguito quasi tutti i suoi allenamenti direttamente dal campo. La sua assenza sarà per me un vuoto incolmabile“.